giovedì 6 ottobre 2011

Il 150° anniversario dell’Unità d’Italia e la gente del Sud

Perché noi gente del Sud, uomini e donne di un promontorio di periferia,
sdraiato al sole nel mare Adriatico,
dobbiamo festeggiare il 150° anniversario dell’Unità d’Italia?
Perché?
Perché dobbiamo festeggiare, noi, che pure ricordiamo
i nostri briganti di bosco, d’ingenuità ribelli violenti, sterminati a tradimento,
i nostri contadini e pastori, strappati alla terra, soldati per forza, senza terra,
i nostri primi studenti di scuole comunali, povere, senza aiuti di Stato,
i nostri timidi giovani, spogliati di speranze, esclusi dalla corsa “piemontese”,
i nostri sapienti operai e mastri, rubati di lavoro, trasferito alla modernità del nord,
le nostre operose famiglie impoverite da un’economia coloniale?
Perché?
Perché in quel dolore del Sud abbiamo imparato
a capire il nostro Risorgimento,
a dialogare con i nostri maestri liberali e antiborbonici,
a cantare i nostri “Fratelli d’Italia”, morti dappertutto per l’Unità,
a emigrare dai nostri paesi per correre la fortuna nel mondo,
a morire per la nostra Resistenza, per costruire da Ventotene l’Europa,
a scrivere la nostra Costituzione, senza spaccare il Paese,
a donare la nostra cultura a tutti, senza paure,
a diventare cittadini del mondo, con l’orgoglio italiano,
a superare l’egoismo straccione, con l’accoglienza solidale,
a rifiutare le voglie di secessione, con la difesa dell’unità del Paese,
a respingere l’isolamento nelle proprie tradizioni, con il rispetto di ogni cultura.
Perché noi gente del Sud, uomini e donne di un promontorio di periferia,
sdraiato al sole nel mare Adriatico,
dobbiamo festeggiare il 150° anniversario dell’Unità d’Italia?
Perché quest'Italia, oggi, siamo noi.
O no?
Severo Laleo

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