lunedì 31 luglio 2023

Reddito di cittadinanza: se le persone povere ...

Se fossero i poveri, le persone povere, a mettere in vergognosa fuga questo governo, tanto pronto a schierarsi, in termini fiscali e di impunità, dalla parte di chi ha, quanto ostile e aguzzino si mostra e si comporta nei confronti di chi è fragile e bisognevole di sostegno, per la democrazia sarebbe una gran vittoria di popolo. E una rivoluzione. E sarebbe ora!

Sì, una gran vittoria di popolo, perché con le persone disperate si schiererebbe subito la maggioranza delle persone "perbene". Riprendo volutamente dal passato questo termine, oggi alquanto in disuso, proprio per recuperare una visione/mentalità da prima repubblica, quando anche a destra, e soprattutto a sinistra e a centro, almeno si comprendeva la disgrazia della miseria, e ogni persona perbene, appunto, non aveva animo vendicativo né punitivo nei confronti delle persone povere, come tanta destra di oggi, e non solo, in verità.

Perché disturba tanto il reddito di cittadinanza a destra? Forse perché restituisce una misura di dignità a molte persone disperate. E quindi di libertà. Chi non ha reddito, e spesso si dimentica, troppe volte manca di molto altro. 

L'idea di dignità delle persona, assente a destra e tra i seguaci dell'io e basta, è essenziale per la democrazia e per la sua estensione, almeno tanto quanto la parità piena uomini/donne in ogni luogo di esercizio di democrazia.

O no?

Severo Laleo


sabato 29 luglio 2023

Istituzioni sguaiate 5: i fratelli d'Italia e il reddito di cittadinanza

 A volte la sguaiataggine non è tanto nelle parole dette, quanto nelle parole non dette, dimenticate/assenti per difetto di cultura democratica e difetto di empatia. 

Un importante esponente di FdI, tutto imbrigliato nella polemica politica e culturalmente, socialmente e miserevolmente distante dai problemi reali e gravi di persone in difficoltà economica, difficoltà spesso associata a altre dolorose difficoltà di ogni genere, così si esprime a proposito del reddito di cittadinanza: "Il reddito di cittadinanza, nel tempo si è rivelato una misura assistenzialista, nata con uno scopo demagogico, scritta male, attuata peggio, il che ha comportato enormi danni all’erario". Quanta miserevole perfidia in quel dire "enormi danni all'erario", proveniente da chi accarezza gli evasori! E non basta! Si giunge anche al ridicolo. "Il gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia ritiene sempre più necessaria la costituzione di una commissione parlamentare di inchiesta, limitando la responsabilità a Tridico per non avere consapevolmente attivato i controlli, al fine di non far perdere consenso elettorale e personale ai suoi mandanti". Si noti l'uso del termine "mandanti". Ognuno nella lingua esprime sé stesso!

Non c'è bisogno di aggiungere altro. È la sguaiataggine dell'arroganza del potere. Esponenti con incarichi istituzionali così deprivati del senso del limite e così sprezzanti nei confronti di chi è nel bisogno, non potranno a lungo governare e presto sperimenteranno la fuga per difetto di cultura democratica. 

O no?

Severo Laleo


L’ignoranza di Milan Kundera: nóstos e sesso

 


Caro Scapece,

sai l’altro giorno ho preso in prestito on line, e quindi subito letto,

L’ignoranza di Milan Kundera solo per un suggerimento molto convincente

di un vecchio amico (in verità dire amico è troppo, forse è più giusto

dire compagno di studi all’università).

Vuoi sapere le mie impressioni?

All’inizio sono stato con piacere sorpreso dall’incalzare sinuoso 

della sua scrittura, dalla sua attenzione alle parole, alle lingue, 

alle situazioni esistenziali dei suoi personaggi intrecciate

con le situazioni della storia, e ancora colpito dalle tante domande sospese 

intorno alla vita dei suoi personaggi.

Ho subito anche il fascino della struttura della trama, ben organizzata

per tenere il lettore sempre preso nelle spire dal racconto. 

Per non dire di immagini di grande effetto, penso al “cineasta del subconscio” 

e al suo lavorio, e penso all’”emissaria dei cimiteri”, alle pagine sulla vita 

dell’uomo e della sua durata dalla quale dipende la sua visione,

all’importante presenza della “conversazione” nella coppia

e alle sue conseguenze quando si interrompe; e penso a tante altre interessanti,

ben ordite e ben dette, osservazioni,

qui e là disseminate lungo il racconto, soprattutto gestite da una sorta

di proteiforme scandaglio nei territori della memoria

e delle sue presenze/assenze/orizzonti.

Eppure, sebbene la scrittura riesca a destare la tua attenzione 

e l’abilità narrativa mai stanchi, la conclusione, tutta consumata in due incontri

di sesso anomali, non convince, non soddisfa, appare un gioco facile e leggero, 

evanescente, e inaspettato dopo una partenza sulla potenza del nóstos

la sofferenza dell’esule.

D’accordo, non è mestier di lettore -potresti dirmi- di scegliersi le conclusioni,

ma sarà pur libero il lettore di sentirsi insoddisfatto, o no?

Ecco, a me è successo. E vabbé!

Un abbraccio

Severo

lunedì 24 luglio 2023

Alberto Nunez Feijòo, il popolare dell'anomalia

Mai come questa volta è necessaria, persino in altra terra europea, la consulenza politica del professor Gianfranco Pasquino. Sì, perché il capo del Partito Popolare spagnolo, Alberto Nunez Feijòo, dopo aver vinto le elezioni, sale sul palco e parla con orgoglio alla sua gente osannante e, infervorandosi troppo anche per sé stesso, elenca i risultati del suo successo elettorale, concludendo il discorso, dopo aver citato nome per nome i Capi di Governo precedenti tutti quali vincitori di elezioni, con un'espressione davvero inconsueta (e pericolosa) per un uomo esperto di politica. Ha infatti incautamente esordito sostenendo l'esistenza di un' "anomalia" nel sistema spagnolo, se da vincitore delle elezioni non dovesse poter  governare, e quasi minaccia il Psoe di non ostacolare "il governo della Spagna"!

In breve, se non gli si consente di governare, tutta la Spagna cadrebbe nel disordine più assoluto.

Ma è possibile che si possa ancora confondere, anche tra chi per mestiere dovrebbe conoscere le regole, la vittoria elettorale con il diritto/dovere di governare? Quante volte il professor Pasquino deve ancora insistere, spiegando a noi italiani, e aggiungiamo ora anche agli spagnoli, che a varare i governi sono i parlamenti e non gli elettori, uomini e donne? E che per questo motivo sono tutti e sempre governi politici, perché votati in Parlamento?

(Gratta, gratta e spesso sotto un popolare si nasconde un fautore dell'autoritarismo! Quasi una maledizione.)

Forse il popolo spagnolo è più avanti di questo leader "vincitore", e saprà accogliere, con soddisfazione o con disperazione, l'esito, qualunque esso sia, del parlamento spagnolo 

Se non sarà questo leader, dimentico della Costituzione, a governare, potrebbe benissimo essere il suo rivale socialista Sanchez; alla Camera dei Deputati la decisione.

O no?

Severo Laleo

martedì 18 luglio 2023

Antonino, la Nave Spirituale e la “sirena infernale”

 



Antonino, sant’Antonino, uomo di chiesa, arcivescovo di Firenze (1446-1459)

e fondatore del Convento di San Marco, Pierozzi di cognome,

scrive nel 1450 un opuscolo (un trattatello) “La nave spirituale”,

indirizzato alle “donne di Annalena”, una Malatesta quest’ultima,

Anna Elena, orfana da tenera età, cresciuta in casa di Cosimo dei Medici,

vedova giovanissima di Baldaccio d’Anghiari e madre addolorata

per la morte del suo unico figlio ancora bambino.

E perché Antonino scrive questa Nave? Per conforto e guida

proprio della piccola comunità femminile

(le donne di Annalena, appunto) raccoltasi, per fuggire un mondo

non benevolo, nel Palazzo di Annalena, fuori Porta Romana,

successivamente trasformato in monastero.

Con il passar degli anni, “le donne di Annalena” furono ammesse

all’abito delle suore domenicane sotto la regola del terz’ordine

nel 1454, in tutto dodici compagne.

Il nostro Antonino ebbe, nella sua vita di studi morali e di teologia,

di pastore fiorentino, di guida spirituale di anime

un’attenzione non sporadica per “il mondo delle donne della società

napoletana e fiorentina.”

E non solo, indubbiamente. La fama di pastore infaticabile e saggio,

disponibile a intervenire con consigli ponderati nella soluzione delle questioni

della sua arcidiocesi e attento ai poveri vergognosi con l’istituzione

per sua volontà dei Buonomini di San Martino, gli valse il titolo familiare

di Antonino dei consigli.

In questa veste di pastore dai buoni consigli, e di dotto teologo, per richiesta

esplicita, con tanta affezione, di Annalena, si presta a scrivere,

quasi a dispense, semplici e essenziali ammaestramenti (esortazione)

per consolidare nella fede, e nella pratica religiosa,

appunto le donne di Annalena.

La Nave, con tutte le sue parti (timone, albero, vele, etc.), è la metafora

del viaggio di una giovane donna, scelta dal Signore tra il popolo,

verso il porto dove incontrerà il suo fidanzato e celebrerà le nozze,

se avrà saputo mantenere la sua promessa di fedeltà fino in fondo.

E’ perché il viaggio raggiunga il suo porto, servono tutte le necessarie

accortezze durante la retta navigazione: l’Obbedienza (timone), l’Amore/Timore

(i “bracci” del timone), l’Albero (amore di Dio), il Bordone (carità verso 

il prossimo), le Corde (tentazioni), la Vela (speranza), la Gabbia (fede), 

la Lettura santa e devota (carta dei naviganti), l’Orazione (bussola che guarda 

alla tramontana), la Confessione (sentina), l’Umiltà (castello della nave), 

la Perseveranza (àncora), il Dispregio dei sensi (sirena).

(Quanto sopra scritto è tutto ricavato dalle pagine di presentazione/introduzione al libro 
La nave spirituale” di S. Antonino Pierozzi domenicano, Arcivescovo di Firenze” a cura 
di Giacinto D’Urso o.p., edito da Giampiero Pagnini, Firenze, 1998.)



Ebbene, la domanda qui, senza nulla togliere al valore spirituale e religioso 

del testo antoniniano e al suo scopo educativo/esortativo, è semplicemente 

questa: qual è, nel 1450, se è possibile cogliere, la “visione” di un uomo, 

sia pure di Chiesa, nei confronti della donna?

Ecco solo qualche rapida osservazione.


Un popolo di maschi e femmine

Racconta Antonino che il popolo, liberato, dal Signore, dalla schiavitù 

del peccato, gli corre incontro per onorarlo e ringraziarlo; tutto il popolo 

gli corre incontro, scrive Antonino, “tutti, maschi e femmine”, senza differenza

alcuna. Ora, solo in questo brano il popolo per Antonino è l’insieme 

di maschi e femmine, forse strumentalmente specificato, perché tra quel popolo 

il Signore sceglie “una giovane, figliuola d’un povero uomo e molto mal vestita, 

e gli piacque tanto che s’innammorò di lei”.

L’esortazione a ben vivere, scritta per le donne di Annalena, è rivolta anche

al popolo intero. In questo nostro breve cammino, questo poco e breve

tempo che dobbiamo starci”, tutte/i dobbiamo “ingegnarci a spenderlo sempre

in buone opere”; e bisogna “avere pazienza” durante il cammino, senza mai 

perdersi “nelle lusinghe e piaceri che ci porge questo mondo fallace 

e ingannatore”.

In verità per tutto il testo il termine “uomo” è usato per indicare il “genere 

umano”, eppure, in qualche caso, quando è importante sottolineare la totalità 

del genere umano, Antonino usa il termine “persona” (l’amore per il prossimo 

è l’amore verso “ogni persona”) o ancora l’espressione “ogn’uomo 

e ogni femmina” (tutte/i bisogna saper leggere l’insegnamento d’amore 

di Cristo). 

Ma quando parla di resistere alle tentazioni, vien fuori spontaneamente 

l’avverbio “virilmente” (torna più volte l’avverbio, sempre associato alla forza 

di resistenza contro le tentazioni), per dire la straordinarietà della forza 

da usare per non cedere, forza attribuita proprio all’uomo in quanto “uomo”. 

Anzi invita le donne stesse di Annalena a “resistere virilmente” alle tentazioni, 

quasi a negare alle donne una propria forza.


Le nozze

Al di là della metafora, appare evidente che il destino di una donna

-si confermino con Antonino i costumi di un’epoca ancora legata 

alla tradizione-, l’andare in isposa a un uomo, al quale promettere 

e offrire fedeltà totale. 

E’ Antonino comunque un uomo del suo tempo, se ancora conferma,

in passaggio a volo, “la perfidia de’ giudei o de’ pagani”!


I gaudi di Maria

Eppure, almeno in un passaggio, Antonino, dopo aver riempito la sua 

esortazione di esempi provenienti solo da padri, santi e beati, invita 

le sue figliuole dilette a meditare “qualche cosa devota dell’infanzia di Cristo, 

dei gaudi che doveva avere la sua gloriosa Madre nella infanzia di Lui, 

quando l’allattava, quando lo teneva in braccio, quando da lui si vedeva 

servire, sapendo lei che egli era il vero Figliuolo di Dio.”

Non più quindi solo il richiamo alla lotta virile contro ogni tentazione 

di deviazione dalla retta via, ma anche un suggerimento, per il buon esito 

dell’orazione, a meditare sui “gaudi” di Maria.

E a Maria dedica pagine intense. Scrive, in un passaggio, Antonino

E san Bernardo dice: ‘Perché tu, uomo, non eri degno di ricevere 

il Figliuolo di Dio, fu dato a Maria, acciò che per lei e da lei ricevessi 

ciò di cui avevi bisogno.’ Rimane Maria sempre un tramite tra  Dio 

e l’uomo, ma che tramite!


Il rispetto per Annalena

Nella Lettera di indirizzo ad Annalena e compagne è chiaro comunque 

il profondo rispetto con sincera stima di Antonino per Annalena; 

ecco le sue parole a testimonianza: “Questo mio piccolo e rozzo trattatello 

lo indirizzo a voi, Venerabile Madre. Non che io lo scriva a voi, poiché io 

vi conosco come tale che sareste più capacevoi ad istru ire me, che io voi; 

ma l’indirizzo a voi, affinché prima lo leggiate voi, e, se vi pare che ci sia 

qualche cosa utile a sostenere le vostre figliuole, allora lo presentiate loro 

per parte nostra. Ma se conosceste che non facesse per loro, vi do licenza 

che lo stracciate, a patto che voi preghiate per me.

Non pare solo un esclusivo tributo all’umiltà.


La sirena

Nell’ultima parte del trattatello Antonino affronta il problema del resistere 

alla “sirena”, ostacolo finale al raggiungimento del porto. Mai ascoltare 

le sirene -ammonisce il saggio Antonino-, perché portano alla morte.

E qui, a rappresentare le “sirene”, Antonino introduce “alcune secolari 

adornate”; in breve, donne pericolose per altre donne! Ma leggiamo 

direttamente per un lungo brano le parole di Antonino in quanto molto 

significative al nostro fine.

"Bisogna, dunque, essere molto vigilanti, stare attenti e non voler dare occhi 

né consentimento a nessun pensiero carnale e sensuale, che il nostro avversario 

ci mette nella mente, ma scacciarlo subito; e sempre far buona resistenza 

al principio dei pensieri, di non riceverli né dar loro luogo nella mente, 

ma scacciarli subito, perché chi non è così sollecito a fare, è inevitabile che si diletti. 

Il quale pensiero con detta dilettazione genera consenso e, dopo il consenso, 

si passa all'azione. E la consuetudine fa necessità, la quale genera scurrilità 

e sensazione, e detta scurrilità genera ostinazione, e dall'ostinazione viene 

disperazione, e la disperazione alla fine genera morte eterna. Sicché vedete, 

mie, che cosa è non resistere da principio ai pensieri e non voler turarsi gli orecchi 

della mente e non dargli udienza. Similmente, figliuole mie, molto vi incoraggio 

ad avere buona cura dei vostri sensi e massimamente del vedere; quando vedete 

venire al monastero alcune secolari adornate, turatevi gli occhi, perché esse sono 

a voi tutte sirene e vasi pieni di tentazioni. Fuggitele, figliuole mie, come se esse 

fossero dragoni e non v'acostate loro, eziandio se fossero vere vostre parenti. 

Pensate bene allo stato vostro e considerate che se siete spose di Dio, non vi è lecito 

avere familiarità con loro, eccetto quando venisse qualche donna secolare con vestimenti 

onesti, che avesse lo spirito che avete voi, cioè persone che non vi rechino novelle 

mondane, ma che si dilettino di parlare di Dio. Tali donne vi conforto bene 

a conversare con loro e consolarvi, perché molte maritate sono al mondo vestite 

con panni secolari, ma che sono in vita religiosa e fuggono molte volte le conversazioni 

e le tempeste che porge loro a ogni ora questo tempestoso mare di questo misero 

e ingannevole mondo, e vengono a voi, che siete nel porto sicuro e quieto della religione, 

per respirare e confortare un poco le anime loro fracassate dalle tempeste del mondo. 

Queste simili ricevetele con grande riverenza, perché Dio fa miracoli per loro, 

ché le fa ardere del suo amore nelle acque del pelago di questo pericoloso mondo. 

Leggete loro e dite qualche buon esempio, e industriatevi di rimandarle cariche 

di legna spirituali, acciò che con esse possano mantenere il santo fuoco di Gesù Cristo. 

Le altre che conoscete che abbiano spirito mondano, come dissi e di nuovo vi dico, 

fuggitele e siate con loro ben aspre, acciò che non vi tornino più, perché esse sono 

sirene pericolose alle anime vostre. Siatevi care e pensate che siete spose di Dio 

e che avete uno Sposo geloso, che non vuole che amiate né conversiate se non 

con la famiglia sua, cioè con quelle che Egli ha dato dello Sposo suo."

Altro non è da aggiungere. Resta ammirevole la sincerità di Antonino 

quale maestro rigoroso e insieme comprensivo, una guida spirituale 

di grande affidabilità.












E l'elemosina si fa Card

 La destra non dimentica mai di essere "destra", sia quando difende i suoi valori tradizionali (ormai tutti venduti al nuovo mercato politico, inventato, e per vent'anni e più gestito, dal ricco e prepotente Padrone), sia con i suoi difetti di sempre, conservati questi inalterati.

Ebbene questa destra, accortasi della contagiosa pericolosità, ai fini dell'estensione della dignità ad ogni persona in difficoltà economica, del reddito di cittadinanza, ha voluto trasformare, togliendo cmq ingenti risorse al contrasto alla povertà (una "vergogna" per Landini), quel minimo intervento economico di diritto alla dignità, in un intervento di continuità a una sudditanza caritatevole, ripetendo un errore già noto con la distribuzione di una miserevole card. 

E segna questa miserevole card il ritorno a un paternalismo caritatevole già definitivamente scosso e superato dalla civilissima idea (produttiva a sua volta di civiltà) del reddito di cittadinanza.

Il passaggio dalla sinistra (per quanto minima) alla destra è così significativamente rappresentato dal passaggio da una politica dei diritti a una pratica dell'elemosina.

I poveri, per la destra, devono stare al proprio posto e non possono esercitare una benché minima libertà economica, sia pure per la sussistenza, con un proprio reddito di cittadinanza.

Al contrario possono soltanto ricevere la card dell'elemosina, anche con qualche limitazione strumentale al raggiungimento di altri obiettivi! Senza vergogna, perché senza un'idea di civile empatia sociale.

Eppure in un paese civile, e l'Italia è un paese civile, l'attacco a un elementare diritto di civiltà da parte della destra pare ancora sostenuto da un diffuso gradimento elettorale. 

Sembra incredibile. 

Forse verrà tempo, e forse sarà presto, che le persone ragionevoli apriranno gli occhi e con garbo inviteranno questa destra, costruita nel berlusconismo, a fuggire dal governo.

O no?

Severo Laleo 

martedì 11 luglio 2023

Istituzioni sguaiate 4: il ministro Nordio

 



Dichiara pressappoco il ministro Nordio: "La politica deve smettere
di inchinarsi ai magistrati... per 25 anni il Parlamento ha rinunciato
al suo ruolo.” Proprio così!
Ma dove ha vissuto il ministro Nordio in questi 25/30 anni?
Non si è accorto che una parte del Parlamento, la sua,
ha votato leggi ad personam in continuazione per impedire
ai magistrati di svolgere il loro lavoro nell'interesse
non di Uno, ma solo della democrazia e della Costituzione?
(Nel web esistono gli elenchi di queste leggi, anno per anno, tanto
per dare un’idea a chi dimentica!)
E non si è accorto che il Parlamento, nel 2011, durante questo 25ennio,
è sprofondato nel baratro della vergogna,
quando la sua parte, la destra, in Parlamento
ha votato “Ruby, nipote di Mubarak”, sempre per salvare l'Uno?
E salvare da chi? Dai magistrati, anzi, meglio, da quel cancro della Repubblica
che sono i magistrati: non ricorda più il ministro?
Un voto inconcepibile in nessun altro paese civile e democratico!
Al contrario, quanti e quali sono gli “inchinidel Parlamento ai magistrati?
A volte le sguaiataggini pretendono di avere il volto dell'apparenza
argomentativa, ma in realtà sono ineleganti sfumature discorsive
per nascondere una faccia tosta ingiustificabile.
E restano comunque sguaiataggini pur in assenza di plateali volgarità.
Forse a breve anche il ministro Nordio capirà di aver accolto,
senza il necessario controllo della misura nel suo ruolo,
un'ideologia, sul punto, malsana e funesta per la democrazia: da fuggire!
E destinata presto a fallire.
O no?
Severo Laleo


venerdì 7 luglio 2023

Istituzioni sguaiate 3: il Presidente del Senato

Non si arresta il flusso di sguaiataggini provenienti dalle istituzioni (nostre?).

Oggi è la volta del Presidente del Senato Ignazio La Russa. Infatti, a proposito di una denuncia di violenza sessuale presentata nei confronti di suo figlio, La Russa, dimenticando di essere la seconda carica di un democratico Stato, non si limita al suo compito di svolgere con discrezione il ruolo di padre, ma interroga, inquisisce e giudica fino a esprimere un verdetto di definitiva assoluzione per il figlio, senza peritarsi di demolire il racconto della malcapitata giovane, presunta vittima, in quanto "drogata".

Oltre ogni misura!

La reazione della segreteria del PD è stata molto chiara e merita una citazione: "Al di là delle responsabilità del figlio di La Russa che sarà la magistratura a chiarire, è disgustoso - dichiara Schlein- vedere la seconda carica dello Stato utilizzare parole che tendono a minare la credibilità delle donne che denunciano a secondo di quanto tempo ci mettono per farlo. È segno di grave ignoranza e di mancanza di rispetto per le donne che denunciano le violenze. Non si può vedere il Presidente del Senato che legittima in questo modo i pregiudizi sessisti."

Forse questa occupazione delle istituzioni da parte di uomini/donne non brillanti per cultura istituzionale, non potrà durare a lungo in un paese, nonostante tutto, civile qual è l'Italia.

O no?

Severo Laleo 

giovedì 6 luglio 2023

Istituzioni sguaiate 2: fonti di Palazzo Chigi ...

 Questa volta a superare il limite della correttezza istituzionale e a sfoderare una nuova sguaiataggine è direttamente una nota proveniente da "fonti di Palazzo Chigi" (altra formula per nascondere una (ir)responsabilità indifendibile); si tratta di un attacco al "potere" della magistratura rea di svolgere il proprio dovere, comunque sia. 

Ebbene, con una sguaiataggine inaudita (inaccettabile per il PD), "fonti di Palazzo Chigi" si chiedono, con l'arroganza di un potere allergico ai limiti costituzionali, "se una fascia della magistratura abbia scelto di svolgere un ruolo attivo di opposizione. E abbia deciso così di inaugurare anzitempo la campagna elettorale per le elezioni Europee".

Ancora una volta la cultura istituzionale

è del tutto assente.


Se questo è l'andazzo, forse questo governo quanto prima sarà costretto a una fuga con o senza ignominia.

O no?

Severo Laleo 


mercoledì 28 giugno 2023

Istituzioni sguaiate: il governo Meloni

 



Era forse possibile prevedere, con l'arrivo a Palazzo Chigi di una signora quale Presidente del Consiglio, un continuo rozzo degradarsi della cultura istituzionale in Italia? Non era così scontato.


È pur vero che nella nostra storia politica tra Presidenti del Consiglio, Ministri e Parlamentari s'era già assistito a forme di sguaiataggine istituzionale, ma queste apparivano isolate e cmq irripetibili, legate strettamente a momenti di crisi in particolari passaggi politici, ora, al contrario, con la nuova Presidente del Consiglio (per non dire di altre istituzioni), la sguaiataggine è diventata sostanza argomentativa direttamente in Parlamento e, insieme al penoso ricorso a guizzi teatrali e gonfi di vuota retorica, spegne definitivamente il rigore e la serietà del confronto politico. 


Non a caso, a partire dagli strappi, in parole e in opere, di Berlusconi, (gioiosamente applauditi dalle sue truppe), le nostre istituzioni hanno registrato via via un rapido inabissarsi nella vergogna (Ruby, nipote di Mubarak, anche per la nuova Presidente del Consiglio!), grazie a una diffusa complicità di stolidità e convenienza di troppe/i. Persino gli oppositori, seguendo interessi di ceto, hanno tentato nel degrado solo di guadagnare posizioni di potere, tanto calpestato era stato il senso dell'agire democratico.

E senza riforme la stessa Costituzione fu stravolta: parve "normale" il passaggio dalla sovranità popolare alla sovranità del leader!


In realtà da un pezzo, senza alcun ripensamento/pentimento, il confine tra il comizio sguaiato e la postura istituzionale è saltato, in maniera insopportabile (si pensi al "pizzo di Stato"!). E tanta confusione irrispettosa continua ad alimentare il rifiuto del voto di molte/i in un'astensione critica e consapevole. Le persone chiedono serietà e sono più avanti del ceto politico, specie ora.

Forse il redde rationem non è tardi a venire, e molte/i fuggiranno di vergogna quando scopriranno la differenza netta, anche in politica, tra pressappochismo e competenza, tra sguaiataggine e riflessività.

O no?

Severo Laleo 


P.S. Per fortuna resiste l'esempio di Mattarella, in quanto persona e in quanto Presidente della Repubblica (sia pure troppo paziente).

lunedì 26 giugno 2023

Tocca all'Europa dare un senso alla democrazia delle persone

 Leggendo i giornali di questa mattina, 26 giugno 2023, dopo il (fallito) colpo di stato in Russia del 24 scorso, giorno del nostro bel San Giovanni a Firenze, ti trovi davanti a un diffuso, sempre uguale dappertutto, racconto, abitudinariamente già scritto e acritico e senza domande: potrai così leggere la storia del golpe, la storia della Russia, la storia della guerra in Ucraina, secondo un canone che potrei dire di personalizzazione del potere, anzi della storia del potere dal punto di vista dei "capi". Si parla di Putin, di come Putin intende il potere, delle sue scelte libere e obbligate, dei suoi metodi violenti, in breve del capo Putin; idem per il "capo" Zelensky, per non dire del "capo" Prigozhin, e degli altri capi in Oriente e in Occidente. Il nome dei "capi" diventa il nome stesso di un Paese. E non sempre esiste coincidenza.

Se i giornali partecipano a scrivere la storia, ebbene questa storia è una storia di "capi" e di ogni assillo di questi. In siffatto racconto è scomparso completamente il ruolo/potere dei popoli, sono scomparse completamente le persone; la democrazia delle persone è solo un'inutile espressione. A nessuna/o, né a Oriente né a Occidente, interessa sapere quali siano veramente le preoccupazioni e i pensieri dei popoli. Che sappiamo noi, e chi scrive il racconto dei dubbi delle persone della Russia rispetto alla guerra in Ucraina? Che sappiamo noi e chi scrive il racconto delle angosce delle persone sotto attacco in Ucraina? Che sappiamo noi e chi scrive il racconto delle riflessioni accorate delle persone in Occidente, in Usa e in Europa, in relazione alla guerra e alle sue chiare e note conseguenze di morte e distruzione? Che sappiamo noi dell'idea di pace di milioni di donne e uomini in Italia e nel mondo? Nulla o molto poco; il disinteresse del mondo dell'informazione nei confronti del sapere/agire democratico delle persone tutte è inversamente proporzionale all'interesse mediatico per il "pensiero/azione" delle persone dei capi: quasi nullo il primo, alle stelle il secondo. E non ci si accorge così, maledettamente e stupidamente, di alimentare derive autoritarie dappertutto. 

Siamo nel 2023 e ancora non abbiamo, qui, da noi, in Occidente, tra stati a democrazia moderna, un'idea chiara di democrazia tout court di fronte alla guerra. È ora di dar voce alle popolazioni, con referendum ad hoc, consultivi e/o deliberativi, su pace e guerra e agire di conseguenza. Bisogna mostrare al mondo la "potenza" libera della democrazia delle persone e dare un esempio al mondo dell'esistenza di persone in grado di decidere del proprio futuro, obbligando chi è chiamato a governare a rispettare la volontà generale. Si tratta di un esempio produttivo di per sé di cambiamenti, anche là dove vigono sistemi autoritari. 

È difficile prevedere/dirigere la storia, ma scegliere il da farsi è responsabilità oggettiva di chi ha il dovere di decidere/scegliere, anche innovando con coraggio. 

Soltanto un'ultima cosa. Il richiamarsi a una democrazia delle persone inciderà anche sulla cultura del "potere": fare la storia dei capi, sempre tutti maschi, specie in relazione alla guerra, è dare forza a una cultura già morta (forse è solo un augurio!) nella coscienza delle nuove generazioni, ma sempre pericolosa: la cultura patriarcale del maschio monocrate. Abbiamo esempi, sia pure a volte pacchiani, di questa torsione maschilista del potere (anche se a governare è una donna monocrate!); basta guardare alla storia recente degli Usa, del Brasile e, per altri aspetti (personaggi fuori "norma" democratica), della Gran Bretagna e dell'Italia.

Forse è ora di un risveglio di slancio per la democrazia delle persone.

O no?

Severo Laleo

sabato 24 giugno 2023

Dov'è la democrazia delle persone, dov'è l'idea di pace universale...

... se nel caos oggi della Russia la sventurata ipotesi di una guerra disastrosa/catastrofica è sempre nelle mani di maschi, alfieri, senza scrupoli per ogni uso, dei sistemi criminali delle armi, alla Putin, alla Zelensky, alla Prigozhin, alla Kadirov, alla Erdogan, sostenuti/contrastati da altri maschi, vittime, senza il coraggio di nuove idee, di incivili irripetibili retoriche, alla Biden, alla Macron, alla Scholz?

Forse è ora di dar vita a continue, periodiche manifestazioni planetarie di tutte le persone civili, da organizzare, in tutto il mondo appunto, con il contributo determinante del femminismo pacifista

O no?

Severo Laleo

venerdì 23 giugno 2023

Anche tra piccioni il terzo gode

 Un pezzo tondo di biscotto al taglio di marciapiede in una strada grigia di Marsiglia senza sole con note acri e senza senso di gabbiani. E intorno tre piccioni, di colori e sesso indistinguibili, a distanza differenziata dal tondo soldo di biscotto. 

Una distanza, a occhio, proporzionale al peso/forma corporeo. A beccare con caparbietà e senza rivali è il piccione più grande. Becca e sposta il soldo, di poco, verso il piccione appena più smilzo, ma ardito. E s'azzarda questi a prendere il suo battente boccone. Osserva, acuto e attento, a un passo di donna, sornione potresti dire, immobile tra passetti di riposizionamento, il piccioncello sveglio.

Il gran piccione, stupido e prepotente, prepotente perché stupido, allontana a beccate in testa l'ardito smilzo, lieto comunque di rubare bocconi. E così una, due, tre volte, ma l'ardito smilzo non demorde. Il prepotente stupido perde la pazienza e insegue minaccioso a passetti velocissimi l'ardito smilzo oltre il limite, abbandonando il trofeo biscotto.

Un regalo inaspettato per il piccioncello, pronto a battere beccate indisturbato e svelto. Ora anche Marsiglia sorride con una nuova sfera di luce di sole traverso: sono le 8 e già tutto intorno vive.


giovedì 15 giugno 2023

Berlusconi è morto: Meloni e l'elogio nuovo dell' "oltraggio"

 La persona Berlusconi ha vissuto il suo ciclo terrestre a suo modo.
Ora riposi in pace.
Chi ha vissuto intorno a Berlusconi, con Berlusconi e di Berlusconi
ha già consolidato il suo giudizio sul "capo", sull'"amico",
sulla "persona cara", anche se, modificatosi ora il vincolo di relazione,
qualcosa cambierà nei giudizi. Si vedrà.
In verità i cambiamenti di giudizio in politica sono la regola:
solo qualche mese fa, Berlusconi ha maltrattato Meloni
(per il suo "comportamento arrogante, supponente, prepotente, offensivo"),
e a sua volta Meloni ha ben ricambiato, maltrattando Berlusconi
(con la minaccia: "non sono ricattabile"). Complimenti molto chiari
e puntuali!
Ma nel giorno del dolore Meloni torna al giudizio pieno:
"Con lui l’Italia ha imparato che non doveva mai farsi imporre dei limiti.
Ha imparato che non doveva mai darsi per vinta.
Con lui noi abbiamo combattuto, vinto, perso molte battaglie.
E anche per lui porteremo a casa gli obiettivi che, insieme, ci eravamo dati.
Addio Silvio”.
E per lei è giusto così: senza Berlusconi (questa forse per lui è la sconfitta
più cocente) la destra nostrana sarebbe fuori gioco.
"Con lui l’Italia ha imparato che non doveva mai farsi imporre dei limiti."
Ecco il senso ideologico della destra nostrana: "mai farsi imporre dei limiti".
Il non fermarsi davanti ai limiti è una caratteristica tipica della destra
italiana e, a dire il vero, anche di Berlusconi, totalmente insofferente
dinanzi ai "limiti", al punto, tra tanto altro, da trascinare, andando
oltre ogni limite di decenza, la sua parte in Parlamento a votare
"Ruby, nipote di Mubarack!"
E la Presidente attuale del Governo non ebbe allora alcuna remora
di sapore istituzionale e votò in silenzio obbedendo ad altro.
(di recente la cultura istituzionale della Premier è scesa a zero
con la trovata invereconda del "pizzo di Stato").
Torna così, attraverso il ricordo potente di Berlusconi, l'elogio
dell' "oltraggio", dell'andare oltre, del "non farsi imporre dei limiti".
Anche un altro Presidente del Consiglio, da sinistra (si fa per dire!),
ebbe l'ardire di non porsi limiti, invitando anche i "suoi" a non porsi limiti.
Eppure, se esiste una/la democrazia è proprio grazie al rispetto dell'idea
di "limite"; senza una "cultura del limite" non può esistere democrazia,
e nessuna parità tra cittadini/e, tra uomini e donne, tra chi ha e chi non ha,
tra chi "è" e chi "è in cerca di essere".
Chi non sa "fermarsi" prima dell'oltraggio, chi non sa "imporsi limiti",
perché rifiuta di riconoscerli nelle leggi e nella presenza/rispetto dell'Altro,
è fuori dalla democrazia.
Chi non coglie l'importanza fondamentale del limite, tende ad imporre
agli altri solo la propria visione.
Purtroppo questa è la destra nostrana. Una destra sì incoraggiata
da Berlusconi, ma insieme da Berlusconi anche trasformata
in populismo antiStato (chi non ricorda la scalinata "occupata"
del tribunale di Milano?)
L'autoritarismo confina sempre con la negazione dei "limiti",
proprio là dove ogni fascismo trova fertile terreno per insediarsi.
O no?
Severo Laleo

lunedì 24 aprile 2023

25 Aprile: mai più il fascismo

 


La guerra, le guerre, gli scontri armati, le lotte intestine, 

il razzismo/maschilismo, la volontà di dominio, la violenza, 

l’odio, il disconoscimento e l’eliminazione fisica dell’altro, 

infine la shoah rappresentano sempre, e sono, la sconfitta totale 

e generale della razionalità e della sensibilità

di ogni persona e dell’umanità intera.


Passano gli anni, i secoli, la cultura si amplia 

e si diffonde, la scienza apre nuovi orizzonti per mutamenti epocali, 

cresce anche la consapevolezza (nonostante i “muri”) del "senso di umanità", 

ormai ben definito in testi etico-giuridici tendenti all’universalità 

dei diritti per rendere possibile un percorso di civilizzazione, 

eppure la storia registra ancora il continuo perpetuarsi di crisi trascinantisi 

senza soluzione, se non con il ricorso a strategie di morte e distruzione.

E le crisi, una volta risolte con spargimento di sangue, depositano, 

soprattutto negli animi dei vinti, per generazioni, odi e risentimenti.


Anche il 25 Aprile è vittima di questa generale situazione di perversi sedimenti.

E soprattutto in Italia, perché, nonostante la fine, grazie anche alla Resistenza

di quella stagione di violenza e di morte aperta dal nazifascismo, 

ancora per non poche persone, anche tra le alte cariche della nostra

Repubblica, la vittoria delle forze del fronte antifascista, 

ricco di ogni componemte culturale e politica, segna non la “fine” totale 

di una violenta aberrazione, ma solo una “ferita” da rimarginare 

(argomento in verità, soprattutto da usare per attrarre le simpatie 

elettorali di nostalgici e di neofascisti): 

di qui sciatterie storiche inventate ad arte (il primato è del Presidente 

del Senato, La Russa), di qui processi alla violenza anche della Resistenza, 

di qui persino tentativi di negazionismo.


Eppure il 25 Aprile è semplicemente una data storica/simbolo 

per dire/gridare/ricordare a ogni persona civile: “mai più il fascismo!” 

Non è difficile da capire, al di là, per chi occupa una carica istituzionale, 

del “dovere” di capire.


Non pare servano altre parole.

O no?

Severo Laleo



mercoledì 12 aprile 2023

Berlusconi, il liberalismo, il teatrino della politica e i suoi professionisti

 Senza dubbio Berlusconi può ben vantarsi di essere (stato) il padre politico di questo governo di post-fascisti (?), anche se molti credono debba di questo al contrario vergognarsi (gli auguriamo di tutto cuore di vergognarsi fino a cent'anni, magari da rinsavito e pentito di tanto suo "successo"!).

Nella sua "discesa in campo" c'erano tra gli altri due obiettivi forti da comunicare per la campagna elettorale (altri e più importanti obiettivi erano riservati solo alla sua persona e a qualche fidatissimo "consigliere"!): 1. "rivoluzionare" il teatrino della politica con una ventata fresca di "liberalismo" (obiettivo, se fosse stato realmente interpretato, molto utile -sia pure inventato contro un comunismo inesistente- per un'Italia schierata a destra o a sinistra senza aver mai interiorizzato, succube di "chiese", un veramente "liberale" comportamento democratico); 2. sconfiggere e sostituire i "professionisti della politica" (un tempo solo maschi!) con un nuovo ceto politico proveniente dal mondo del lavoro e delle professioni. E, a proposito di maschi, era anche il tempo in cui, data la sua allora maschilmente ammirata visione maschilista, invitava gli "stranieri" a venire in Italia a investire, perché qui, nel nostro bel Paese, abbondano le "segretarie" piacenti dalle "belle gambe" (se la memoria non inventa!). 

Ora, per una sorta di eterogenesi dei fini, il liberale Berlusconi si trova da una parte a difendere dei post-fascisti al governo, confusi ma pigliatutto, nostalgici e con chiare e attuali intenzioni/attitudini illiberali, e dall'altra perfino a subire l'onta di dipendere dalla volontà di due puri, totali "professionisti della politica" (meglio: di propaganda partitica)! Eppure una volta, a suo preciso dire, i professionisti della politica "gli facevano schifo".

Forse avrà qualche dubbio sul suo "successo" politico, se questi sono i suoi risultati. E chissà, forse vorrà ancora battersi/scendereincampo (è un augurio!) per veder meglio realizzati e il liberalismo, quale condizione fondante della democrazia, e la promozione della competenza, quale condizione necessaria del "buon governo".

O no?

Severo Laleo 

martedì 21 marzo 2023

Francia, riforma delle pensioni: l'"estensione" della democrazia contro le tensioni autoritarie

L'approvazione della riforma delle pensioni in Francia, attraverso le legittime "forzature" di un sistema democratico ben sedimentato, pone comunque un grosso problema politico a livello di buon funzionamento delle istituzioni e della democrazia tout court: è il problema del superamento del corto circuito tra rappresentanti e rappresentate/i. 

E non solo in Francia. E non solo per le pensioni.

In breve, fino a che punto la democrazia rappresentativa può svolgere il suo legittimo compito di governo senza ascoltare la voce del Popolo Sovrano sulle Grandi Questioni (ad es. guerra/pace), là dove, cioè, il governo, "entrando" pesantemente nella vita delle persone, le scompagina/distrugge in qualche modo? E basta un voto del corpo elettorale, espresso per eleggere le rappresentanze in Parlamento, essere interpretato quale consenso diretto anche su una "Grande Questione"? 

È sotto gli occhi di tutti, nella gran parte dei paesi occidentali, pur secondo forme e modalità diverse, la crisi, ormai di lunga data, del funzionamento della democrazia; anzi, con sgomento, abbiamo anche visto, inaspettatamente e violentemente, tentativi di piegature autoritarie in USA e in Brasile

Evidentemente qualcosa non funziona. 

Forse è ora di inventare nuove forme di approvazione politica di fronte alle Grandi Questioni, attraverso un processo di "estensione" della democrazia per un pieno e più ampio consenso popolare, prevedendo, sulle Grandi Questioni appunto (da regolamentare), sempre, per legge, d'obbligo, un referendum di conferma. (Offrendo così al mondo esempi fortemente contagiosi anche per i popoli governati da regimi autoritari, che spesso addirittura presumono di essere/apparire più "performanti" rispetto ai "riti" della democrazia.)

Altrimenti, nel gestire i conflitti, quasi per forza, si torce il sistema democratico verso tensioni autoritarie.

O no?

Severo Laleo 

P.S. L'"estensione" della democrazia potrebbe passare anche attraverso almeno due improrogabili riforme istituzionali: 1. Parlamento a parità assoluta uomini/donne;
2. Superamento del Monocratismo (uno/a solo/a  al comando) con il Bicratismo (guida duale paritaria: un uomo/una donna).

venerdì 10 marzo 2023

Nelle persone di Cutro l'onore dell'Italia

 È inadeguato, e per questo anche pericoloso, sia per l'esercizio della democrazia (per l'assenza di trasparenza attiva), sia per l'esercizio della solidarietà umana e sociale (per l'assenza di empatia civile), questo governo; in tutte le sue componenti, dalla Presidente del Consiglio, chiusa in una falsa determinazione propagandistica, ancora recitata in atteggiamenti demagogicamente popolareggianti (sempre da campagna elettorale), fino a tutti i suoi ministri, silenziosi e complici, in afasia farfugliante, e per giunta arrogante, di fronte alla visione del fenomeno migratorio espressa brutalmente dal Ministro degli Interni. Irripetibile.

L'origine della tragedia di Cutro, agli occhi di chiunque abbia un normale senso logico/cronologico degli avvenimenti, è tutta nell'assenza dei soccorsi. Nell'intempestività, nel caso di Cutro, del nostro, di Paese Civile, sistema di "ricerca e soccorso". Perché? Perché è successo, pur vantando il nostro Paese Civile un'ottima reputazione in termini di salvataggio?

E di fronte alle domande, a queste semplici e ineludibili domande, noi troviamo un Governo sì inadeguato e incapace (impreparazione? assenza?) di preoccuparsi di agire subito e in profondità per conoscere la verità, attraverso un'indagine seria, approfondita, ma soprattutto pronto, con la copertura imprudente e rassegnata di una Presidente del Consiglio, ancor convinta di superare la crisi con le parole giocate al tavolo di una fuorviante conferenza stampa, solo a giustificarsi. E non s'accorge, per un grave difetto nella funzione istituzionale, di non essere in grado di svolgere fino in fondo, con profonda partecipazione, il suo dovere di interrogarsi e dare risposte incontrovertibili. Al Paese e alla Vittime.

Invece assistiamo a un movimento di scaricabarile, di  nascondimenti, di fuga dalla realtà e dalle proprie responsabilità. In maniera incredibilmente scomposta.

E che dire delle irripetibili parole a caldo di un ministro di fronte alla tragedia? 

Davvero incomprensibile nel nostro Paese l'odio (o cmq un'indifferenza sorda) per i migranti in tanta parte del ceto politico, ben sostenuto a sua volta dall'odio/indifferenza di tante povere persone. E non solo nel nostro paese: il fenomeno migratorio è mondiale, ma le risposte (anche nella "civile" Gran Bretagna!) sono ancora "nei confini delle Nazioni"! Un odio insieme viscerale e stupido per le sue motivazioni e nei suoi risultati.

E porta troppi, anche in alto, a voltarsi dall'altra parte, a non voler capire, a non voler approfondire, a spostare, magari gridando, l'attenzione sulle pene agli scafisti (i quali, imprenditori maschi del profitto criminale, prosperano grazie all'assenza degli Stati). Le responsabilità sono chiare e evidenti. 

Si tratta di omissione di soccorso o per sottovalutazione del caso o per difetto di funzionamento della macchina operativa. È vietato e inimmaginabile pensare ad altro, anche semplicemente a una pigrizia indotta culturalmente e politicamente.

Questo governo prima va via e meglio è per il nostro Paese. 

Solo le persone di Cutro, che hanno assistito impotenti e sgomenti alla tragedia (e il nostro presidente Mattarella, bisogna aggiungere) ne hanno compreso tutta la gravità. E hanno subito messo in moto concretamente il coinvolgimento dell'empatia umana; quelle persone, a Cutro e a Crotone, si sono date da fare per garantire un umano abbraccio al dolore immane dei familiari, anche per le tante giovanissime vite spezzate.

Almeno per una volta l'onore dell'Italia  è nelle persone di Cutro

O no?

Severo Laleo

PS Leggo l'editoriale di Piero Ignazi su Domani: è un esempio di civilissima e circostanziata critica all'operato di un governo inadeguato (se non peggio). Un popolo sensibile ai valori della democrazia trasparente e responsabile, e una stampa attenta alla ricerca della "verità" possibile, dovrebbero oggi essere alleati nel chiedere le dimissioni di questo governo.