giovedì 12 dicembre 2013

La Seconda Repubblica e la sua democrazia dei “popoli”



Martedì sera a Ballarò, l'intellettuale Marc Lazar, forte della libertà 
dell'osservatore neutrale, dichiara, con grande semplicità, una verità 
difficilmente contestabile: "Renzi è figlio di Berlusconi, almeno 
per quanto riguarda la comunicazione politica".
Indubbiamente ha ragione. E si può anche andare oltre. 
E affermare una continuitàdi metodo di lavoro politico tra Berlusconi 
e Renzi, passando per Bossi e Grillosenza tacere di altre analogie.
Berlusconi ha costruito il suo successo elettorale, non su una partecipazione 
reale delle persone al progetto politico di cambiamento, ma su un'idea 
di 'rottamazione' dei politici per mestiere, utilizzando messaggi 
di propaganda politica di stampo pubblicitario
attraverso le tv, usando un linguaggio immediato ed emotivo, 
ricco di barzellette, con ritornelli ripetuti fino all'esasperazione, e grazie 
anche a una estesa proprietà di giornali e tv, e a tanti, tanti soldi. 
E, ad abundantiam, dando ampio risalto alla sua fissazione, comune
all’italiano medio maschio, del pallone e del mito del latin lover elegante 
(s’è visto!). E alla fine è riuscito a costruire un “suo popolo”,
non tanto per la bontà del programma (una volta la parola d’ordine 
era “la rivoluzione liberale”, ora è "via l’Imu"!), ma per l’efficacia 
del messaggio gridato di “rivoluzione” e cambiamento
Il popolo di Berlusconi, a prescindere da ogni forma di partito 
è ancora in vita. Perché esiste a prescindere da un Partito.
Anche Bossi, nel suo piccolo, ha avuto un “suo popolo”, 
all’inizio coincidente con il “popolo della Lega”, un popolo stretto 
in un legame indissolubile con il 'capo', grazie, anche qui, 
a un'idea di “rottamazione” di tutta la classe dirigente centrale
(Roma Ladrona) e di cambiamento generale. Anche Bossi usa 
un linguaggio irripetibile, ricco di trovate e battute volgari per chiunque 
abbia un senso minimo di educazione e di civiltà del rispetto.
E, ad abundantiam, non praticando Bossi il ruolo del latin lover
ha voluto, bontà sua, rappresentare tutta la sua potenza di maschio 
regalando alla politica italiana la teoria del 'celodurismo'.
Grillo ha costruito il “suo popolo”, i grillini, sia con l'abilità vociante, 
piazza per piazza,  del comico intelligente osservatore dei mali di una società,
abile nell’usare un linguaggio aggressivo senza toni soft, e nell’introdurre 
nella politica italiana le adunate del 'vaffismo'. E’ stato Grillo,
sia a inventare la rete, strumento di dibattito largo e trasparente, democratico
per eccellenza (è un suo merito!), sia a trasformare, con le sue stesse mani, 
questa rete in strumento di comunicazione unidirezionale e di controllo.
Anche Grillo deve il suo successo, non tanto a un programma convincente, 
quanto a  un'idea di “rottamazione” della politica tout court, per la quale 
nessuno si salva e solo il “tutti a casa” rigenera il Paese. 
E il cambiamento diventa palingenesi. 
Bossi, Berlusconi e Grillo ognuno con il suo popolo, ognuno 
con la sua idea di rottamazione, ognuno con il suo linguaggio diretto 
e ripetitivo, ognuno con le sue barzellette, con le sue sparate volgari, 
con le sue stilettate di satira politica, ognuno con i suoi  proclami 
di “cambiamento”.  
E tutti maschilisti al massimo grado, a propria insaputa. E tutti impegnati 
a realizzare un seguito elettorale e non una partecipazione reale 
delle persone al progetto politico di cambiamento, una partecipazione, 
di e tra persone, alla pari, propria di una partito moderno e democratico.
Ora anche il Pd, il solo o quasi ad avere un'idea sia pur minima di partito,
ha ceduto le armi dinanzi alla rivoluzione nella comunicazione politica 
di Berlusconi, e alla sua idea della politica come “rottamazione” 
e ha trovato finalmente in Renzi, il figlio di Berlusconi. Grazie al PD, 
e ai suoi dirigenti,  Renzi ha ormai un “suo popolo”,
conquistato con la stessa idea di politica dei suoi grandi predecessori, 
con la differenza di predicare la  rottamazione non degli avversari, 
ma di una classe dirigente interna al proprio partito, stranamente 
con la complicità dei rottamandi (i quali comunque hanno tanti altri torti
politici), un popolo conquistato con un linguaggio diretto, 
ricco di battute, dove le metafore del calcio rinverdiscono passioni 
tra compagni, maschietti, di ogni colore politico (ma è merito di Renzi 
la reale pratica delle pari opportunità), dove l'obiettivo del messaggio 
è la conquista di voti dappertutto. Per vincere. 
Il copyright del metodo è di Berlusconi.

Il più grande errore della sinistra è stato nell'aver impedito al suo interno
l'esplosione di una vita democratica, tanto decantata contro gli avversari
quanto rinnegata al proprio interno, nonostante i tentativi di Bersani.
Ed ora si trova a essere popolo elettore e non protagonista di elezioni.

Anche il successo delle primarie, da tutti sottolineato acriticamente, 
non è il successo del Pdnon è un successo della democrazia 
della partecipazione, o solo della mobilitazione di un partito, no,  
è solo il successo di Renzi. Tutto il popolo di Renzi, tutto,
grandemente motivato, si è presentato ai gazebo per vincere
per ora attraverso la rottamazione di una classe dirigente.
Chi continua a credere, marchiato dalla passione dell’uguaglianza 
del ’68, convinto del valore della partecipazione da esercitare all’interno 
dei partiti, nel rispetto di regole di partecipazione democratica e trasparente, 
vede un pericolo, per l’estensione della democrazia, 
nella riduzione/trasformazione delle persone in semplici elettori 
e non in “sovrani”.
Eppure segnali di novità per estendere la democrazia non mancherebbero, 
dal Manifesto fondativo (disatteso) di SEL, al viaggio di Barca 
nelle “sezioni” del Pd, al referendum organizzato dalla Spd in Germania 
per richiedere l’approvazione al contratto di governo con la Merkel
al movimento dei convivialisti, al messaggio di Francesco di condanna 
del "depauperamento delle relazioni interpersonali e comunitarie”.
E mentre un altro nuovo “popolo”, quello dei “forconi”,  avanza, 
è opportuno insistere: il nuovo non è nel “popolo” di qualcuno, 
ma nella partecipazione, di persone, tra persone, alla pari, una partecipazione 
reale, diffusa, trasparente, regolamentata alla costruzione responsabile, 
diretta di un progetto di società. Spero diventi il compito di una sinistra
responsabile, comunitaria, democratica, a "sovranità conviviale".
O no?
Severo Laleo


1 commento:

  1. Non c'è dubbio, hanno queste due cose in comune Renzi, Berlusconi, Grillo e, a suo tempo e nel suo piccolo piccolo, anche Bossi: la pretesa di rottamare tutti gli altri e quella di mettere un solo capo alla guida delle folle. Sono vent'anni che tira quest'aria in Italia. La democrazia è un'impresa faticosa, ed è facile stancarsene. E' già successo nel primo Novecento, qui e in Germania. Ma adesso non vedremo nulla di simile, sta' tranquillo caro Severo, la stanchezza prima o poi passerà, la democrazia, quella vera, vincerà.

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