lunedì 17 ottobre 2011

Per un limite alle violazioni di tutti i diritti umani ...


 ...ecco il Protocollo opzionale al Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali

Il Protocollo opzionale al Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali è stato adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 2008. In quel momento, finalmente si completava uno dei pilastri fondamentali della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948: il diritto a un rimedio efficace per le vittime delle violazioni di tutti i diritti umani. L’adozione del Protocollo è una delle prime vittorie della campagna “Io pretendo dignità” di Amnesty International e i suoi soci e sostenitori continuano ad attivarsi in oltre 40 paesi nel mondo per chiedere ai governi di firmare il Protocollo.

Prova a immaginare che il governo demolisca la tua abitazione, senza preavviso. Non puoi fermarlo e ti ritrovi in mezzo a una strada. I tuoi figli non possono andare a scuola a causa delle tue origini e la tua richiesta di eguaglianza viene ignorata. I diritti economici, sociali e culturali di troppe persone vengono ignorati ogni giorno. Molte persone non hanno diritto a un alloggio adeguato, al cibo, all’acqua, ai servizi igienico-sanitari, alla salute, al lavoro, all’istruzione o alla sicurezza sociale. Troppo spesso i governi non rispettano gli obblighi derivanti dal diritto internazionale di garantire i diritti economici, sociali e culturali.

Le persone a cui sono stati negati questi diritti spesso non riescono a ottenere giustizia e possono soltanto affidarsi alla buona volontà del governo. Molte persone in tutto il mondo, in particolare quelle che vivono in povertà, subiscono violazioni dei loro diritti umani e si vedono negata la giustizia a livello nazionale. Tra loro ci sono donne che non hanno accesso ai servizi relativi alla maternità, alla sfera sessuale e riproduttiva; ci sono le persone che vivono in insediamenti abitativi precari, senza acqua né servizi igienici, i bambini delle minoranze etniche che non ricevono un’istruzione adeguata.

Amnesty International e la coalizione internazionale di Organizzazioni non governative di cui fa parte sostengono il Protocollo opzionale al Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, per fornire un rimedio legale a coloro i cui diritti siano stati negati e che non possono ottenere giustizia nei loro paesi. Attraverso petizioni, appelli globali, presenza sui media e pressioni sui governi, i soci di Amnesty International hanno contribuito al supporto internazionale al Protocollo e alla sua adozione da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 2008. Inoltre, nel corso di cinque lunghi anni di negoziati, Amnesty International e le altre organizzazioni si sono opposte ai tentativi di alcuni governi di limitare la portata del Protocollo, come quello che avrebbe permesso a ogni stato di scegliere i singoli diritti per i quali accettare le disposizioni del Protocollo.

In Irlanda, gli attivisti hanno incontrato i funzionari del governo e creato una coalizione di Organizzazioni non governative che ha convinto il governo irlandese a non opporsi a un Protocollo forte. In Mongolia, gli attivisti hanno sensibilizzato l’opinione pubblica sulla povertà e sui diritti umani attraverso attività di formazione e di comunicazione. In Spagna, Amnesty International ha organizzato eventi in 50 città, raccogliendo oltre 20.000 adesioni per incoraggiare il governo a firmare e ratificare il Protocollo. Attivisti di Amnesty International di oltre 40 paesi hanno partecipato a questa campagna e continuano a chiedere a tutti gli stati di ratificare il Protocollo.

Secondo l’ex Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Louise Arbour, il Protocollo “fornirà una piattaforma importante per denunciare le violazioni spesso connesse alla povertà, alla discriminazione e alla negligenza, e che troppe volte le vittime, indifese, sopportano in silenzio. Aiuterà quelle persone che altrimenti sarebbero isolate e impotenti a farsi ascoltare dalla comunità internazionale”. L’Ecuador, la Mongolia, Spagna  ed El Salvador hanno ratificato il Protocollo. A settembre 2010, altri 32 stati avevano firmato il Protocollo, indicando quindi la loro intenzione di ratificarlo. Amnesty International e le organizzazioni partner chiedono a tutti gli stati di ratificare il Protocollo affinché ogni cittadino possa far valere i suoi diritti.

http://unipd-centrodirittiumani.it/it/strumenti_internazionali/Protocollo-opzionale-al-Patto-sui-diritti-economici-sociali-e-culturali-2008/188

sabato 15 ottobre 2011

Galati e la lieta Calabria di Silvio Berlusconi

Nel Consiglio dei Ministri, al lavoro dopo il brillante risultato 
del voto parlamentare di fiducia, con trasparente determinazione politica 
e di programma conseguito, il deputato Pino Galati, fido calabrese, 
è stato nominato Sottosegretario all’Istruzione.
Dovrebbe essere, anche al di là dell’accusa delle opposizioni 
di un cortese voto di scambio, una notizia di routine. 
Invece svela il grave danno culturale e politico,
con abilità inferto dal gran capo Silvio Berlusconi alla nostra democrazia,
un danno pesante, profondo, rimediabile solo con anni di nuova “serietà”
(parola, oggi ignota alla nostra classe dirigente, ma cara a Gobetti).
Non devo argomentare con mie parole la verità della mia affermazione;
è sufficiente trascrivere di seguito i commenti di dirigenti politici 
del centro-destra della Calabria.
Ripeto, per chiarezza di discorso, solo la notizia:
Galati è scelto per operare, da sottosegretario, presso il ministero dell’istruzione.
Bene, ecco gli attestati di compiacimento.
1.Il presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti non può trattenere la sua piena soddisfazione istituzionale e dichiara: « sono particolarmente soddisfatto per la nomina a sottosegretario di Giuseppe Galati. Si tratta di un incarico che rafforza le istanze della Calabria e di un altro successo per il gruppo dirigente regionale. Un riconoscimento doveroso a testimonianza del grande impegno politico dell’onorevole Galati nei confronti dei calabresi».
2.Il parlamentare Michele Traversa, sindaco di Catanzaro, a sua volta, commosso, aggiunge: «Ancora un calabrese entra nella squadra del Governo. L’indicazione dell’onorevole Galati rappresenta un’ulteriore prova della grande attenzione che il presidente Berlusconi dedica alla nostra regione. Grazie alla sua competenza ed alla sua indubbia capacità politica, Giuseppe Galati riuscirà certamente, lavorando in un settore di vitale importanza per la crescita sociale e culturale, a dare un prezioso contributo al rilancio della nostra regione».
La presidente della Provincia Wanda Ferro, di ferro, appunto, cliente di Berlusconi, afferma: «Con la nomina a sottosegretario dell’on. Giuseppe Galati, il presidente Berlusconi ha confermato ancora una volta la centralità della Calabria nelle politiche di governo. Si tratta di un importante riconoscimento da parte del presidente Berlusconi, che dimostra di voler premiare la qualità di una classe dirigente calabrese che ha finalmente la possibilità di impegnarsi direttamente, da importanti postazioni di governo, per lo sviluppo economico e sociale della regione. Nella certezza che grazie alla sua capacità, alla sua competenza, riuscirà, in un settore difficile e delicato come quello dell’Istruzione, a dare un contributo determinante per la crescita sociale e culturale della nostra regione e dell’intero Paese».
Il consigliere regionale Mario Magno, non contento del verbo dei suoi sodali, esprime il suo gioioso plauso, alto tessendo un elogio, per «una nomina che ci inorgoglisce e suggella ulteriormente l’altissima considerazione che abbiamo sempre avuto dell’uomo e del politico».
E per chiudere, l’assessore regionale Domenico Tallini, dominata sì l’enfasi, ma con sicurezza di verità, senza tema quindi di smentita, beato dichiara: «la meritata nomina di Pino Galati è una buona notizia per la Calabria e per il Pdl. Con Pino Galati il Governo si arricchisce di una personalità importante». 
Se questo, prono e devoto al carisma d’oro del berlusconismo, è anche il nostro Sud, povera Italia!
O no?
Severo Laleo

mercoledì 12 ottobre 2011

Il nobile impegno politico di Reguzzoni nella Lega.


Il sempre brillante Reguzzoni ha dichiarato, senza pudore, 
e in una felice sintesi di fandonie:
"Non c'è spazio nella Lega per correnti o personalismi, 
il cerchio magico non esiste.
La Lega ha un unico obiettivo: la trasformazione dello Stato.
E un unico leader, che comanda. Se a qualcuno non sta bene può andarsene.
A casa nostra funziona così da venticinque anni
e continuerà a funzionare così fino all'indipendenza della Padania".
Incredibile!
Il sempre brillante Reguzzoni, in un vortice di lucidità,
tesse insieme l'elogio per una nuova dittatura, e senza cerchio magico,
la pratica dell'ostracismo/esilio, inesorabile e senza pietà, per i disubbidienti,
la distruzione del nostro Stato democratico e della sua legalità,
l'apologia in farsa della secessione della magica Padania.
Se il nostro carissimo Presidente Napolitano aggiungesse
al dato ormai evidente del marasma di questa maggioranza di governo
le splendide esplicitazioni del sempre brillante Reguzzoni,
forse avrebbe qualche motivo in più per sciogliere le Camere
nel pieno rispetto delle sue prerogative costituzionali.
O no?
Severo Laleo

martedì 11 ottobre 2011

I promossi e i bocciati di Gelmini: e il Merito non conosce il merito.


Strano Paese l’Italia, quando si parla di Merito!
Tutti invocano il Merito, ma pochi sanno proporre riforme 
perché il merito sia visibile e valutabile, e produca risultati e utilità 
per il singolo e per il paese tutto. Anzi, spesso, a esaltare il Merito 
sono proprio i tanti miracolati sulla strada del successo senza  merito.
E, a sentire i detrattori dell'ideologia, il Merito sarebbe di destra 
insieme alla severità, e il disinteresse per il Merito, l’egalitarismo, 
sarebbe di sinistra, insieme al lassismo. Ideologia, appunto. 
E assenza di un’idea di democrazia reale, trasparente, partecipata.
Infine, tutta la discussione sul Merito è esclusivamente concentrata 
sulla scuola e, quindi, su persone, per la massima parte, minorenni. 
Forse perché i maggiorenni, specie se frequentano buone “famiglie”, 
conoscono altre strade per raggiungere il Merito!
Ma veniamo ai difensori del Merito e ai dati su promossi e bocciati, 
nell’era  asessantottina. Chi invoca oggi il Merito? 
E’, innanzitutto, la Gelmini, miracolata ministra sulla strada 
dei tunnel da Catanzaro al Popolo della Libertà, 
è la Minetti, promossa, con viatico per la Regione, 
sul camparcore di battaglia,
è Bossi, longevo inventore, a vantaggio del  trotismo, 
di bufale padane, con o senza quote latte,
è Gianni Letta, degno e garbato al suo posto per vincoli d’amicizia 
ai limiti della complicità, 
è Balducci, l’alto funzionario,e Gentiluomo del  Papa, 
degno di grande fiducia anche per la Cricca, 
è l’imprenditore liberale Berlusconi, aperto, intelligente, abile,   
e attento monopolista, 
è Canton, il più fresco premiato per Merito, 
con l’unanimità dei consensi,silenziosi, in segno di riguardo 
per il suo efficace mutismo in Congresso, 
è…l’elenco è aperto e  lungo, molto lungo, e si chiude con la piena, 
limpida, integerrima Responsabilità di Scilipoti.
Eppure, tra tanti e così illustri nomi esemplari per  Merito, 
nella destra c’è sconforto, perché la “severità” e il Merito, 
fondamenti del  programma liberale del Popolo della Libertà 
e della Lega, non hanno sfondato a scuola,
nei confronti  dei minorenni in crescita e in formazione.
Così, dopo i vani tentativi di nascondere i dati, l’esemplare Gelmini, 
intristita, è costretta a comunicare, pare ancora non completi, i dati:
il numero dei bocciati nelle scuole superiori diminuisce sensibilmente, 
passando dal 15% del 2010 al 13,2 di quest'anno; i non ammessi alla maturità
sono invece il 5,3 % contro il 5,9 del 2010”.
Povera Gelmini, per onore alla sua idea di Merito, non riesce neppure 
a riconoscere il suo unico, significativo merito del suo impegno 
ministeriale: la riduzione dei bocciati a scuola, in linea con la riflessione 
socio-pedagogica più avanzata in Europa e la raccomandazione OCSE.
Ed è triste la Gelmini, perché non sa/vuole ammettere che una scuola 
che sa "promuovere"  la cultura delle persone, senza “bocciare”,  
è una scuola che ha merito. La scuola, l’istituzione fondamentale 
per la crescita in civiltà di un Paese, acquista merito 
solo se sa “promuovere”. E "promuovere", si badi, non è il porre 
un timbro burocratico al passaggio 
da una classe all'altra di una persona nell'età dell'apprendimento; 
non è scrivere "promosso" in pagella: è dare, con serietà di servizio, 
a ogni persona in età di apprendimento, attraverso il più ampio impiego 
di persone e risorse, il massimo possibile in termini di cultura 
e intelligenza di vita, secondo le capacità di ciascuno/a.
A tutte/i, nessuna/o esclusa/o. Proprio nessuna/o.
Perché la "promozione" non è solo un premio per il singolo, 

ma un premio per la società tutta.
La scuola merita se "promuove"; 
se boccia/esclude/nonpromuove non merita.
O no?
Severo Laleo

domenica 9 ottobre 2011

Basta con il maschilismo. E il suo monocratismo


E’ proprio vero,  i maschi, sì, i maschi al potere oggi,  
e non solo i Berlusconi e i Bossi, ma anche, di questi,  
i tanti  fedelissimi  prebendati, o in attesa di prebende,  amici,
sia se gentiluomini  “moderati” alla Gianni Letta, 
sia se mediatori  “d’affari”  alla Lavitola, 
sia se imprenditori “creativi” alla Tarantini, 
sia se “servi liberi” alla Giuliano Ferrara,
vecchi e giovani, più o meno rimbecilliti, 
sono sempre  pericolosi, soli  e/o  in compagnia.
E sì, perché sono (stati)  questi maschi,  ora con il celodurismo, 
ora con il forzagnocchismo, a portare  il maschilismo al potere,  
con la sua greve costante:  il monocratismo.
E  il monocratismo, il dominio, cioè, di uno solo, senza discussione,
e tutti ubbidienti, è l’esito obbligato, conseguente, di tanto maschilismo.
“Che città è la città che appartiene a un uomo solo”, s’interroga Emone. 
E noi?
Basta, quindi, con il maschilismo. E il  monocratismo, suo esito.
Se si vuole  aprire un cammino per chiudere con il maschilismo 
e il monocratismo, a prescindere dal “genere”  al comando, 
è necessario introdurre aria nuova,
a partire dalle organizzazioni di partito,
e superare l’idea di avere un capo unico.
Basterebbe istituzionalizzare, ad ogni livello di responsabilità,
una dirigenza di coppia, un uomo e una donna. Insieme.
Così, il  bicratismo dei generi potrebbe  aprire  nuovi  orizzonti 
a una nuova paritaria democrazia delle persone
O no?
Severo Laleo

sabato 8 ottobre 2011

Attraverso il paradosso di Schwartz, un contributo di Luca De Biase per una cultura del limite.


                    
                 
                          
Perché troppa scelta aumenta l'insoddisfazione? Un tabù occidentale è sempre forte.
Ma la storia che Barry Schwartz racconta è molto convincente.
Troppa scelta vuol dire troppa responsabilità su chi deve scegliere,
troppa paura, troppa autocolpevolizzazione, aspettative troppo elevate.
Troppa scelta non è libertà è paralisi, dice Schwartz.
Può essere per questo che se qualcuno si prende la responsabilità di qualcosa
noi gli siamo grati. Limita la nostra libertà, ma ci aiuta a scegliere.
La libertà non è essere competenti su tutto,
ma scegliere nella convinzione di avere fatto tutto il possibile per decidere bene.
Affidarsi a un dittatore non è libertà. Fare tutto da soli non è libertà.
Quale sarà il punto di equilibrio tra troppa scelta e troppo poca?
Ovviamente non c'è una risposta generale. Ma, se Schwartz ha ragione,
almeno sappiamo che non è la crescita infinita delle opzioni a renderci felici.
Quindi la libertà e la felicità hanno a che fare con:
1. aumentare la conoscenza di come stanno le cose
2. aumentare i motivi consapevoli per cui ci fidiamo degli altri
3. avere un senso del limite che avvicina le aspettative alla realtà
Le politiche contro la libertà e la felicità sono quelle che fanno il contrario:
a. comprimono la cultura e la diffusione della conoscenza
b. spingono ad avere paura degli altri per motivi irrazionali
c. alimentano illimitatamente le aspettative.
Con queste strategie retoriche, quelle politiche fanno aumentare la dipendenza
da chi si pensa possa soddisfare tutti i desideri.
La ricerca dell'equilibrio è una strada molto più complicata.
Scuola, conoscenza, pacatezza, costruiscono libertà e felicità.
Chiunque presenti tutto questo come una rinuncia
e ne parli come una perdita di tempo è un aspirante dittatore.
Per come l'abbiamo conosciuta finora, la televisione è un medium
che alimenta le aspettative all'infinito, spinge a considerare il consumo
come un elemento di soddisfazione illimitata,
raccoglie molta audience quando diffonde la paura,
fa credere che si possa scegliere tra tante cose e in realtà chiede semplicemente
di continuare a guardare la tv. La ricerca dell'equilibrio passa da media
apparentemente più complicati, come quelli che si sviluppano con internet.
Internet non garantisce l'equilibrio. Anche perché il suo primo effetto
è di aumentare la scelta, con il paradosso di Schwartz.
Ma crea condizioni meno favorevoli al pensiero unico
che fingendo di alimentare la scelta in realtà aumenta la dipendenza.
L'equilibrio non lo daranno i media. Lo troveremo noi.

In tempo di crisi economica e di volgarità politica, si riscopra la solidarietà sociale

Le nuove generazioni italiane, purtroppo, sono ormai abituate 
alla volgarità di espressione, alla volgarità di pensiero, alla volgarità di azione  
dei nostri "statisti" (si fa per dire, naturalmente!) rozzi, incolti e arroganti.
Una volgarità, sia se dal Premier direttamente espressa,
sia se dalla sua (di proprietà) maggioranza per personale tornaconto tollerata,
spesa solo per mascherare la totale incapacità di questo Governo
di comprendere l'importanza dell'agire politico per il bene pubblico.
Alle e ai giovani oggi nelle piazze a manifestare per una idea solidale di Stato,
vorrei dedicare un pensiero alto di un vero statista europeo:

"La mia fondamentale conclusione è la seguente: 
dobbiamo adoperarci per vivere in una comunità 
in cui la solidarietà sociale abbracci tutti i suoi membri 
con un potere di empatia in cui ognuno si fa carico 
della qualità della vita degli altri 
con un sentimento di responsabilità e di partecipazione 
che supera gli egoismi individuali. 
Una società, cioè, in cui non c'è un "loro" e un "noi" ma c'è solo un "noi". 
Questa è l'idea di base di una riforma democratica della politica 
che può trovare un equilibrio tra la giustizia sociale e la libertà individuale".

Olof Palme 
in Aldo Garzia, Olof Palme Vita e assassinio di un socialista europeo, Editori Riuniti,2007

venerdì 7 ottobre 2011

Omaggio aTomas Tranströmer, Premio Nobel per la Letteratura

SERA-MATTINA
L’albero della luna è marcito e si sgualcisce la vela.
Il gabbiano volteggia ebbro lontano sulle acque.
E' carbonizzato il greve quadrato del ponte.
La sterpaglia soccombe all’oscurità.
Fuori sulla scala.
L’alba batte e ribatte sui
cancelli granitici del mare e il sole crepita
vicino al mondo.
Semiasfissiate divinità estive brancolano nei vapori marini.


PAGINA DI LIBRO NOTTURNO
Sbarcai una notte di maggio
in un gelido chiaro di luna
dove erba e fiori erano grigi
ma il profumo verde.

Salii piano un pendìo
nella daltonica notte
mentre pietre bianche
segnalavano alla luna.

Uno spazio di tempo
lungo qualche minuto
largo cinquantotto anni.

E dietro di me
oltre le plumbee acque luccicanti
c’era l’altra costa
e i dominatori.

Uomini con futuro
invece di volti.

giovedì 6 ottobre 2011

Il 150° anniversario dell’Unità d’Italia e la gente del Sud

Perché noi gente del Sud, uomini e donne di un promontorio di periferia,
sdraiato al sole nel mare Adriatico,
dobbiamo festeggiare il 150° anniversario dell’Unità d’Italia?
Perché?
Perché dobbiamo festeggiare, noi, che pure ricordiamo
i nostri briganti di bosco, d’ingenuità ribelli violenti, sterminati a tradimento,
i nostri contadini e pastori, strappati alla terra, soldati per forza, senza terra,
i nostri primi studenti di scuole comunali, povere, senza aiuti di Stato,
i nostri timidi giovani, spogliati di speranze, esclusi dalla corsa “piemontese”,
i nostri sapienti operai e mastri, rubati di lavoro, trasferito alla modernità del nord,
le nostre operose famiglie impoverite da un’economia coloniale?
Perché?
Perché in quel dolore del Sud abbiamo imparato
a capire il nostro Risorgimento,
a dialogare con i nostri maestri liberali e antiborbonici,
a cantare i nostri “Fratelli d’Italia”, morti dappertutto per l’Unità,
a emigrare dai nostri paesi per correre la fortuna nel mondo,
a morire per la nostra Resistenza, per costruire da Ventotene l’Europa,
a scrivere la nostra Costituzione, senza spaccare il Paese,
a donare la nostra cultura a tutti, senza paure,
a diventare cittadini del mondo, con l’orgoglio italiano,
a superare l’egoismo straccione, con l’accoglienza solidale,
a rifiutare le voglie di secessione, con la difesa dell’unità del Paese,
a respingere l’isolamento nelle proprie tradizioni, con il rispetto di ogni cultura.
Perché noi gente del Sud, uomini e donne di un promontorio di periferia,
sdraiato al sole nel mare Adriatico,
dobbiamo festeggiare il 150° anniversario dell’Unità d’Italia?
Perché quest'Italia, oggi, siamo noi.
O no?
Severo Laleo