venerdì 24 aprile 2020

Promemoria coronavirus: 5. il capo politico del M5S

Lettera aperta al M5S: i tempi duri aprano a soluzioni nuove.

Nella motivazione del rinvio dell'elezione del "capo politico" del M5S
il riferimento all'attuale situazione emergenziale è chiarissimo (e giusto).
Ecco il testo: "Stiamo attraversando un momento di emergenza sanitaria, 
sociale ed economica senza precedenti e tutte le nostre forze devono 
essere concentrate nell'unico obiettivo di accompagnare questo paese 
a rialzarsi, e per fare questo serve compattezza e unità di intenti. ... 
Il comitato ha ritenuto opportuno rinviare le elezioni del nuovo capo politico 
ad un momento successivo e su questo ha richiesto una interpretazione 
autentica al garante del MoVimento, Beppe Grillo, il quale ha ribadito 
che non solo è ammissibile, ma indispensabile, alla luce della eccezionale 
condizione in cui sta versando il paese, che si attenda la normalizzazione 
della situazione prima di procedere all'indizione della elezione 
del nuovo capo politico”.
Se è giusto attendere la normalizzazione, è forse giusto continuare domani
senza cambiamenti? Di qui il senso di questa proposta.
La pandemia ha svelato situazioni contraddittorie: da una parte,
a livello di istituzioni, in più cabine di regia, è completamente assente l'opera
e la visione femminile dei problemi, dall'altra, nella società, l'opera
e la visione femminile dell'agire è di gran lunga la più presente.
Scrive la senatrice Valeria Valente: "il lavoro delle donne sta sorreggendo 
il sistema Italia. I due terzi delle donne occupate, 6 milioni 440 mila 
su 9 milioni 872 mila, stanno continuando a prestare la propria opera 
perché impegnate in settori strategici, come il Sistema sanitario nazionale 
(dove i 2/3 sono donne) e la cura domiciliare di anziani non autosufficienti, 
la scuola, la vendita di alimenti, i servizi bancari e assicurativi, 
i servizi nella PA. ... L’Italia scopre in questo momento l’importanza 
e il valore del lavoro e del contributo delle donne alla lotta 
contro il Coronavirus, sia nelle famiglie che nella società."

Se questa è la fotografia del nostro paese in questa emergenza sanitaria, 
sociale ed economica, non è forse venuto il tempo di eleggere non più
il vecchio unico "capo politico", ma insieme una donna e un uomo, una coppia,
con il compito di esercitare una guida duale?
C'è un pensiero femminile (scrive Livia Turco: "Ci sono pensieri e categorie 
politiche elaborate dalle donne nel corso del tempo che sono cruciali 
per misurarsi con le sfide di oggi: coscienza del limite; tempi di vita 
e tempi di lavoro; il no alla mercificazione dei corpi...") da rappresentare,
ormai è necessario, nelle sedi alte delle decisioni politiche.
La guida duale elabora, prima della decisione, una mappa più ampia
sia delle possibili problematiche sia delle molteplici strategie di soluzione.
Man or woman, you need both masculine and feminine traits to thrive 
in today's world” (The Athena Doctrine).
O no?
Severo Laleo

mercoledì 22 aprile 2020

Promemoria coronavirus: 4. le donne


Erano tempi di primavera anche sette anni fa,
quando, per trovare una via d’uscita alle difficoltà sorte
nella formazione di un nuovo Governo dopo le politiche 2013,
il Presidente Napolitano nominò una commissione
(con l’esclusione di esperti provenienti dal M5S) di dieci saggi
(si fa per dire!) per elaborare un programma di riforme
a livello istituzionale ed economico.
Una commissione, appunto, propriamente di dieci saggi,
cioè di dieci maschietti, senza l’ombra di una saggia!
E già allora non mancarono le critiche alla scelta maschilista
del Presidente della Repubblica.

Nella primavera di quest’anno, per trovare una via d’uscita 
alle difficoltà di gestione dell’emergenza coronavirus, sono 
all'opera due Comitati; nel Comitato Tecnico Scientifico, 
zeppo di ben venti esperti di ogni utile settore, la presenza 
delle donne è uguale a zero. Zero!
E nel Comitato di Esperti (Task Force) per la Fase 2, 
sotto la guida, per un caso, di un uomo, Vittorio Colao, figurano 
quattro donne su diciassette. 4/17!

Un progresso rispetto ai Dieci Saggi e al Comitato Tecnico 
Scientifico. Chiaramente anche questa volta non sono 
mancate le critiche, da tante parti. Anche la Bonino
che è a suo modo per la meritocrazia* contro le quote rosa, 
ha dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera:
In Italia la parità di genere esiste solo il sabato e alla domenica 
nei convegni. Poi dal lunedì chi ha il potere reinserisce 
il pilota automatico e sceglie gli uomini che conosce, 
di cui è amico, che gli girano intorno”. Proprio così.
E invoca: "Dateci voce".
Chiaro. D’accordo. Ma non si può sempre stare a chiedere, 
molto spesso al solito maschio al Potere, di tener presenti 
le donne. Non se ne può più.
Uomini e donne pari sono, di numero e per ogni altra dote umana,
nel bene e nel male. Quando si tratta di nominare Comitati
stabilisca la legge, una volta per tutte, la presenza pari 
di uomini e donne. 
La soluzione è facile e sarà senza dubbio all'unanimità o quasi:
forse qualche maschilista in giro ancora c’è.
O no?
Severo Laleo


*P.S. A proposito di meritocrazia vorrei riportare questo brano 
tratto dal libro della Gruber, “Basta!”, è da attribuire 
a Criado PerezIn tutto il mondo, nella maggioranza 
delle decisioni di assunzione, la meritocrazia è un mito. 
Serve a coprire il pregiudizio positivo che avvantaggia 
i maschi bianchi.”


lunedì 20 aprile 2020

“Basta!”: anche la Gruber non giunge al bicratismo





Caro Scapece,
e chi avrebbe mai potuto immaginare una simile situazione
(speriamo non duratura)! E per colpa di un virus!
Chiusi entrambi in due città del mediterraneo per antonomasia aperte,
con il loro mare e con i loro porti, sicuri e accoglienti, per millenaria storia,
con i loro odori inconfondibili e avvolgenti (smog permettendo).
E con i loro rumori di fondo continui, tra i movimenti di lavoro
e il vociare disordinato e straordinariamente musicale.
Dov'è ora l’ammuina? Ingoiata nel deserto del Rettifilo!
E deserta è anche la Canabière, privata del suo via vai multicolore,
corposamente mediterraneo. Ma non la vedrò per ora,
dovrò accontentarmi di scendere in Boulevard Chave
e seguire sognando il timido e gentile suo amico tram.
Ora il faut rispettare le misure, per tornare domani a respirare all'aperto,
a mare, appena possibile. Va bene! E’ per il bene di tutti!
Le regole sono da rispettare, ma fuori di qui qualche sindaco è andato
oltre il senso comune: concede un’uscita di casa a non più di 10 metri
dall'abitazione. 10 metri! E se il cassonetto dell’immondizia è a 50 metri?
Mah! Per salvare il corpo non bisogna perdere la ragione. O no?
Senti, vorrei parlarti del libro della Gruber, Basta! letto in verità già da tempo,
ma solo ora riesco a raccogliere gli appunti sparsi, registrati durante
la lettura. Scusami quindi se sarò disordinato.
Il titolo è gridato, oltre la misura sempre mostrata da Gruber:
Il potere delle donne contro la politica del testosterone BASTA!
Un libro letto con piacere, chiaro e diretto (p. 20: una ciurma di maschi
sbracati sta imperversando nelle stanze dei bottoni da troppo tempo,
in tutto il mondo. Seminano violenza, alimentano le paranoie
di una minoranza, ignorano i bisogni della maggioranza,
inseguono il miraggio di un potere assoluto quanto sterile.
In Italia abbiamo avuto come vicepremier uno dei più pittoreschi,
non credo il più pericoloso.”), con una tesi precisa
e un invito secco: “Spero che i capi-partito...facciamo come
Ursula von der Leyen, costruendo squadre fifty-fifty.
Mettendo la parità finalmente al primo posto dei loro programmi
e le donne nelle posizioni <<sicure>> delle liste”.
E qui Gruber cade. Si rivolge ai capi-partito maschi perché aprano
al fifty-fifty, alla parità, a posti sicuri nelle liste. Un’invocazione,
una preghiera del tutto fuori luogo, specie in questo libro;
la parità non può essere una concessione octroyée, ma semplicemente
una legge di Stato. Eppure Gruber più volte tocca il tema dell’importanza
della compresenza/collaborazione uomo/donna, da una parte sa
che la guerra tra i sessi è inutile (p. 85: “nel migliore dei mondi possibili
non servirebbe la guerra. Si può vincere tutti insieme.), dall'altra
racconta del vantaggio, ben misurabile in termini di concorrenza
tra aziende, della maggiore diversità di genere (v. p. 85).
E su questo si leggano ancora (pp. 103/04): l’articolo pubblicato su Le Monde
a cura di importanti organizzazioni femministe, l'intervento battagliero,
sempre su Le Monde, di Emma Thompson, e il commento di Criado Perez
sulla meritocrazia. Illuminanti. Speriamo, continua Gruber, nella determinazione 
delle over 60 (p. 114)! Le giovani di oggi sono più male-friendly,
ma quando è necessario bisogna lottare (p. 115), perché “nessun uomo 
sa essere femminista quanto una donna. Nemmeno Jacques”!
D’accordo, anche se Jacques, il suo compagno, si rifà, recupera cioè,
a p. 123, con una specie di esplosione, quando difende con calore la candidatura
di una Presidente(ssa) per gli Stati Uniti.

La sua vis polemica colpisce a fondo il bersaglio maschio alfa,
ti vien voglia di dire: “brava, ben detto!”, ma preferisco Gruber analista,
proiettata nel futuro: “la battaglia per i diritti femminili si inquadra
in una guerra più ampia che è quella di una miglior distribuzione
della ricchezza e delle opportunità. La battaglia per la dignità femminile
si intreccia con quella contro la speculazione e la corruzione,
che sono le due malattie fatali del nostro tempo [non solo, via!]
e delle nostre democrazie. Di ineguaglianza si muore e se ai padroni
del mondo la cosa non interessa è tempo che cambino idea.
O meglio, è tempo di un bel ricambio ai vertici.
Son gradevoli anche gli intermezzi, mai fuori contesto, quali i riferimenti
alla sua biografia e il chiamare in causa amorevolmente il suo compagno.


Ma l’ottima Gruber si ferma purtroppo alle raccomandazioni, grida “Basta!”,
ma non tocca la struttura maschilista del potere, tutta costruita, nell’atavico
duello tra maschi, e sul suo esito storico, il monocratismo.
Eppure, se nel saggio The Athena Doctrine si legge di un 81%
di intervistate/i d’accordo su questa affermazione
(ho trovato nel web la slide): “Man or woman,
you need both masculine and feminine traits to thrive in today's world”,
un qualche timido spiraglio si sarebbe potuto cogliere per la realizzazione
O no?
Stammi bene, Scapece, e, nell’attesa di una passeggiata insieme a Mergellina,
sempre buone cose.
Severo

domenica 19 aprile 2020

Michele Serra e la scoperta del limite




Pare che il coronavirus sia riuscito a trascinare
la parola “limite”, e il suo significato, fuori dal ghetto
dell’impopolarità per lanciarla nel dibattito di oggi.
Almeno questo scrive, e vale la pena riportare tutto il brano,
Serra nella sua rubrica su la Repubblica:
Il concetto di limite dovrà essere riesumato dal sarcofago
[esagerato!] nel quale è stato rinchiuso molto tempo fa.
E’ un concetto impopolare, tipicamente di minoranza,
maneggiato con estenuata tenacia da conventicole ambientaliste,
autorevoli scocciatori come il club di Roma, studiosi molto
meno ascoltati di quanto sia oggi il più scarso dei virologi
e spesso di essere tacciati di menagramo. Di qui in poi,
per forze di cose, “limite” diventerà un concetto pop.”

Grazie Michele, la tua saggezza oggi appare confortante.
In verità, oltre alle conventicole ambientaliste e a qualche
menagramo, l’idea di limite è stata coltivata sin dall’antichità.
Scrivono per esempio nel loro manifesto les convivialistes:
de tous temps penseurs, sages ou philosophes, ont cherché
les moyens à s'opposer à la démesure (hybris)”.
Eppure, più recentemente, e a prescindere appunto dal coronavirus,
Bodei, il filosofo, aveva già indicato l’opportunità di praticare
Dispiace, quindi, ma non è mai troppo tardi, dare il merito
al coronavirus.
O no?
Severo Laleo

sabato 11 aprile 2020

Promemoria coronavirus: 3. le tasse




Qualcuno tra i deputati del Pd, anzi il capogruppo alla Camera, Del Rio,
ha proposto, al fine di raccogliere fondi a favore delle famiglie più bisognose,
un contributo di solidarietà da versarsi, secondo criteri di progressività,
da parte di chi ha un reddito annuo superiore a 80.000 euro.
In breve, per un periodo limitato a due anni, un atto di solidarietà
da parte di chi non ha bisogno nei confronti di chi ha tanto bisogno.
Proposta semplice, chiara, onesta, sensata, socialmente utile a rinvigorire
il sentimento dell’unità di patria. Qui, con corretta completezza, la notizia.

Apriti cielo.
Per Italia Viva è “una follia”, proprio così, una follia; per il M5Snon esiste”,
per Contenon se ne parla”. E questa è la maggioranza!
Anche nel Pd i soliti distinguo, ma almeno in ambito dialogico.
Le opposizioni si trovano a proprio agio sull'argomento,
dimostrando tutta la cecità di una visione dogmatica, senza eccezioni.
Prigionieri di un'ideologia fuori misura.
Ascoltiamo qualche campione della difesa dell’intoccabile reddito alto.
Taiani: “La patrimoniale [e non è una patrimoniale: ma, si sa, la parola
fa paura al popolo italiano!] è inaccettabile. Ci opporremo con tutte
le nostre forze [esagerato: solo per salvare degli spiccioli ai benestanti?]
ad ogni tentativo di mettere le mani nelle tasche e nei conti degli italiani.
Il governo deve dare non togliere ai cittadini. Non c'è bisogno
di un nuovo sceriffo di Nottingham”. Testuale!
Salvini, con l’abituale sua eleganza, grida accorato il suo: “Sono matti. 
Li fermeremo!” E già, prima gli italiani, specie se abbienti.
Il colpo di grazia è assestato da Meloni: “Per noi la patrimoniale [e dagli!]
è un furto e lo impediremo con ogni mezzo.” Evviva!

Esiste nel nostro bel Paese un riflesso condizionato quando si parla di tasse,
se persino una condizione di emergenza di così dolorosa gravità
non riesce a spingere la nostra classe politica, tutta, a disegnare strategie
di solidarietà. Niente. Gli occhi della ragione sono chiusi.
La risposta è sempre uguale: guai a toccare chi ha di più.

Eppure la società civile offre un altro spettacolo: volontarie e volontari
disponibili fino all'ammirazione in attività di solidarietà (danno sé stesse/i); 
tante altre persone pronte a rispondere all'invito di versare un contributo 
per la Protezione Civile (ognuna/o dona secondo il proprio reddito); 
infine tante/i donne e uomini (soprattutto donne, in questa emergenza) 
con turni faticosi e pesanti continuano a prestare un’opera fondamentale 
per garantire a tutta la popolazione, con alti e bassi redditi, i beni essenziali, 
e molto spesso con salari penosi.
Ma, si sa, la società civile, con le riserve del caso, dimostra di essere più avanti
del ceto politico. E, al di là del contributo di solidarietà di oggi,
attenderà indignata una riforma fiscale per una più equa, ben calibrata,
distribuzione della ricchezza. E, sono convinto, molte tra le persone 
con più di 80.000 euro di reddito sarebbero ben disposte a partecipare
a un fondo di solidarietà. Ah, se si potesse lanciare una petizione!

La civiltà di un paese libero e democratico, rispettoso della dignità
di ogni persona, a partire dalla tutela del suo benessere fisico, si misura
sulla contribuzione, ciascuno secondo il proprio reddito, alle spese generali
dell’intero sistema statale, utile a tutti senza distinzioni di classe.

Per ora forse c’è da vergognarsi di tanta cocciutaggine di gran parte
dei nostri rappresentanti in Parlamento nel salvare i redditi alti
(spesso alti, complice un’evasione fiscale tollerata).

O no?
Severo Laleo


martedì 7 aprile 2020

Promemoria coronavirus: 2. la scuola




Oggi, nel giorno di San Giovanni Battista de La Salle, teologo francese
morto nel 1719, e con buone pratiche educative al suo attivo,
leggo su Huffington Post un articolo di Fulvio Abbate con la parola
scuola nel titolo. In verità, t’accorgi subito, si parla d’altro.
La prosa del nostro Abbate è spesso gradevole, ti immerge,
ancora assonnato, in una ciotola di brulicante muesli, e tiene,
almeno in questo caso, a non scivolare, a suo modo, lungo il crinale
del lieve dileggio, ma il suo dire appare completamente
inutile e fuori posto: in una situazione di emergenza qual è l’attuale,
la sua analisi è tutta centrata sulla figura della ministra (un antico
maschilismo svolge bene il suo compitino!) e per niente sui problemi
della scuola. Il nostro buon Abbate gioca con le parole,
sente pur il bisogno di citare la docimologia, ma il suo intento
è di accusare di “scena mutal’insegnante Azzolina.
Caro il nostro Abbate, oggi abbiamo tutti bisogno di parole pesanti,
di parole da lanciare nelle relazioni sociali, ciascuno dal suo
confinement, per un solo scopo, per contribuire a trovare soluzioni.
Le usi, e costruiremo insieme una sovranità conviviale!
La ministra Azzolina, avendo dalla sua, da insegnante, le qualità
dell’ascolto, della prudenza e della pazienza, saprà svolgere il suo compito
al meglio e al momento opportuno. In ogni caso nessuno perderà
il diritto di critica. Per ora scena muta” e “boh”, per usare
i creativi termini dell’Abbate, non sono compagni dell’arroganza.
La pandemia ha costretto tutti a fare i conti con il sistema scuola,
e soprattutto con la didattica e la valutazione.
Si potrà finalmente riflettere sul superamento definitivo della didattica 
tradizionale, tutta centrata sul trinomio lezione-interrogaziome-voto 
in un luogo chiuso, a volte angusto e non sicuro, tra banchi e cattedra?
Si potrà finalmente pensare a una scuola dove ogni minore abbia 
la possibilità di apprendere il proprio sapere e agire libero
senza il condizionamento della valutazione e del merito?
Più chiaramente: la scuola, nel rispetto della singolarità di ogni persona 
discente, deve poter usare tutte le strategie possibili, con impiego largo 
di risorse strumentali e umane, perché il successo scolastico sia per tutti.
E non serve certo un 6 politico per scavalcare la classe e andare avanti.
E non è utile a nessuno un passaggio burocratico da una classe all’altra,
complice una falsa, contrattata, ipocrita, pagella/esame.
Per una società migliore, è necessaria la promozione reale 
di tutte le persone in età di apprendimento, tutte, e la scuola per questo motivo 
è chiamata a offrire a ciascuno secondo i propri limiti e le proprie attitudini
il cammino della “promozione”.
O no?
Severo Laleo

Promemoria coronavirus: 1. il carcere




Oggi, nel giorno di S. Guglielmo, abate danese morto nel 1067, Papa Francesco
prega per i detenuti (e le detenute) e invita le autorità responsabili a trovare
"una strada giusta e creativa" per il superamento del problema 
del sovraffollamento nelle carceri.
La preoccupazione del Papa, note da tempo le pesanti condizioni di vita, 
soprattutto per carenza di spazi, all’interno delle carceri, è oggi più forte 
in presenza di questa temibile pandemia. La sua preghiera, in questo caso laica, 
è rivolta a chi deve prendere decisioni perché si eviti una calamità grave.
E di quale portata è immaginabile.
La pandemia quindi spinge a trovare soluzioni razionali, corrette, ponderate 
(giuste)ma anche creative.
Riflettiamo un attimo. Ma davvero nel terzo millennio è ancora possibile 
sostenere la necessità della galera, della cella, del chiudere persone a chiave, 
cancellate dietro cancellate, per ogni tipo di pena?
Possibile non si riesca a creare, anche con i nuovi strumenti di avanzate 
tecnologie, un sistema di vigilanza diverso dalle “celle scure”?
E’ tanto difficile immaginare, persona per persona, un “patto di pena” 
da svolgersi all’interno di spazi definiti, ma senza reclusione continua?
In questo periodo di obbligate sperimentazioni basterebbe aprire colloqui 
speciali con ogni persona detenuta e fissare, attraverso appunto 
un “patto di pena”, valutando ogni singolo caso, per qualcuna/o 
una riduzione della pena, per qualche altra/o una sospensione della pena, 
per altre/i ancora una sistemazione presso altre sedi esterne.
Il decisore politico avrebbe così la possibilità di superare il sovraffollamento 
con rapide misure di necessario “distanziamento”.
Siano dunque creativi e svelti i consiglieri e gli esperti del Ministero.
E tuttavia definire i limiti della pena detentiva e creare strategie nuove 
di pena rieducativa sarà il tema del dopo Covid-19.
O no?
Severo Laleo

sabato 14 marzo 2020

I “maschi” Johnson e Trump e Ursula von der Leyen





Nei momenti difficili a volte si riescono a capire meglio, con più cognizione 
di causa, i comportamenti degli umani e le idee/ragioni sottostanti, 
e, chissà, tutto questo forse servirà anche a costruire un futuro migliore. 
Almeno si spera.
Il coronavirus viene oggi a offrire agli umani questa possibilità.

Il caso Johnson.
Molte famiglie perderanno i loro cari prima del tempo.”
Abituatevi a perdere i vostri cari.”
Queste parole, e soprattutto quel dire “i vostri cari”, da una parte segnano
stupidamente l’incolmabile distanza tra il potere (Johnson sa di avere 
per sé tutte le cure possibili) e i cittadini (poveri mortali),
dall’altra affermano l’impotenza vile di un’ideologia politica ancora fondata
su un darwinismo sociale moderno, aggiornato, ma sempre determinato
nel lasciare solo ai forti vita e spazio.
Le parole di Boris Johnson appaiono, almeno a chi intende 
seguire/praticare la cultura dei diritti umani, di una gravità eccezionale.
E per noi in Italia, irricevibili.
Eppure ancora più gravi sono, perché rivelano anche un’insospettabile
ignoranza scientifica; infatti il “maschio” Boris, che dicono essere uomo 
colto, quasi un umanista, sembra volersi affidare fatalmente al corso 
naturale delle cose senza intervenire per modificare quel corso.
Non sarebbe forse suo dovere di primo responsabile politico
di un paese provare, per tutelare la salute di tutte le persone, 
senza distinzioni, a investire tutti i soldi disponibili per estendere le cure,
approfondire la ricerca, cercare/provare nuove terapie e vaccino? Mah!

Il caso Trump.
Di quest’altro capo “maschio” basta riportare una sola affermazione 
per capire tutto il suo mondo, la sua ostinazione nel manipolare la realtà, 
la sua assenza totale di empatia, anche se, temendo per la sua rielezione, 
sgancia soldi (e menomale!). Per Trump, businessman nazionalista 
e spaccone, il coronavirus è solo un “virus straniero”! Bastano i muri. Mah!

Il caso Ursula von der Leyen.
"Siamo pronti ad aiutare l'Italia con tutto quello di cui ha bisogno...
a sostenere tutto quello che chiederà.”
"Gli Stati si assumano le proprie responsabilità e prendano misure
per rallentare il contagio."
Ecco, queste invece le parole di una donna pronta a favorire ogni misura
per modificare il corso degli eventi, al di là di ogni restrizione di tipo finanziario.
E sono tanto più importanti le sue parole perché riguardano il nostro paese,
un paese, è vero, non amato per i suoi “sforamenti” continui e lamentevoli,
ma oggi esempio sul campo di gran civiltà per quanto riguarda il funzionamento
del suo sistema sanitario universale.
Le parole di von der Leyen rappresentano forse il minimo sindacale,
ma offrono una risposta sensata, umana, attenta al diritto alla salute
delle persone tutte.
Forse un nuovo umanesimo, non più solo “maschio”, nascerà dal passaggio
di questo nuovo coronavirus.
O no?

Severo Laleo

domenica 8 marzo 2020

Virus e mimose: oltre il rito



Anche quest'anno le mimose lasciamole sugli alberi.
Non è tempo di festa.
E non è tempo neppure di sottolineare l'impegno totale di tantissime donne, in grande maggioranza, nel settore sanitario soprattutto per assistenza, cura, ricerca. E in Cina pare anche per ruoli decisionali ad alto livello.
Al contrario è tempo, di fronte a questa nuova emergenza globale, di riflettere sull'antico, superato, inutile, pericoloso dominio maschile, ancora ampio e incontrastato, a livello globale, nelle sedi delle decisioni politiche.
Per avere un'idea, basta guardare una foto di un un qualsiasi appuntamento internazionale di capi di governo e/o responsabili di ministeri.
Da questo 8 marzo, si adeguino le istituzioni a realizzare a ogni vertice decisionale la parità uomini donne, andando oltre il monocratismo, retaggio indiscusso di una storia maschilista.
Non più "viva le donne", secondo il rito, semel in anno, quasi a consolazione, ma viva uomini e donne insieme alleati per una decisionalità nuova e completa.
O no?
Severo Laleo
 

sabato 11 gennaio 2020

L’abbandono colpevole e i ghetti




Caro Scapece,
ti ho trascurato, lo so, e me ne dispiace, ma conosci le mie ragioni.
Al di là degli impegni continui di nonno e padre, 
durante tutti questi mesi cadenti, a partire da ottobre, molto spesso, 
agli scampoli di tempo per lettura e scrittura, ho preferito la solitudine 
del raccoglimento intimo in lontani ricordi di famiglia.
E se ho letto questo libro è anche perché il libro stesso, tra le mani, 
è stato di compagnia.
E vabbe’! Il libro è “Ghetti” di Goffredo Buccini, uscito all’inizio del 2019, 
per Solferino, e racconta, per trascrivere il sottotitolo, 
L’Italia degli invisibili: la trincea della nuova guerra civile”. 
Vorrei subito dirti di non aver letto questo libro con l’intenzione di seguire 
le polemiche della politica, tra populisti e democratici, (ero troppo distante 
dai rumori dei partiti), di ascoltare le lamentele delle persone coinvolte 
(ero troppo sordo), di discutere le proposte dei tanti avveduti operatori 
di solidarietà sociale (non avevo la lucidità necessaria), di respingere 
con fastidio l’indifferenza dei benpensanti (ma sono stato tentato), 
e infine di trovare qualche risposta, no, niente di tutto questo, 
ho letto questo libro, sebbene l’autore, con determinazione e con analisi 
convincenti, spinga e inviti a capire in profondità il fenomeno 
dell’immigrazione e insieme le solitudini della miseria, a riflettere 
su un tanto penetrante impatto sociale, a non nascondersi, 
ma a prendere sempre posizioni chiare, 
in ogni situazione di disagio estremo, ho letto questo libro, ripeto, 
solo per la grande quantità di informazioni di prima mano raccolte intorno 
a storie di grande dolore e di insopportabile disagio sociale. 
In breve, per un forte bisogno di sapere. 
E vieni così a conoscere la storia terribile di Pamela 
e la terribile storia di Desirée, e vieni così a incontrare, 
anzi quasi a toccar con mano, il disagio pesante, 
figlio dell’abbandono colpevole, a ogni livello, delle istituzioni, 
dei tanti ghetti d’Italia (da Torino a Napoli, da Genova a Roma, 
da Palermo a Ostia). 
Alla fine ne esci sconvolto, e non per il racconto a effetto dell’autore, 
sempre, al contrario, misurato e obbediente al retto dovere di cronaca, 
ma per la crudezza delle situazioni. E ti consoli solo con l’ammirazione 
per le numerose associazioni (solo per esempio qualche citazione: 
Le Onde Onlus, Zen Insieme, Comunità di Sant’Egidio) di volontarie 
e volontari pronte/i a correre in aiuto degli ultimi e degli indifesi.
In sintesi, dopo aver letto Ghetti, capisci subito una cosa: guai per tutti noi 
a lasciar sole le persone che hanno bisogno di sostegno.
O no?
Stammi bene e a presto.
Severo