domenica 13 gennaio 2013

Morin: dalla rivoluzione alla metamorfosi, e l’etica del freno



Morin e l’etica del limite: "solo speculazione e profitti 
senza limiti. Se non le si pone freno, 
saremo nell'anticamera della catastrofe".


Di seguito l’intervista di Giacomo Leso a Edgar Morin, uscita su “L’Espresso
Non parla più della rivoluzione, Edgar Morin, il patriarca della gauche francese e la voce più autorevole del Paese che è (idealmente) alle origini di tutte le rivoluzioni. Preferisce la parola metamorfosi: più complessa e ambivalente. Arrivato all'età di 90 anni si misura con temi come l'Apocalisse e il futuro dell'umanità, e in un sottile gioco degli specchi tra la disperazione (per lo stato attuale del pianeta Terra, per la pochezza dei politici, per gli eccessi del capitalismo sfrenato) e la speranza. Speranza, nonostante la coscienza di vivere dentro una catastrofe ("Ho conosciuto i momenti oscuri della storia. So che non sono eterni"). Perché, dice in questa intervista a "l'Espresso", la storia è imprevedibile. E' fatta da persone che portano avanti con coraggio idee considerate devianti e marginali. Il professore ci riceve nel suo studio al Marais a Parigi: un tavolo lungo, una finestra che dà sui tetti, e pile di libri dappertutto; tra questi, il suo ultimo volume "La voie" (la via), in cui tira le somme della sua lunga vita e cerca di tracciare una nuova strada per il genere umano".

Cominciamo con la differenza tra rivoluzione e metamorfosi.

"La rivoluzione vuole fare tabula rasa del passato e dare un nuovo inizio, e quasi sempre finisce male. Metamorfosi invece significa pensare al bene dell'intera umanità in continuità con il passato. Ecco io sono per questa soluzione".

Oggi il mondo occidentale è in ammirazione per la Rivoluzione dei gelsomini nei paesi arabi, rivoluzione, non metamorfosi...
"Iniziata da giovani non violenti con aspirazione alla libertà e alla dignità. La rivoluzione è in atto, ma non si può sapere come finirà. La violenza, invece, è arrivata, dalla parte del potere. In Libia ha provocato un'insurrezione e l'intervento dell'Occidente".

L'ambivalenza della storia.
"Questo è il vero problema. Allarghiamo il discorso. Pensi alla mondializzazione. E' la peggiore, ma anche la miglior cosa che ci potesse capitare. Non si può vedere da un lato tutto il bene e dall'altro solo il male. Nella storia il bene spesso è stato causa del male".

Come proteggersi da questo rischio?
"Con l'ecologia dell'azione".

Vale a dire?
"Qualsiasi azione intrapresa, foss'anche con le migliori intenzioni, si scontra a un certo punto con condizioni storiche e sociologiche date. E' là che può sfuggire al controllo e invertire il senso. Si deve essere coscienti che ogni decisione è una scommessa e che solo una strategia precisa, permette la correzione dei probabili errori dell'azione in corso".

Per la filosofia occidentale ci fu uno spartiacque nel 1755 con il terremoto di Lisbona. Fu la svolta nel pensiero illuminista, su cui siamo cresciuti tutti.
"Solo le catastrofi ci permettono di prendere coscienza dei problemi fondamentali. Terremoti, tsunami ci mostrano le minacce vitali che pesano sulla biosfera. E basti pensare al Giappone, oggi. Si è capito che la sicurezza assoluta è un mito: la realtà invece è composta da negligenze e scorie radioattive nocive per migliaia d'anni. E anche che il nucleare, per sua stessa organizzazione, è una forma di totalitarismo economico: non può esistere senza il segreto, che favorisce lo strapotere delle lobby".

E allora, dall'esperienza dei suoi 90 anni cosa è il Male?
"E' la barbarie umana. Che però ha diverse forme. Ha un volto antico: guerra, conflitto, dominazione, sfruttamento, tortura, disprezzo, umiliazione. La nostra barbarie contemporanea è invece tecno-economica: fondata su calcolo e profitto. Fra le qualità umane riconosce solo quelle che sono misurabili, catalogabili con dei numeri, ignorando il fondo della natura umana: l'amore, l'odio, la gioia, la tristezza. A volte capita l'alleanza tra le due specie di barbarie. Il primo sodalizio si è manifestato ad Auschwitz dove è stato industrializzato il massacro di popolazioni ebree e rom. Ma attenti, il potenziale del Male è in ciascuno di noi".

Sta dicendo che avanziamo incerti verso l'Apocalisse.
"Colpa di una mitologia: quella dell'economia neo-liberale che è l'altra faccia del mito del comunismo. C'è ancora gente che pensa, che l'economia liberale sia la realtà.
Non è vero, è solo ideologia. Non è nemmeno una teoria del mercato,
perché oggi non ci sono più regole e non c'è più concorrenza,
solo speculazione e profitti senza limiti.
Se non le si pone freno, saremo nell'anticamera della catastrofe".

Imparare a porre freno a speculazione e profitti senza limiti
è forse il compito della politica per le nuove generazioni.
O no?
Severo Laleo

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