sabato 6 ottobre 2012

Elezioni in Sicilia: la novità di una candidatura di "coppia"


La Sicilia è terra di sorprese, e spesso, in politica, di "novità",
anche se non sempre da imitare. E a volte offre situazioni strane
(qualcuno ricorderà il milazzismo), alleanze/lacerazioni, incontri/scontri,
ora tra partiti, ora all’interno dei partiti, ora tra gli elettori,
così ingarbugliati e ambigui, persino nelle primarie,
da rendere inesplicabili le interpretazioni e ardua la comprensione.
E un qualche ruolo nel confondere le acque avrà pure la mafia.
Ma questa volta, sebbene gli analisti di politica non l’abbiano ancora colta,
una "novità" dalla Sicilia giunge, assoluta, per ora, sicuramente,
e, forse, se avrà successo, potrà rivelarsi dirompente nel futuro,
perché è novità civile, moderna, imitabile, trasferibile.
Ecco la "novità". In Sicilia, grazie a un ritardo nella richiesta di residenza,
il candidato alla Presidenza della Regione, per LiberaSicilia,
non è più Claudio Fava, cofondatore di SEL, ma Giovanna Marano,
segretaria regionale della Fiom Cgil.
Un (felice) complotto dalle conseguenze imprevedibili?
In realtà, la corsa nella battaglia elettorale, nella situazione di fatto,
non è più di un uomo solo, del "leader", ma diventa la corsa di una "coppia",
di un uomo e di una donna, negazione in re del leaderismo.
Per un caso strano la Sicilia rottama l'idea della vecchia politica 
dell'"uomo solo al comando", ancora in auge presso tanti giovani.
Un colpo durissimo per la visione della mafia, senza dubbio.
E non è più, l’uomo solo, come troppo spesso accade ed è accaduto,
costretto a dimostrar facondia d’eloquio, irresistibilità di promessa,
perizia di disgregazione nel campo avverso, abilità di comando,
e soprattutto garanzia di distribuzione premiante,
ma sono, la donna e l’uomo, costretti, insieme, a ragionar di politica,
a misurar le parole, a comprendere e rispettar le differenze,
a illustrare il programma e a raccogliere bisogni,
ad agire per il bene pubblico, mitigando le spinte dell’ambizione.
La Sicilia offre l’occasione per abbattere finalmente, dopo infiniti guasti,
a volte anche a sinistra, il mito del leader solo al comando, e “salvatore”,
così diffuso, negli anni a impronta berlusconiana, anche tra i sindaci
di piccole realtà locali, e tra i clan di qualsiasi forma e qualità,
quasi un’ubriacatura generale, a marchio maschilista.
La coppia uomo/donna spezza l’illusione maschile del monocratismo
e apre al bicratismo perfetto e mite, con la parità piena nelle assemblee,
nelle giunte, nelle commissioni, in ogni sede decisionale.
Certamente non avremo ancora alla Presidenza una coppia uomo/donna,
ma il corpo elettorale, nei fatti, può sfruttare quest’occasione
per sperimentare una guida politica a due della Regione.
Il futuro della democrazia di genere è nelle mani delle siciliane
e dei siciliani. Chi vota in Sicilia non può sprecare quest’occasione.
O no?
Severo Laleo

martedì 2 ottobre 2012

La tutela dell’ambiente attraversa il bel Gargano



Sabato, 6 Ottobre, a Manfredonia, in Puglia, alle porte del bel Gargano,
una manifestazione gioiosa, di uomini e donne, tante donne,
riempirà l’Area Mercatale e Piazzale Ferri per difendere l’ambiente,
ora nel mare intorno al Parco Marino delle Tremiti,
domani in ogni parte del mondo, perché la difesa dell’ambiente
è anche la difesa della democrazia e della civiltà.
A mobilitarsi contro le piattaforme petrolifere nell’Adriatico è la Rete
di Associazioni “NO TRIV”, con un solo rammarico, di non avere tra i manifestanti
il Presidente della Regione Puglia, Vendola, impegnato a Ercolano
per il lancio della sua candidatura alle primarie di centrosinistra.
Ma in qualche modo giungerà il suo politico sostegno.
Anche il Touring ha dato la sua adesione, convinto della necessità
di dover tutelare un patrimonio prezioso, regalo della natura,
e  negare quindi il via libera al progetto per le trivellazioni,
perché “la terra e il mare, da consegnare integri alle generazioni future,
sono un bene pubblico che deve essere rispettato e  protetto, in primis dallo Stato”.
E questo è il punto: se l’ambiente è un bene pubblico, può la sua tutela
essere realizzata senza il consenso/partecipazione della popolazione?
A Manfredonia la popolazione questa partecipazione chiede e va in piazza
1. a gridare il suo diritto a dire «no» alle trivelle petrolifere nel Mare Adriatico;
2. a chiedere l’annullamento dell’autorizzazione rilasciata 
dal Ministero dell'Ambiente alla Petroceltic di avviare le prospezioni geo-sismiche 
al largo delle Isole Tremiti alla ricerca di tracce di idrocarburi. 
E soprattutto a difendere l’integrità dell’ambiente e insieme all'ambiente 
un'idea culturale di "limite" e un'idea politica di democrazia delle persone.

Severo Laleo

P.S. E’ di oggi la notizia della irregolarità dell’autorizzazione concessa dal Ministero per l’Ambiente
alla Petroceltic Italia srl per la ricerca di petrolio a largo delle Isole Tremiti e, quindi,
del suo annullamento per decisione del Tar del Lazio.

C’è fermento in SEL, e meno male



C’è fermento in Sinistra Ecologia e Libertà. E non per un’esternazione
critica di un qualche nazional dirigente nei confronti di Vendola,
ma per le voci corali di un’assemblea di persone di SeL, e non,
autoconvocate il 30 settembre a Roma dopo aver firmato il documento
dall’esplicito titolo:  “Non affoghiamo nella vecchia politica
le speranze sollevate da SEL”.

Un’assemblea non di “dissidenti”, ma di un insieme di persone
dal sentire comune nei confronti di un modo vecchio di far politica,
e dal comune sperare nella possibilità di un modo nuovo di far politica,
in controtendenza forte con quanto si agita nel resto dei partiti,
tutti ancora alla ricerca di un leader dal carisma, spesso ciarliero,
con o senza primarie. Un’assemblea di resistenti nella speranza
di trasformare il diffuso “disagio” militante in un nuovo “modo di essere
e di organizzarsi” e in “proposta” politica: una novità di questi tempi.
Non a caso le persone dell’assemblea di Roma sono spesso le persone
le quali hanno corroborato la propria passione politica nell’impegno
nell’ultima tornata referendaria e hanno condiviso, insieme all’acqua,
un paniere di “beni comuni” con al centro il bene comune “democrazia”.

A Roma si è discusso di Monti e di Monti bis, del senso della candidatura
di Vendola alle primarie, di alleanze, di alternativa, di referendum sul lavoro,
di diritti civili, di “beni comuni”, di forme della politica, con una proposta
di “procedure trasparenti sulla decisione delle candidature”.
Ma “il nodo cruciale” dell’appuntamento di Roma sembra essere il discorso
intorno alla democrazia, alle sue forme, a partire dalla forma partito,
ai suoi rapporti con la società, senza alcuna “nostalgia 
del modello tradizionale di partito gerarchico e burocratico”, 
anzi con la convinzione che “la qualità della vita democratica
e della partecipazione va ben oltre SEL”.

E a proposito di nuove regole per un nuovo modo di far politica,
nei partiti, prima, e nelle istituzioni e nella società, poi, c’è chi, in rete, propone:
l'introduzione di una legge sui partiti capace di fissare regole di vita/gestione 
democratica nel rispetto dei principi della Costituzione;
l’introduzione del bicratismo perfetto: non più, cioè, un leader monocratico, 
dal livello locale al nazionale, ma una coppia uomo/donna 
a rappresentare/coordinare il partito con funzioni temporalmente definite;
la scelta della parità perfetta di genere, non delle quote
in ogni istanza decisionale di partito, e a rappresentare il partito nelle istituzioni;
l’esclusività del finanziamento ai partiti solo da parte di “persone” iscritte;
l’opzione del sorteggio per scegliere il 50% delle persone negli organismi dirigenti 
dei partiti al fine di evitare sclerotizzazioni di corrente e per liberare energie 
senza condizionamenti di cordate;
trasparenza non discrezionale, ma assoluta, a ogni livello di presenza del partito 
con ogni utile forma, anche attraverso la rete.

Se il fermento dell’assemblea di Roma riuscirà a “rivoluzionare
il modo di far politica con la responsabile partecipazione delle persone
a ogni fase della decisione politica, forse  più chiaro apparirà l’inganno
del monocratismo dei Grillo con il “vaffa” contro tutti,
e dei Renzi con la “rottamazione” contro il “vecchio” Pd (con l’aiuto del Pdl),
e forse la “partita” tra i big sarà sospesa per un’invasione democratica del campo.
O no?
Severo Laleo

domenica 30 settembre 2012

Test anticorruzione, corso di specializzazione e merito



Mi sono spesso chiesto, negli anni di tangentopoli,
e ora di nuovo in questo  rifiorir pacchiano di scandali,
se esiste una correlazione significativa tra cursus studiorum 
e fragilità etica di chi percorre senza timori i sentieri ameni della corruzione.
Ho una mia idea.
Chi ha sperimentato, con la "fatica" degli studi e del lavoro,
la severità di un percorso per giungere a risultati gratificanti,
anche se non eccellenti,
chi ha cercato, attraverso la "fatica" del lavoro e degli studi,
di comprendere il "mondo" intorno a sé,
spesso ha incontrato il "limite", e, costretto con quel "limite" a confrontarsi,
più resistente è diventato davanti all'offerta di un patto di malaffare.
Al contrario, chi non ha sperimentato la "fatica" di lavoro e di studi,
più facilmente ha trovato, purtroppo, spesso nella politica, libera da "limiti",
la facile strada per raggiungere risultati di eccellenza nella propria "sistemazione",
accogliendo a piene mani il patto di malaffare.
Ora, se la correlazione tra questi dati fosse davvero significativa,
bisognerebbe introdurre, anche nell'accesso alla politica,
e, quindi, alle cariche pubbliche istituzionali, i test di ammissione/idoneità,
ormai così diffusi per l'accesso al lavoro e agli studi,
con l'obbligo di sperimentare la "fatica" degli studi, 
con la frequenza di un corposo corso di specializzazione con esame finale.
Forse anche di chi è chiamato a occupare ruoli pubblici è bene valutare il "merito".
O no?
Severo Laleo

sabato 29 settembre 2012

La democrazia in Italia: dalle Primarie al BisMonti



La democrazia, quella partecipazione, cioè, di tutte le persone,
senza differenze di alcun genere, alla vita pubblica del Paese,
si costruisce, sempre, qualunque sia il recinto della sua azione,
con regole semplici, chiare, trasparenti, controllabili, largamente condivise,
con pari facoltà per tutte/i di accedere al dibattito pubblico,
e, comunque, nel rispetto pieno dei diritti universali della persona.
E, per aggiungere una minuzia, forse anche con il riconoscimento,
per legge, della parità perfetta uomo/donna, in termini di presenza,
in ogni sede assembleare e di direzione.
La Costituzione italiana, all’art. 49, garantisce la partecipazione:
"Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti
per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale".

Purtroppo, negli ultimi trent’anni (a partire almeno da quel 1981,
quando Berlinguer, solo, denunciò, con un’analisi lucida, la grave degenerazione
di partiti troppo spesso impegnati a “occupare” un complice Stato), 
quasi tutti i partiti, nel tempo, hanno subito una trasformazione totale, 
e da “libere associazioni”, con regole chiare, di cittadini son diventati 
“gruppi” di potere, e hanno sostituito il “metodo democratico”  
con il “culto” del capo, sino a bearsi, proprio i seguaci della “rivoluzione liberale”,
dell’appellativo “servi liberi”, con un inquietante ossimoro.
Soltanto nella partecipazione al dibattito e al voto referendario,
in particolare in occasione degli ultimi referendum, è stato possibile
incontrare/praticare qualche spazio di democrazia.

A dare il via con gran forza alla definitiva rottamazione del “metodo democratico”,
nella vita interna dei partiti (non senza qualche tentativo di rottura anche nelle istituzioni, grazie a quella volontà di “popolo” manifestata con il “Porcellum”),
è stato Berlusconi, il gran Maestro,  (e che questo gli sia riconosciuto come merito storico, la dice lunga sulla capacità di intendere la democrazia in Italia),
il quale, diventato “leader carismatico” (era già carismatico per molti italiani,
per via di denari), tutto prende e tutti contagia, anche a sinistra.
E l’imprenditore, il “non politico”, diventò politico,
e il “nuovo”, il rottamatore del “teatrino”, tornò al “passato”.

Ora, a macerie tutt’intorno, invece di provare tutti a realizzare
in pieno il dettato costituzionale dell’art. 49,
a) i più “nuovi” (Grillo, Renzi),
quasi in ideale continuità con il modello bosberlusconiano,
si agitano, con un’idea confusa dell’agire democratico,
ancora a chiedere, di nuovo, un plebiscito, al solito “popolo”,
alla solita “gente”, ai soliti “cittadini”, per cambiare totalmente
il nostro Paese, promettendo un’altra rivoluzione,
il primo, Grillo, rottamando tutti, proprio tutti, anche i suoi, se non ubbidiscono,
il secondo, Renzi, pronto a rottamar il “cuore” del PD, anche con i voti dei “delusi”
(ma i “delusi” sono sempre in errore, e non cambiano mai,
perché continuano ad alimentare illusioni);
b) i più “vecchi”, Casini, Fini, e molti altri in ogni campo dispersi, aprono,
gioiosi, ma sempre con’idea confusa dell’agire democratico
(la Costituzione riserva ancora al capo dello Stato la nomina del Premier),
la porta al BisMonti, per garantire la continuità di Governo
e per realizzare la “rivoluzione silenziosa” dell’inutilità del voto.
Il sovrano è il caos, e non è democratico.
Forse spetta al PD, ora primo partito del Paese, spingere o per una riforma 
democratica di tutti i partiti attraverso una legge ampiamente condivisa 
di inveramento dell’art.49, restituendo a tutti noi il “metodo democratico
o almeno per un’autoriforma del solo PD alla luce del sole,
definendo e rispettando regole severe di comportamento democratico,
oggi ormai inevitabili, con la speranza di dare un esempio anche agli altri partiti.
Senza partiti e senza regole chiare non sarà possibile tutelare il bene comune “democrazia”. 
Scriveva Gobetti nel XX secolo: "Né Mussolini né Vittorio Emanuele 
hanno virtù di padroni, ma gli Italiani hanno bene animo di schiavi". 
Cambieremo nel XXI secolo?
Si spera di sì, specie se le persone, già in civile fila nei seggi ai referendum ultimi,
torneranno di nuovo in massa ai seggi elettorali per rifiutare le “nuove” rivoluzioni della palingenesi (Grillo, Renzi) e della conservazione (Casini), e riportare nella politica le parole dimenticate: 
"uguaglianza", "giustizia sociale", "legalità".
O no?
Severo Laleo

venerdì 28 settembre 2012

Circostanze speciali




Il nostro Presidente del Consiglio Monti, rispondendo alla domanda su un possibile proseguimento della sua premiership al Council of Foreign Relations di New York,
ha dichiarato:

“Se ci dovessero essere circostanze speciali, che io mi auguro 
non ci siano, e mi verrà chiesto, prenderò la proposta [di un Monti bis] 
in considerazione”.

Circostanze speciali”?

La politica è, quindi, o potrà essere, secondo l’affermazione
di un uomo tanto prudente, quanto misurato ed esperto,
nelle mani di “circostanze speciali”?

Perché, dunque, bisogna agitarsi tanto (penso anche alle primarie del PD!)
per presentare un programma agli elettori e chiedere il voto?
C’è da essere preoccupati, perché tutti già sappiamo
nelle mani di chi si trovano le leve per produrre le “circostanze speciali”.

Se la democrazia è in ostaggio delle “circostanze speciali”,
di chi, cioè, può provocare, quando e come vuole,  le "circostanze speciali",
non possiamo più credere a un “nuovo” uomo della Provvidenza,
pronto a cambiare le "cose", da qualunque parte giunga; 
sarebbe un imbroglio totale.

E’ necessaria una risposta delle persone, tipo ultimi referendum,
è necessario, almeno a sinistra, suscitare una “nuova” coscienza di classe.
Con serietà, umiltà, mitezza, e determinazione.
O no?
Severo Laleo

giovedì 27 settembre 2012

Grazie Batman (in attesa della legge Fiorito)


Vorrei esprimere, in verità purtroppo, devo ammettere,
ma è un doveroso riconoscimento,
il mio senso di gratitudine al consigliere regionale, Fiorito/Batman,
già capogruppo del creativo, gioviale, allegro, festoso, un po' goliardante,
spendaccione comunque, gruppo del Partito della Libertà (appunto!)
alla Regione Lazio.
Il nostro, davvero, è stato il Batman della mala politica,
il suo Giustiziere Finale, il suo Cavaliere Oscuro, in tutti i sensi.
Perché Batman, senza dubbio, conosce i suoi mascalzoni,
e sa quanto siano "codardi e superstiziosi", e, per questo, 
con il suo "travestimento", tende a "infondere terrore nei loro cuori",
e diventa, per batterli, "una creatura della notte, nera, terribile",
anche se a suon di assegni.
Corrisponde tutto maledettamente, persino nei colori.
Senza Batman, i consiglieri delle Regioni d’Italia, tutti, chi più chi meno,
avrebbero continuato a vivere bellamente,
senza sentire i morsi della crisi economica, da riservare solo ai più deboli.
Sarà grazie a Batman se forse riusciremo ad elevare il grado di decenza
della grandissima parte della nostra disonesta classe politica,
e, quando onesta, colpevolmente ignara e muta, anche a sinistra,
perché incapace, per abitudini di vita, di “riconoscere” i bisogni delle sua “classe”.  

E’ stato il berlusconismo, con la sua gioia di vivere, ad aprire le porte alla “libertà”,
a relegare il pudore, nel senso di cultura del limite,
tra gli arnesi inutili della politica e delle istituzioni,
a ridurre i margini di differenziazione tra destra e sinistra
nei comportamenti etici (l’ha confessato anche il sindaco PD di Bari,
per giustificare il suo riempir la vasca da bagno di pesce natalizio!);
eppure, se quel berlusconismo, grazie a Batman, batte ora in ritirata,
con proposte di rinnovamento di un inesistente partito,
pur continua a vivere nell’idea dell’attesa del prossimo uomo della Provvidenza,
sicuramente “nuovo”, ma ancora e sempre fustigatore dei partiti,
e, insieme, della democrazia delle regole e delle persone. 

Senza Batman, la Presidente Polverini avrebbe continuato a recitare,
con avventata convinzione, la parte dell’“ignara” e “muta”,
dopo aver sgridato, solo per sopravvivere, con forza i suoi consiglieri,
sicura di chiudere felicemente un capitolo, ancora una volta,
con la potenza delle urla in un volto severo.
Oggi, al contrario, grazie a Batman, la Presidente Polverini
è stata costretta alle dimissioni, libera quindi di attaccare 
gli altri Presidenti di Regione, i quali, pur indagati, ancor non si dimettono.

Basta. Si vari finalmente una legge (sarà nominata legge Fiorito?) sui partiti,
sia per obbligarli alla vita democratica (è proprio così!),
sia perché stabiliscano i “minimi sindacali” per l’accesso di uomini e donne
alle cariche pubbliche e decidano regole di trasparenza assoluta,
sia perché superino ad ogni livello, nei partiti e nelle istituzioni,
il vecchio ritornello delle quote per giungere definitivamente alla parità di genere,
magari sostituendo il monocratismo del leader,
esito storico comunque del maschilismo, con il bicratismo perfetto,
magari da sperimentare, grazie, questa volta, a regole sì, ma stupide, in Sicilia, 
con la “coppia” Fava/Borsellino (ultim'ora Fava/Marano).
O no?
Severo Laleo

Il virgolettato riporta le parole di Bruce Wayne/Batman

martedì 25 settembre 2012

“Gente”, “Popolo” e “Cittadini”: l’ultimo inganno della Seconda Repubblica




La “gente” di Bossi e il “popolo” di Berlusconi
(la Lega e il PDL non hanno mai conosciuto una vita democratica
al proprio “interno”, eppure la “gente” e il “popolo
hanno affidato a dittatori interni, con una tragica contraddizione,
la pratica della democrazia nelle istituzioni, e, per ultimo,
23000 preferenze di “popolo” hanno affidato al consigliere Fiorito
l’onore di governare il Lazio; ma tant’è, così va l’Italia!),
la “gente” di Bossi e il “popolo” di Berlusconi, riprendo,
ormai devono cedere il passo al “nuovo”, alla forza dirompente, cioè,
dei “cittadini”, pronti, ora attraverso il Movimento 5 Stelle,
ora attraverso il movimento “Adesso!” a governare l’Italia.

Ma che Paese è il nostro, così corrivo nel seguir Leader,
soprattutto se abili a intrattenere la “gente” con magiche parole,
e così pigro nell’esercizio libero dei suoi diritti/doveri,
soprattutto nel reclamare gli spazi reali di democrazia,
a destra e a sinistra, e a centro?

La “gente” è delusa di Bossi, il “popolo” è deluso di Berlusconi,
e molti, tra quella “gente” e quel “popolo”, pur delusi,
conservano, impenitenti, la caparbietà,
e ingrossano le fila dei “cittadini” di Grillo e di Renzi,
già gustando, sedotti, “nuovi” trionfi e “nuove” rivoluzioni,
sicuri, specie se “cittadini” lucidi per delusione,
di “rinnovare” sinistra e centrosinistra,
per l’ultimo definitivo inganno di questa Seconda Repubblica.
Forse, solo quando “gente”, “popolo” e “cittadini”
diventeranno “persone”, le “persone” dei referendum ultimi,
anche la democrazia della nostra Costituzione potrà inverarsi.
O no?
Severo Laleo 

domenica 23 settembre 2012

Senza limite: il “momento idoneo” di Marchionne




L’incontro Fiat/Governo si è concluso poco fa con un comunicato congiunto.
Meno male, l’Italia trova nuovamente la sua serenità!
Eppure, a parte gli apprezzamenti di Fiat al Governo
 (“da parte Fiat è stato espresso apprezzamento per l'azione del Governo 
che ha giovato alla credibilità dell'Italia e ha posto le premesse, 
attraverso le riforme strutturali, per il miglioramento della competitività, 
oltre che per un cambiamento di mentalità idoneo a favorire la crescita”  -addirittura!-), 
e del Governo alla Fiat (il Governo ha apprezzato 
i risultati che Fiat sta conseguendo a livello internazionale e l'impegno assunto 
nel corso della riunione a essere parte attiva dello sforzo
che il Paese sta portando avanti per superare questa difficile fase economica e finanziaria).,
apprezzamenti inutili e non “produttivi” di risultati
(il massimo per un incontro tra un imprenditore di successo internazionale
e un Governo di tecnici di chiara fama), tutto il resto è incerto e ambiguo,
tranne un impegno per “un apposito gruppo di lavoro” a continuare gli incontri
per individuare gli strumenti per rafforzare ulteriormente 
le strategie di export del settore automotive”.
Si vedrà.
Tuttavia, a scanso di equivoci la “Fiat ha inoltre confermato la strategia
dell'azienda a investire in Italia, nel momento idoneo,
nello sviluppo di nuovi prodotti per approfittare pienamente
della ripresa del mercato europeo”.
Ecco, in questo blog di cultura del limite, colpisce l’uso di questa originale visione,
specie in politica industriale, del tempo senza un limite, il “momento idoneo”.
Quale? Quando? Forse non era necessario un incontro a così alto livello 
per scoprire il “momento idoneo” secondo Marchionne.
O no?
Severo Laleo


lunedì 17 settembre 2012

“Adesso”, anche il ‘68


La battaglia, alquanto asprigna, e astiosa, contro il ’68,
pur nell'ameno campo berlusconiano dell’amore,
fu, non a caso, meritevolmente, il chiodo fisso dell' ex ministra Gelmini,
ministra dell'istruzione, università e ricerca, mente, quindi, aperta,
senza dubbio, a comprendere sia i segni dei nuovi tempi,  
sia la storia e le sue eredità. E bisogna ammettere, è stata una battaglia
decisiva per il rinnovamento del nostro Paese, ancora attardato
a seguire un’ideologia fuori del tempo e disastrosa.
E con grande soddisfazione, vittoriosa, esclamò:
"La riforma dell’Università è un provvedimento storico,
che archivia definitivamente il '68".
Punto e basta. Discussione chiusa: l’era della modernizzazione della scuola
e della società, con la riscoperta del merito, apriva le finestre al nuovo sole.

Eppure, stranamente, proprio nel centro sinistra, gli scontenti della vittoria 
della ministra Gelmini, continuano a essere in tanti, e delusi,
non contenti dell'ottimo lavoro portato a termine dalla ministra Gelmini
insistono nella battaglia a tutto campo contro il ’68, 
e tra questi anche un aspirante Primo Ministro,
mente, quindi, aperta a comprendere sia la complessità del presente
sia la complessità della storia. E, pur fuori del campo ameno
del berlusconismo della ministra Gelmini, non è contento
di archiviare definitivamente il ’68 in quanto tempo di rivoluzioni, no,
intende rottamare proprio «la generazione del Sessantotto,
che continua a pensare di essere la sola "meglio gioventù"».
Ma non spiega, in verità, a quale generazione intende riferirsi.
Alla generazione dei fondatori di Comunione e Liberazione?
della Comunità di S. Egidio? della Comunità di Bose?
della Comunità di Capodarco? del CEIS di don Mario Picchi?
della Comunità Giovanni XXIII di don Oreste Benzi?
tanto per insistere solo nell’area di provenienza dell’aspirante Primo Ministro.

Un notevole salto di qualità. Forse pericoloso.
O no?
Severo Laleo



P.S. Per dare un’idea ai giovani di oggi, rottamatori e non, dei giovani del ’68,
ribelli e insieme nuovi profeti di libertà, per tutte e tutti, trascriviamo un brano
tratto dal libro di Capanna, Il sessantotto al futuro, Garzanti, 2008

... Tommy Smith... alle Olimpiadi... di Città del Messico... atleta nero statunitense, il 16 Ottobre 1968, vince l’oro dei 200 metri con il record di 19”,83. Eccezionale: saranno necessari undici anni prima che Pietro Mennea riesca a superarlo. Quando è il momento della premiazione, Smith, insieme al connazionale John Carlos, anch’egli nero, giunto terzo, dà vita a uno dei momenti simbolici più intensi del Sessantotto.
Salgono sul podio scalzi e, mentre si levano le note dell’inno nazionale e la bandiera a stelle e strisce sale sul pennone, tengono il capo chino e alzano il pugno chiuso guantato di nero, emblema del Black Power (movimento politico di lotta per i diritti dei neri).
La foto che li ritrae in quella postura fa letteralmente il giro del mondo. Per il governo americano è una catastrofe di immagine. I due atleti, va da sé, furono cacciati immediatamente dall’Olimpiade, accompagnati dalla sinistra predizione [del responsabile] della delegazione americana: Se ne pentiranno per il resto della loro vita.
Mai, non me ne pentii mai, ha dichiarato Smith tre decenni dopo. Ecco, così ragiona un uomo.

giovedì 13 settembre 2012

Le parole “nuove”di Renzi e il vizio dell’antipolitica




Se Renzi, anche con quel suo invito ai delusi di Berlusconi
di accucciarsi “Adesso”, le primarie vincesse nell’area del centrosinistra,
chiara sarebbe la conclusione, culturale e politica, per il nostro Paese:
il berlusconismo, pur chiusa ogni speranza di rivivere a destra
(Alfano non è Renzi), continuerebbe a vivere nel centrosinistra,
tentando una sua rinascita, nel “nuovo”, tra i giovani;
e non sarebbe più il tratto distintivo solo di una parte, la destra,
ma l’epifania del profondo sostrato culturale di un intero Paese,
punto estremo di un percorso antipolitico
dal quale le prossime generazioni dovranno partire
per costruire un nuovo paese, di uomini e donne,
finalmente civile, libero, moderno, europeo.
Ma non gli sarà facile: anche l’Italia, alla fine, è divisa in due!
Il nostro Paese è nel pantano dell’antipolitica da molti, troppi anni.
Il berlusconismo ha esteso il territorio dell’antipolitica,
inventando il carisma del “capo” e il dominio del leader,
contro le fatiche, a volte estenuanti, della mediazione politica,
trascinando nel vortice del gioco dei leader
ogni altra formazione politica, a destra e a sinistra
(ad onor del vero, Bersani ha sempre rifiutato i riti da leader).
E Renzi, con la sua energia del fare, con la sua “furbizia di fiorentino
 ben si colloca dentro questo vortice, con la sua “modernità”,
con il suo “potere di sfondamento”, almeno a sentir Giuliano Ferrara,
con la sua capacità di “domare - sa usare le parole Ferrara -
lo spirito ideologico vuoto che questo paese ha ereditato dagli anni Settanta”.
Per questo l’Italia non è ancora riuscita a trovare
una sua dimensione di paese civile, democraticamente affidabile,
in Europa e nel mondo, se si esclude la parentesi, non a caso,
del tecnico Monti, proprio per la sua facile propensione
a cadere nel populismo. Vizio antico e sempre in agguato.
Il berlusconismo è ancora nelle viscere degli italiani,
se il sindaco Emiliano del Pd giustifica il suo pesce di Natale
nella vasca da bagno con il cattivo esempio delle pratiche berlusconiane,
se Renzi, tra i tanti linguaggi possibili per parlare agli italiani,
sceglie proprio la tecnica retorica del Silvio.
Quando Berlusconi scese “in campo” conquistò da subito molti voti,
presentandosi come il “nuovo” contro i vecchi arnesi della politica,
e invitò a rottamare la politica dei partiti e il suo “teatrino”,
scegliendo il suo bersaglio fisso con il tormentone contro i “comunisti”.
Renzi non è da meno: scelto il suo bersaglio fisso, i vecchi arnesi del Pd,
guarda caso anche già “comunisti”, si offre “nuovo” alla curva dei tifosi,
pronto a “tirare” il suo calcio di rigore, perché “se si va all’attacco si vince”.
Ed è, in entrambi, questa lotta contro il “vecchio” a spronare fortemente,
e facilmente, all’acclamazione. E a definire senza profondità il “nuovo”.
Berlusconi per vincere inventò il “Sogno”, Renzi, e i suoi sostenitori,
sapendo di poter contare su un elettorato ancora pronto a seguir partite,
canti di vittoria, calci di rigore, inventano, per emozionare, il “Futuro”.
Berlusconi aprì l’epopea delle mille “Libertà”, lasciando spazio a tutto,
Renzi propone la barriera del “Merito” per restringere il campo dei fortunati.
Futuro, Europa e Merito sembrano anche la sintesi ideale per acchiappar voti
in ogni area, trasversalmente: con il “Futuro”, già sogno di Berlusconi,
l’area del centrodestra, con l’”Europa”, ancora oggi traguardo del Centro,
l’area dei cattolici moderati, con il “Merito”, già parola d’ordine
del Riformismo Socialista, l’area moderna del liberalismo.
Tutti dentro, tranne la sinistra, tanto la sinistra non vuole governare.
O no?
Severo Laleo

P.S.
Da Alfano giunge definitivo il sigillo all’incontrastata vittoria dell’antipolitica
nella visione nei “nuovi” giovani leader. Dichiara l’intercambiabile Alfano
senza pudore:Renzi dice cose talmente simili alle nostre e talmente irrealizzabili
nel suo campo (dove ci sono i nipotini di chi viene dal Pci – toh, torna il tormentone
contro i “comunisti”!- che se non vince le primarie finirà per votare per noi".

martedì 11 settembre 2012

Alex Langer: la rivoluzione mite


Adriano Sofri pubblica oggi su “la Repubblica” un articolo, 
come dire, amico, per ricordare Alex Langer. 
Non può non essergli grata ogni persona 
convinta di dover provare sempre a riparare il mondo". 
E noi tra queste, alla ricerca ingenua di una definizione di limite 
da opporre all’infinito processo della triade 
più veloce/più alto/più forte”, emblema della nostra civiltà.
Ecco, quindi, il link al suo articolo.




Un leader giovane (forse) e nuovo (forse) del Pd e il senso del limite




Leggo da un’agenzia Asca le ultime dichiarazioni di Renzi,
uomo del PD, lettore obbligato della sua “Carta di Intenti”,
lanciate per conquistare nelle primarie il voto di un’ascoltatrice
di “Radio Toscana”. Eccole nell’ordine, con un crescendo,

dalla profondità dell’analisi storica

''In un momento nel quale i dirigenti nazionali hanno fatto vedere
quello che sapevano fare, secondo me molto meno di quello che potevano fare,
ora tocca ai sindaci esprimere una qualità e una competenza
totalmente diversa''

alla visione profetica di un futuro da “mettere in piedi

Noi pensiamo che il futuro non sia una minaccia ma una opportunità.
La classe dirigente attuale e' andata avanti per anni a rimandare i problemi: il debito? L'Ilva? Il Sulcis? Ci penseranno quelli che verranno dopo. Noi invece pensiamo che il futuro vada messo in piedi ora''

al coraggio politico di “radere al suolo” la burocrazia

''Noi sindaci siamo in condizione di conoscere come la burocrazia deve essere cambiata o, in alcuni casi, rasa al suolo''

all’alta qualità, senza pari, della motivazione per “mettersi in gioco

''Io avrei tutto l'interesse a stare fermo e buono, ma e' il momento di mettersi in gioco e di tirare il nostro calcio di rigore. Noi siamo capaci di rischiare''

alla definitiva presa di coscienza, civile questa volta, del senso dellarottamazione

''Non vogliamo rottamare le carriere, anche se visto che sono stati 20 anni in Parlamento e hanno fallito una riflessioncina andrebbe fatta, ma vogliamo rottamare le idee''

I giovani, a ben ragione, sono stufi della “vecchia” classe politica,
hanno diritto a rottamare i “vecchi” (basterebbero civili regole statutarie),
ma rinunciare alla severità del discorso politico è pericoloso
ed è già roba di nuovi giovani e nuovi vecchi dal vizio antico.
Il solo da rottamare.
O no?
Severo Laleo

domenica 9 settembre 2012

Il campo di calcio e la partita. Dal 1994, un’unica retorica, facile, da tifo e … maschile



Apre Berlusconi, nel 1994, con la solenne dichiarazione:
“Ho scelto di scendere in campo … ho deciso di scendere in campo …”,
con un recitativo serioso di impegno.
E  gioca la sua partita, raccattando tutto il possibile, contro le sinistre,
i  c o m u n i s t i,
e inventa “Forza Italia”, per aggregare gli appetiti dei “servi liberi”,
e sistemare al meglio i suoi personali interessi (almeno è legittimo il sospetto).
E al “popolo” solo promesse ambigue.
Mai un serio discorso di civiltà per le nuove generazioni 
(giustizia sociale e diritti umani).

Continua, oggi, Renzi, più esplicito, ed estremo,
"Abbiamo da giocare la nostra partita, da tirare il nostro calcio di rigore
E lo tireremo".
Un’ode al coraggio di gioco.
E gioca appunto la sua partita, rastrellando tutte le proteste, contro la sinistra,
i  b e r s a n i a n i,
e inventa la “Rottamazione”, per aggregare nuovi appetiti,
e spingere in alto le sue personali ambizioni (almeno è legittimo il sospetto).
E al “popolo” un fiume di scoppiettanti novità, spesso cento.
Mai un serio discorso di civiltà per le nuove generazioni 
(giustizia sociale e diritti umani).

E, purtroppo, anche Sel, più narrativa e incerta, informa:
“Siamo in campo. Abbiamo riaperto molte partite che sembravano chiuse”.

Forse, per una democrazia civile, è il caso di lasciare campo e partite.
E senza dubbio evitare di giocarsi tutto ai rigori.
O no?
Severo Laleo

giovedì 6 settembre 2012

Se si capisse che c’è più bisogno di democrazia che di leader...




L’ex sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, di sé sempre sicuro,
nella trasmissione “La Zanzara”su Radio24, 
esprime nei confronti di Bersani un suo giudizio critico. Questo:

“Conosco Bersani da quando avevamo i calzoni corti, 
non è un grande leader, non ha un carisma,
ma ha più competenze e capacità di mediazione di Renzi”.

E meno male!

Eppure, in un paese di leader e leaderini, vecchi e nuovi, spesso esaltati,
da Berlusconi a Casini, da Grillo a Vendola,
da Di Pietro a Fini, da Renzi a Bossi,
dire di Bersani che non è un grande leader,
che non ha carisma, è quasi un complimento,
anzi un invito sottile a una preferenza nella battaglia delle primarie.

Si è stufi, e non da ora, caro Cacciari, di leader e leaderini,
tutti uguali, tutti "capi" e tutti maschi prepotenti.
Non se ne può più!
Se finalmente si capisse, in questo Paese, a destra e a sinistra,
che c’è più bisogno di democrazia regolata e partecipata
che di leader, con o senza carisma,
che c'è più bisogno di "organizzatori" di democrazia di persone 
che di consenso di "popolo",
che c'è più bisogno, nelle sedi di decisioni, di parità di uomini e donne
che di maschi soli al comando,
forse qualcosa potrebbe pur cambiare.
O no?
Severo Laleo

sabato 30 giugno 2012

IL FLI è pronto per il fifty fifty



Quando si porrà finalmente un "limite" al dominio maschile, in politica,
con regole semplici e trasparenti?
Il FLI è il primo partito, ora, a provarci con una proposta chiara, 
e appunto semplice. Ha promesso, nel merito, Fini: "Garantiamo che il 50 
per cento dei candidati nelle liste siano donnesenza quote. 
Candidati e candidate siano in numero pari".
E anticipa, su questo tema, una sinistra timida e indecisa. E apre una strada, 
almeno pare, per il bicratismo perfetto. Nei partiti e nelle istituzioni.
Sì, perché non basta candidare donne e uomini in numero pari,
è necessario anche garantire la presenza di uomini e donne. alla pari,
nelle istituzioni, con un'altra semplice regola. Ancora da scrivere.
Eppure, se ci si siede intorno al grande tavolo del mondo, a colpo d’occhio,
uomini e donne sarebbero divisi perfettamente a metà o quasi,
senza stare troppo a contare a uno a una.
E se si entra in una qualunque classe di scuola, almeno nella nostra Europa,
noi già vediamo, tra i banchi, piccoli uomini e piccole donne, in pari numero,
o quasi, perché, è universalmente noto, in una classe “mista”,
con pari, o quasi, presenza di uomini e donne, tutti lavorano al meglio.
E si sta meglio. E per tutti è un’esperienza di fondo per aperte relazioni.
Anche per il futuro di adulte/i. Sempre insieme, senza esclusioni.
Ma appena i tavoli diventano negoziali, di governo, di decisione,
la presenza delle donne è casuale, facoltativa, opzionale;
e appena i banchi diventano istituzionali, di amministrazione,
la presenza delle donne, se va bene, è “quotata”, al minimo.
Ora, se si vuole aprire una via possibile al cambiamento della società,
nella direzione dell’estensione della democrazia e della trasparenza,
e soprattutto della formazione di una decisione pubblica
non più condizionata/dominata da una cultura di genere maschile,
in tutti gli “organismi” di natura decisoria di pubblica (e non solo) utilità,
la presenza uomo/donna non può non essere pari.
O no?
Severo Laleo