sabato 10 novembre 2012

Schifani e l'antipolitica di Palazzo




Il nostro Presidente del Senato, Schifani, convinto sostenitore
un tempo della “Rivoluzione Liberale” del 1994,
ignorando i limiti della sua alta funzione istituzionale,
osa dichiarare, nel rispondere a una domanda di Beppe Fiorello,
sto lavorando per i cittadini, per la legge elettorale
che ci chiedono tutti. Ce la facciamo. Ce la stiamo mettendo tutta,
se no altro che Grillo al 30%, va all'80%”.

Proprio così. E’ insopportabile. E’ un’affermazione da dimissioni
d’obbligo. Al minimo da pubbliche scuse. Il perché è chiaro.
Il nostro Presidente del Senato Schifani ce la sta mettendo tutta”,
insieme ad altri suoi complici, evidentemente, perché sia approvata
presto una legge elettorale per raggiungere un preciso fine partitico.

Se il Presidente del Senato Schifani, pur uomo di Berlusconi,
avesse davvero interiorizzato una cultura autenticamente liberale,
se avesse imparato, per forza di scranno, a vestire l’abito del garante,
se la sua alta carica istituzionale gli avesse regalato il dono
di una vincolante cultura del limite, oggi dovrebbe essere preoccupato
più del degrado di molta parte dell’attuale classe politica, la “nominata”,
e molto meno dei tanti giovani, e non, pronti a votare le “5 stelle”.

In Italia, l’antipolitica non è fuori dal Palazzo, ma è al suo interno,
e proprio per difetto di cultura liberale.
O no?
Severo Laleo
P.S.
Nelle scuole di ogni ordine e grado, perché, forse, possa sperarsi 
di modificare, in futuro, il nostro italiano costume incline alla schiavitù, 
sarebbe ora di inserire, negli orari delle lezioni, un'ora al giorno
di "educazione alla democrazia". L’”educazione civica” non basta.

venerdì 9 novembre 2012

Un giorno Renzi sarà di sinistra




Per conoscere bene le persone, specie se impegnate nel servizio di Pubblica
Amministrazione, il tempo, le parole e i comportamenti sono molto utili. 
Di Renzi, spesso in questo blog, per giungere a una migliore conoscenza 
della sua persona, nelle sue vesti, certo, di candidato al Governo del Paese,
si è analizzato il linguaggio, e qualche altra volta, i comportamenti
e le intenzioni di programma. In questa analisi, nel tempo, continuiamo.
Oggi Renzi, in Agorà, su Rai Tre, ha svelato (si fa per dire!) anche un altro suo lato,
sia di abile conoscitore/manovratore dei media italiani 
(spesso, troppo spesso, senza nerbo, e attenti più all'urlo e meno alla riflessione, 
quasi specchio ideale della nostra screditata classe politica), 
sia di abile distributore di posti di Governo alle donne,
sia di abile narratore del suo più profondo sentimento, il coraggio.
I comportamenti: il coraggio.
Chiede Renzi, con forza, il riconoscimento di questo suo coraggio,
il coraggio, prima, di aver com/battuto, e vinto, a Firenze,
le strutture di potere del suo PD, senza inchini di riverenza,
e il coraggio, ora, di attaccare, a viso aperto, senza esclusioni di colpi,
e senza premi di consolazione, il quartier generale del suo PD. 
D’accordo, ma qui il coraggio non c’entra,
è semplicemente una normale dialettica/lotta politica, all'interno di un partito,
tra i pochi, tra l'altro, a piena struttura democratica.
Il coraggio è un’altra cosa, è importante, e ha senso, quando si rischia di persona.
Quali rischi corre il nostro Renzi lottando contro il suo Partito, il PD?
L'arresto? Il carcere? L'esilio? No, solo il rischio di conquistare la ribalta politica.
Non si ricordano di Renzi, se non erro, battaglie coraggiose per affermare diritti,
o impegni coraggiosi per correre in soccorso di persone in grandi difficoltà.
Le sue scelte di coraggio non paiono riguardare la difesa di persone e valori.
Solo per dare qualche esempio, è coraggio quello di don Milani  
per l’obiezione di coscienza, quello di Piero Gobetti in difesa della democrazia,
contro il nascente Fascismo, quello di Martin Luther King a difesa dei pieni diritti 
dei neri d’America, ma, dai, il coraggio di non schierarsi con D’Alema 
o con Bersani o con Letta è un coraggio ridicolo. 
Lasci Renzi intatto il suo coraggio per altre imprese.
Le parole: la rottamazione
La parola “rottamazione”, spiega Renzi, ottimo allievo, in questo, del professore
di Scienze delle Comunicazioni, Silvio Berlusconi, è servita, strumentalmente,
a conquistare le prime pagine dei giornali, di tutti i giornali, di quella stampa,
appunto, attenta agli urli, agli “sgarbi” quotidiani, e non ai ragionamenti 
della politica. Così, in un paese da tempo, troppo, berlusconizzato, ad alto tasso 
di anticomunismo, reale e inventato, è stato facile attirare l’attenzione di tutti e 
l’appoggio del centrodestra, anch'esso tanto strumentale quanto accattivante. 
Ma in politica agire strumentalmente non è mai per una sola volta. 
Lasci Renzi senza timore l’uso strumentale (e violento) delle parole.
Le intenzioni di programma: la “graziosa” concessione
Anche Renzi, segno dei tempi, almeno si spera, ha confermato di essere 
per un Governo di uomini e donne in numero pari. A sinistra,questa convinzione 
è diffusa. Anche Vendola è pienamente d’accordo.Eppure il Governo 
di uomini e donne in pari numero appare ancora una “graziosa” concessione, 
di un Premier maschio. Ma la democrazia di domani pretende regole, 
non concessioni. E regole molto più incisive per una piena  democrazia di genere.
Lasci Renzi il suo buon cuore e la sua generosità nel privato.
Il tempo
In realtà, nell'oggi, ogni scelta, anche di programma, in Renzi (bravo giovane 
adulto, simpatico, moderno, alla mano, convinto di qualche sua idea, 
meritevole sicuramente nella scelta di aver smosso/smuovere acque stagnanti),
non sembra nascere dal “sacro” fuoco di scegliere una “parte” per realizzare,
secondo le idee della “sua” parte, un percorso di civilizzazione della società,
ma, semplicemente, sembra nascere, attingendo sempre al suo messaggio
di “ambizione”, da una forte, pre/potente affermazione del sé
(almeno per ora, perché con il trascorrere degli anni la maturità renderà più attenti
agli altri e meno catturati dell’ego: il cambiamento è da augurare, 
sempre e di cuore, a tutti. anche Fini ora è un "altro").
Con il tempo le ambizioni, e i seguaci dell’ambizione, saranno abbandonati.
In cuor suo, il Renzi anti Marchionne, il Renzi del Governo uomini/donne,
il Renzi del ritorno alla Carta di Intenti e all’alleanza con Vendola,
intuisce cos’è la democrazia, e ne tenterà l’inseguimento e, un giorno, l’incontrerà,
dove solo, senza altri vincoli, la si può trovare: a sinistra.
O no?
Severo Laleo



domenica 4 novembre 2012

La fine del maschio italiano per una democrazia di genere




Finito il maschio Di Pietro, con in gola raggelato, per colpa di/grazie a Report,
l’ultimo urlo, non più attivo, da PM, ma smarrito e incredulo,
spettatore ormai della fine politica sua e del suo rivale storico,
al termine di una lunga lotta senza tregua, da capopopolo a capopopolo,
sciolto, appunto, nella crisi e negli scandali, il maschio carisma 
(dei soldi) di Berlusconi, insieme ai suoi "servi liberi",
rattrappito, da un pezzo, con maschio dolore, il dito medio di Bossi,
rinculati, in un recinto, ora, “democratico”, i Casini, i Rutelli, i Fini,
una volta leader/padroni maschi  indiscussi di partito,
affannato per l’Italia il nonleader buon maschio Bersani,
oscurata, nella battaglia per le primarie, l’eccezione donna Puppato,
nell'attesa, infine, di produrre, grazie alla prolifica Italia illiberale,
il prossimo leader maschio, dal carisma soft, ma pur padrone, Monti,
a contendersi il campo, ignari epigoni del berlusconismo,
nel teatrino della politica, per metodo e arte, sono i maschi Grillo e Renzi,
con il “vaffismo”, verso tutti, da una parte,
e con la “rottamazione”,  verso l’interno del Pd, dall’altra.
E con parole d’ordine comunque contro, gradevoli all’orecchio irato,
in continuo rimbalzo su media privi di scandaglio. Così va l’Italia.
E’ vero, pur hanno, i format di Grillo e Renzi, un programma,
di maschio piglio, ma spesso a coinvolgere i più è la brillante affabulazione,
ricca di battute e sorrisi, volgari, da una parte, e affabili, dall’altra,
per un obiettivo finale comune: sparigliare e vincere! Poi si vedrà.
Ma la democrazia è altro, e non è cosa solo da maschi.
Almeno così si spera, se prendiamo per buono l’impegno di SEL:
La premessa di ogni discorso pubblico deve essere quella della piena 
democrazia di genere, riconoscendo pienamente la differente soggettività 
delle donne e degli uomini, poiché il mondo è costituito da uomini e donne 
e non è possibile continuare nella rimozione di questa evidente realtà: 
la cultura e la dignità delle donne sono state offese quotidianamente 
dal maschilismo e dal sessismo che, ben dentro i confini della scena pubblica 
e dei luoghi istituzionali, hanno costituito un architrave fondante dell'ordine 
simbolico del discorso berlusconiano. La questione della soggettività sessuata 
non è il tema di una qualche compensazione in termini di “quote”, 
ma la necessità di riscrivere insieme – uomini e donne – i codici delle relazioni
e della politica.”

Forse la fine del maschio italiano, almeno in politica, è vicina.
O no?
Severo Laleo


venerdì 2 novembre 2012

Marchionne, l’uomo lesto senza limiti




Marchionne è uomo pronto, intelligente, dalle decisioni rapide e leste,
senza tentennamenti, come si conviene a chi ha imparato a giocare
in un mercato globale. E vince. Sa muoversi con ampia libertà,
non ha confini, sa che chi si ferma è perduto, sa dove andare,
è un manager di successo, e soprattutto, sa usare, con parole e in atti,
la determinazione necessaria per affrontare ogni situazione di difficoltà.
E da ricco in soldi non sopporta freni e ostacoli per la sua azione
di imprenditore. Qualche esempio?

Renzi non è più con Marchionne “senza se e senza ma”?
E diventa, per il nostro, il sindaco di una “piccola e povera città”.
Il Governo chiede a Marchionne di conoscere i tempi
dei piani industriali della “sua” Fiat?
E il nostro inventa la categoria temporale del “momento idoneo”.
E’, in breve, il nostro, un uomo dalle risorse infinite.
Per chiarire la sua offesa a Firenze, compra una pagina della Nazione
e parla, non richiesto, con tutti i  cittadini “fiorentini”.
Per investire in Italia, chiede la continuità del Governo Monti,
perché crede nell'Italia di Mario Monti, quella che vuole cambiare”
(in verità, non tanto per Monti, quanto per sfiducia nella democrazia),
e parla, non richiesto, agli “elettori”.

Ora la Corte d’Appello di Roma lo obbliga a riassumere 19 operai
licenziati illegalmente, perché discriminati?
E il nostro, pronto e senza tentennamenti,  uso scientemente ad andare oltre,
mette “in mobilità” 19 operai. E, con calcolo puro, pareggia il conto.
Senza perdite di tempo, ma con il disappunto di Fornero e Passera.
E non è poco, di questi tempi, in Italia.

Forse Marchionne è davvero l’uomo del presente,
perché, al pari di tanti piccoli uomini della politica, non conosce limiti.
E non conoscendo limiti, parla e agisce violento, ignaro della mitezza.
O no?
Severo Laleo

venerdì 26 ottobre 2012

C’è un giudice a … L’Aquila




E’ davvero insopportabile, e insieme avvilente, assistere, in silenzio,
noi comuni cittadini, e persone di buon senso, d’Abruzzo e non,
alle grida, sorprese e sdegnose, di tanti, troppi, intellettuali,
anche di fama mediatica, contro la sentenza di condanna dei membri,
scienziati ed esperti, della Commissione Grandi Rischi,
e insopportabile appare, e incomprensibile, e priva di meritoria protesta,
anche la scelta delle dimissioni, per solidarietà con i condannati,
da parte dell’attuale Commissione G.R., dimissioni, per ora,
non accolte dal Governo, che, a sua volta, italianamente,
per il tramite del Ministro Clini, altro esperto e “tecnico”, ha espresso,
senza motivo documentabile, “solidarietà alla comunità scientifica”.

Solidarietà perché? Solidarietà di che?

Tutti sappiamo che la Scienza in sé non è in discussione.
Solo i nostri offesi e permalosi intellettuali di grido continuano a costruirsi
un falso bersaglio per colpire il mestiere, questo sì onesto, e responsabile,
di un giudice solo. Nessuno in Italia crede, e può mai credere,
che il giudice Billi abbia voluto condannare la Scienza, Galileo,
perché tutti sappiamo che a essere condannati sono solo i Galileo,
se lecito è il paragone per l’occasione, con sedia nella Commissione G.R.
Ma, si sa, grazie agli astuti deputati della destra berlusconiana,
siamo il paese della “nipote di Mubarack”. E continuiamo ad esserlo,
se, per  seguire gli astuti intellettuali di casta, crediamo ancora
all’invenzione comoda della condanna della Scienza e di Galileo.

Sembra impossibile, ma siamo costretti, noi cittadini, a ripetere,
a intellettuali accomodanti e a un Ministro distratto, che a meritare
la solidarietà non è la comunità scientifica, ma la comunità aquilana.
Sembra impossibile, ma siamo costretti, noi cittadini, a ripetere,
a intellettuali accomodanti e a un Ministro distratto, che non è la “Scienza
a subire una severa condanna, ma il comportamento
di “coscienza” degli scienziati, così proni e disponibili a rafforzare,
pur da un alto pulpito, la logica tutta italiana dell’”accomodamento”, 
a scapito di quella imperativa ”serietà” che è sempre consapevole 
delle proprie responsabilità. 

Se corretta è l’interpretazione delle intercettazioni, la scienza, invece,
quella piccola, piccola  della Commissione Grande Rischi, ubbidisce, 
servile, alla richiesta, sollecitata da un meschino, e onnipotente,
e malato potere politico, di rinunciare proprio al suo dovere/mestiere
di Scienza, e così risponde: “Non ti preoccupare sai che il nostro
è un atteggiamento estremamente collaborativo. Facciamo 
un comunicato stampa che prima sottoponiamo alla tua attenzione”. 
Qual è la natura di una scienza "estremamente collaborativa"?
Qual è la natura di una scienza che si sottopone all'attenzione di un governo?
In altre parole, dopo quello frastornato di Schettino, un altro “Vabbuò, ja”,
questa volta lucido e complice della scienza della CGR.
Così è (era) abituata a navigare l’Italia dei sotto…boschi.

Il Giudice Billi, da solo, semplicemente, chiama i "potenti", e i decisori,
di turno, scienziati e responsabili di un pubblico servizio, al dovere morale
e politico dell'attenzione, vigile, corretta, e responsabile, verso le persone.
Sempre e comunque, senza genuflessa disponibilità verso i potenti.
A subire una severa condanna, si spera definitiva, è, quindi,
il nostro pressappochismo, la nostra sciatteria, la nostra approssimazione,
la nostra imprecisione, il nostro facile annuire al cenno di un capo,
la nostra incapacità, pigra ed egoistica, di spenderci per il bene pubblico,
e di usare, con intransigenza, direi gobettiana, l’“onestà” della ragione.

Ma, forse, anche a L’Aquila, finalmente, s’è trovato un giudice.
O no?
Severo Laleo


lunedì 22 ottobre 2012

A L’Aquila nasce un Paese nuovo




Con la condanna della Commissione Grandi Rischi (attenzione non parlo
della condanna delle persone, ognuna rispettabile e in buona fede,
almeno così voglio credere), in Italia ha luogo un importante cambiamento,
significativo, per il comune sentire, e quasi disegna un civile spartiacque.
Un cambiamento, si spera, fecondo di nuovi comportamenti di etica sociale,
soprattutto nelle nuove generazioni, le quali, nel loro agire pubblico,
non potranno più dimenticare, domani, il dolore della gente d’Abruzzo.
E giunge severa la condanna, e carica di senso, e di speranza,
proprio in un momento, così deflagrante, di degrado generale della vita pubblica,
esito di un decennio e più di “distrazioni” diffuse in ogni campo d’azione,
specie per il “fare”, allegro, delle classi dirigenti al potere, spesso inette.
Unfit, comunque.

La sentenza del Giudice Unico Marco Billi, con il suo rigore nell'analisi
della sequenza dei fatti, con la sua determinazione “nel capire i fatti”,
condanna, insieme alla colpevole faciloneria, anche, ad esempio,
l’incapacità di un Governo, sebbene tecnico e nato persino con l'ambizione
(esagerata) di modificare la "mentalitàdegli italiani, di varare una legge 
anti-corruzione moderna, efficace, giusta, in sé dissuasiva di reati, 
solo perché ancora schiavo dell'arte nostra di "arrangiare" accordi al ribasso, 
per non urtare questa o l’altra sensibilità (si fa per dire!) di una già sfiduciata 
classe politica, confermando, così, ancora una volta, la logica tutta italiana 
dell’”accomodamento”, sempre a scapito della ”serietà” consapevole 
delle proprie responsabilità. Laddove il Governo dei Professori ha fallito, 
e ancora fallisce sulla legge anticorruzione,
un Giudice, da solo, è riuscito a richiamare, all'obbligo morale dell'attenzione 
verso le persone, i "potenti", i decisori, di turno.

A L’Aquila muore il nostro pressappochismo, la nostra sciatteria, 
la nostra approssimazione, la nostra imprecisione, la nostra incapacità 
pigra ed egoistica di spenderci per il bene pubblico, e di usare, 
con intransigenza,  l’“onestà” della ragione
(mentre più attenti e generosi diventiamo quando si toccano i sentimenti).
Forse la civilizzazione del nostro Paese partirà da L’Aquila.
O no?
Severo Laleo





Mi manca tanto Berlinguer




La tenacia, nel procedere “inesorabilmente” per il trionfo della verità,
virtù di Davide Serra, amico di Renzi, anch’egli con un tirocinio da scout,
che non paga, legittimamente, le tasse in Italia,
ma che in Italia interviene a discutere, legittimamente, di politica,
(non siamo forse cittadini del mondo!),
e “l’ambizione di non porsi limiti”, virtù di Renzi sine qua non
si diventa suo sostenitore/collaboratore, esprimono le nuove doti operative 
(forse sono virtù di scout), per l’affermazione del ,
nella finanza e nella politica. E marcano le nuove sfide per il futuro.
Soprattutto dei giovani. Ma per aver contezza di queste nuove doti,
leggiamo le parole di Serra della sua Lettera a Bersani,
e ascoltiamo la sua retorica, con un occhio al suo bersaglio
e un orecchio alla storia: “Essere stato definito “bandito” da lei mi offende
personalmente, offende la mia famiglia e i miei figli, e delegittima il lavoro pulito
e trasparente che ho portato avanti in 20 anni di attività. Vede caro Onorevole,
mi sono laureato molto presto e, come tanti italiani, ho molto lavorato,
termine non notissimo ai tanti che parlano, per arrivare, poco o tanto,
dove sono arrivato … Vede Onorevole Bersani, tutto quello che faccio lo faccio
(voce del verbo fare e non parlare) con l’obbiettivo di migliorare il mio Paese
di nascita, ma gli attacchi subiti, sul niente, da lei e dai suoi accoliti
che fingono di avercela con me, ma di fatto vogliono delegittimare Matteo Renzi,
mi danno la conferma che il lavoro da fare è lungo e duro. Ma non bisogna mollare
Non scendo nei particolari delle nefandezze e delle offese che mi ha rivolto,
a questo ci penseranno i miei legali italiani e inglesi che chiameranno i giudici
a decidere sulle sue parole. Mi dicono che in Italia lei è … immune!!!
ma prima o poi non lo sarà più e io procederò inesorabilmente,
ho molto tempo e voglio che la verità venga ristabilita”.
Indubbiamente Serra ha la tenacia limpida di un uomo del fare.
E uomo del fare è anche Renzi con la sua “ambizione di non porsi limiti”.
Leggiamo le sue parole a conclusione del Capitole 12 delle “Idee
Ciò che importa fin d'ora è che tutti quelli che contribuiranno a questo percorso 
condividano l’ambizione di non porsi limiti”. 
E' solo una briciola del nuovo all'orizzonte, e sembra significativa.
Mi manca tanto Berlinguer.
O no?
Severo Laleo



domenica 21 ottobre 2012

Il “criterio certo” di Goffredo Bettini: un’apertura alla mitezza




Trovo in rete, e voglio qui riportare, perché sono condivisibili,
delle parole di Goffredo Bettini, a proposito di lotta politica.
Il riferimento è questa volta alle primarie del PD.
Ma il discorso è estensibile alla politica tutta.
Indicano, a mio avviso, le sue parole, una modalità di discutere
e di decidere corretta e, insieme, aperta, all’interno di un Partito,
e individuano, anche nel più duro degli scontri sulle idee,
un limite preciso nel rispetto della persona, anche attraverso il linguaggio.
Sebbene qualche puntura, indiretta, sfugga persino al nostro.
Scrive Bettini, a proposito, è chiaro, di rottamazione:
''Nessuno ha il diritto di tagliare, con la lama delle sue ambizioni 
personali e di potere, la testa di chi, nel bene e nel male, 
rappresenta un patrimonio e una ricchezza di un'intera comunità''.
Le teste di riferimento, in questo caso, sono di Veltroni e D’Alema.
E , ispirandosi a "un criterio certo", suggerisce, per le candidature:
tutti i segretari dei due partiti che hanno nelle loro successive
modificazioni dato vita al Pd, e solo loro, siano presenti in Parlamento.
Sono gli indiscutibili protagonisti di una vicenda non priva di ombre
e di errori che tuttavia ci ha portato fin qui: a essere il perno 
fondamentale per un difficile ma urgente riscatto della Repubblica”.
Al di là delle persone in discussione, e senza entrare nel merito,
la proposta in sé apre a un ragionamento mite, capace di spezzare
la violenza della lotta politica ad personam, in quanto determina
i confini oltre i quali, una volta concordati, non è ad alcuno lecito andare.
E la proposta, con il suo metodo di individuare un “criterio certo”,
supera anche le buone intenzioni delle regole statutarie esistenti,
spesso derogabili ad libitum, e quindi senza “limiti” certi.
E, quindi, irrispettose nei confronti degli innovatori.
Esiste un ''disagio'' - continua Bettini - derivante  ''dalla sensazione
che nel modo villano, propagandistico, strumentale
con il quale si sta ponendo la sacrosanta, e purtroppo non compresa 
in tempo, esigenza di rinnovamento delle persone e delle forme 
della rappresentanza politica e dei partiti anche di sinistra, 
ci sia in realtà il disprezzo della storia e delle radici di un'intera 
comunità. La comunità democratica e di sinistra.
E, invece, proprio quando si tenta un salto sostanziale 
verso il cambiamento, si devono riconoscere i percorsi 
che ti hanno permesso di arrivare sul ciglio delle nuove sfide''.
E’ indubbiamente il tentativo corretto di trovare una misura.
La ricerca del “criterio certo” e l’idea del rinnovamento, nel rispetto
delle persone, sono la dimensione fondamentale della democrazia moderna,
e della sua essenziale caratterizzazione: la trasparenza assoluta.
E’ attuale un esempio in tema di certezza del criterio.
Il ministro Ornaghi nomina Melandri Presidente del MAXXI.
E’ nel suo potere, così stabilisce la legge.
Eppure suscita una marea di critiche. Ma il problema non è se Melandri
il problema è l’assenza del criterio certo, l’assenza della trasparenza assoluta,
della conoscenza pubblica delle vie attraverso le quali si giunge alla decisione.
La certezza del criterio è dentro la cultura del limite, e non può non segnare
la democrazia del futuro. Ma il futuro, tranne qualche “giovane” o “comico”
o “altro” egoistico tentativo di diffondere un’ultima illusione,
non è ancora in vista. Almeno così sembra.
La pratica della democrazia, purtroppo, s’apprende per generazioni.
E senza una cultura del limite,  senza una cultura “personalista”,
senza la certezza dei criteri, è facile aprire il fuoco compiaciuto
della violenza verbale, anche solo a fini mediatici
(e poi dicono che il medium non trasforma le persone!),
con conseguenze gravi, se non altro, per i più fragili di mente.
O no?
Severo Laleo

sabato 20 ottobre 2012

Signora




Per un “plebeo” dato a un agente, un Ministro in Inghilterra
è stato costretto, in qualche modo, a rassegnare le dimissioni.
Per una reazione immediata del sentire comune.

Per un “signora” dato a una donna Prefetta da parte di un prete*
in Italia scatta l’ira di un  maschio Prefetto, il quale inveisce:
Lei ci offende. Non può chiamarci signori”.

E forse è proprio vero.
O no?
Severo Laleo
* il prete anticamorra, don Maurizio Patriciello

Plebeo




Pare che il Ministro britannico per i Rapporti con il Parlamento, A. Mitchell,
abbia dato del "plebeo" a un agente di guardia a Downing Street,
perché gli aveva impedito di accedere alla residenza del Primo Ministro.
Oggi, quel Ministro, già condannato dal sentire comune per aver offeso
un tutore dell’ordine pubblico, è stato costretto alle dimissioni.
E il Primo Ministro ha accolto immediatamente le sue dimissioni.
Ah, questi Inglesi, sempre a giocare a “gentleman”,
e puntano i piedi per un controverso “plebeo” buttato via per ira
a un solo agente, al quale pur ha presentato, accolte, il Ministro
le sue scuse?

Da noi, al contrario, se un Ministro dà del “fannullone
a tutti i dipendenti pubblici, apre un benemerito fronte di guerra,
e dimostra un coraggio da vendere contro sindacati complici;
da noi, se una Ministra dà dello “scroccone” a un’intera popolazione meridionale,
alla quale pur ha chiesto una generosità di valutazione in sede concorsuale,
sul campo diventa la paladina intrepida della nordità leghista;
da noi, se un Ministro ... lasciamo perdere, è Bossi;
da noi, se un Primo Ministro dà del “matto”, e di “affetto da turbe psichiche
a tutti i giudici, trova i suoi tanti “servi liberi”, e non solo,  pronti all’applauso.

Forse le dimissioni di Ministri, colpevoli di aver sbagliato a usare
un linguaggio non consono all'alta funzione coperta, sono una pratica d’obbligo
solo nella civile, e non più perfida, Albione.
O no?
Severo Laleo





venerdì 19 ottobre 2012

Accattonaggio a Firenze




Firenze, “piccola e povera città”, grazie a un’unanime, o quasi, mozione
del Consiglio Comunale, s’è impegnata, nelle persone del Sindaco Renzi
e della sua Giunta, a cancellare i poveri dai semafori,
a combattere, cioè, nel rispetto della legge, per il decoro della città,
per la sicurezza stradale, l’accattonaggio, sì, la richiesta di libere donazioni
(elemosina) agli incroci (crocicchi) da parte di poveri.

Perché un’operazione finanziaria di raccolta fondi, libera
e legittima per tutti, diventa insopportabile, e da vietare, nei poveri?
Perché raccogliere fondi, tramite donazioni, contribuzioni volontarie,
è “fundraising”, e chiedere contribuzione volontaria per strada 
è “accattonaggio”?
Perché chiedere finanziamenti, a porte chiuse, a ricchi sceltissimi,
è “raccolta fondi” per la campagna elettorale,
mentre raccogliere spiccioli, apertamente, a persone di passaggio,
è un “mendicare”, per giunta, molesto?

Se per un fundraiser è importante apprendere, attraverso un master,
ogni valida tecnica per gestire la migliore relazione con i donatori,
perché si nega a un accattone la possibilità di seguire un corso gratuito,
a carico del Comune, perché apprenda a gestire, senza molestia, con educazione,
e nel rispetto della sicurezza stradale, la sua relazione con i donatori di passaggio?
Perché un Paese civile, civili non rende anche i suoi poveri?

Forse perché tra ricchi e poveri esiste ancora un’insopportabile disuguaglianza.
O no?
Severo Laleo




mercoledì 17 ottobre 2012

Pacta servanda sunt…e Monti e Profumo non sono esentati



Con un “Forse c’è una spia nel palazzo, al servizio di Monti 
e del suo governo!” mi ha salutato oggi per le scale il mio pacato condomino 
del primo piano, pensionato in cravatta a milleseicento euro mensili, 
con rata del quinto, e ritenuta sindacale da sempre, per una vita d’esempio
per professionalità e cultura nella scuola italiana, un vero “maestro”.
(Un volta la scuola … ma Profumo, che ne sa questo Profumo del lavoro
e dell’impegno a scuola, che ne sa Profumo, quest’epigono gelminiano
della disgregazione per sfinimento della scuola pubblica, dell’ora di lezione:
nessun docente, domani, nella scuola così ridotta, potrà dirsi “maestro”,
nessun discente, domani,  nella scuola così ridotta, potrà dirsi “alunno”,
insieme saranno, da ora, nella scuola così ridotta, prigionieri in carcere.
Roba da tecnico senz'anima).

 “Ma ch’è successo? Perché parla così?

Lei non ci crederà, ma Monti, per la stabilità di bilancio,
per salvare l’Italia, la sua Italia, l’Italia dei suoi pari,
ha guardato, con accanimento, non so usare altra parola,
al bilancio familiare di mia figlia. Sembra una spiata.
E ha colpito in pieno, senza scampo, quasi a dispetto,
e senza rispettare i patti in vigore, già firmati.
Il Primo Ministro tecnico! Un’ipocrisia, la sua, tecnica, ma di classe.
Non riesce a guardare da un’altra parte, questo Monti.
Sempre dalla stessa parte…ah! ai miei tempi, nel ’68…
i sindacati… Signor Luigi, mi creda, Monti ha una spia nel palazzo, 
forse il signor nostro professionista, l’evasore del terzo piano, 
ci siam capiti…tra lor signori…”

Forse ha ragione il pacato, ora non più, mio condomino del primo piano.
E capisco la sua preoccupazione di padre e nonno. E di uomo di scuola,
così attento alla legalità, alla coesione sociale, alla civilizzazione.
La sua figlia, da qualche anno, per caso, con un lavoro stabile,
finalmente ha comprato la prima casa con un mutuo, e facendo i conti con rigore
(ma Monti, che ne sa Monti del rigore delle famiglie!),
avrà calcolato, per definire i limiti massimi dell’indebitamento con la banca,
anche i benefici fiscali previsti dalla legge in vigore sia per le spese
per l'intermediazione immobiliare sull'acquisto dell'abitazione principale,
sia le detrazioni degli interessi sul mutuo per la prima casa,
sia le detrazioni per le spese per l'asilo nido.
E ora Monti, senza alcun rispetto, senza un corretto interloquire, 
entra nella sua casa e le scombina i piani, punto per punto, 
stravolgendo il rigore familiare. Qualcuno in Europa gli dirà “bravo” e, 
da noi non richiesto, alla sua personale soddisfazione 
darà il nome dell’Italia, con arroganza tecnica e bonaria.

Forse, in un sussulto di umana comprensione, e di civile educazione,
a Monti pur attribuibili, il Presidente tecnico dovrebbe chiedere scusa 
alla figlia del “maestro”, e volgere sguardo e spie in altri Palazzi. 
Almeno per ritrovare un'anima.
O no?
Severo Laleo

domenica 14 ottobre 2012

“Street Control” una tecnologia d’avanguardia a metà



Firenze non è una “piccola e povera città”. E’ una città all'avanguardia.
Insieme a tante altre. Almeno per strada, dalla primavera 2012,
da quando è in funzione “Street Control”, il sistema della multa
veloce e senza tregua, a tecnologia spinta, ma avara.

La sicurezza stradale, garantire la sicurezza stradale,
è un principio di civiltà, irrinunciabile. Tutti d’accordo.
E la tecnologia, al servizio della sicurezza stradale, è un tratto
della modernità, fondamentale. Tutti d’accordo.
Ma perché la tecnologia, a servizio sì della sicurezza,
non è anche al servizio dei cittadini,
anzi, amplia soltanto la burocrazia del Comune,
il profitto delle Poste, a spesa, e a spreco di tempo, del sanzionato?

Il Vigile di una volta, stanco e accaldato nella calura fiorentina,
con la sua penna, e un moderno modulario, scriveva,
a cappello alto e svogliato sulla fronte, le sue annotazioni, e lasciava, infine,
al parabrezza dell’auto in divieto di sosta, un foglietto rosa
con tutte le indicazioni per un pagamento rapido, e senza altre spese.
Un’azione semplice, ma di pieno rispetto per tutti.
La scelta, se pagare con o senza spese accessorie,
se pagare € 39 o € 57, era lasciata al sanzionato. 

Ora con l’avanzare della tecnologia, dall’ambiente climatizzato
di un’auto della Polizia Municipale, il Vigile, non più accaldato,
scatta una foto/video e sanziona, immediatamente,
senza lasciare traccia della multa sul parabrezza,
ma inviando, con ingiusta (e illegittima?) spesa accessoria, d'obbligo,
il verbale tradizionale all’indirizzo del proprietario.

Perché il Vigile di "Street Control" non è dotato, oltre a una penna
e a un modulario, di un hardware d'avanguardia per stampare immediatamente
un foglietto rosa, a volo, per il parabrezza dell’auto in divieto di sosta,
rendendo un corretto servizio per la sicurezza stradale
e nel rispetto di ogni cittadino?

La tecnologia all’avanguardia va bene, ma se è un vantaggio per tutti.
O no?
Severo Laleo

sabato 13 ottobre 2012

E’ tempo adesso di politicamente corretto


E’ stata oggi pubblicata la Carta d’Intenti della Coalizione di Centro-Sinistra.
Un documento, per ora, solo di “intenti”, ma pur chiaro nella sua volontà
di rinnovamento della democrazia. Ecco un solo passaggio, per avere un’idea
della direzione del rinnovamento:
L'autonomia, la responsabilità e la libertà femminile sono una leva 
per la crescita e una risposta alla crisi democratica. C'è un nesso 
strettissimo tra il maschilismo e l'offesa alla dignità delle donne 
incarnati in questi anni dal berlusconismo e il degrado 
delle istituzioni democratiche. Il riconoscimento della soggettività 
femminile e l’attuazione del principio della democrazia paritaria 
sono oggi condizioni essenziali per la ricostruzione del Paese.

Eppure, uno dei candidati del Pd alle primarie, Matteo Renzi,  ha emesso già,
adesso, subito, il suo verdetto, netto, e senz’appello: “La carta di intenti
del centrosinistra è un documento molto generico e generale 
che non crea nessun tipo di problema. Poi ciascuno lo riempirà 
dei propri contenuti... Se quel documento ha un problema 
è che è fin troppo generico”.

Appare un giudizio affrettato e ingeneroso, da avversario a tutti i costi,
e soprattutto incomprensibile, specie se giunge da un candidato
che, mentre chiede alla Rete (a chiunque di noi)  di collaborare 
al “suo” programma per renderlo migliore, non riesce poi a trovare, 
in un documento così importante, del “suo” Centro-Sinistra, niente 
che possa essere ascoltato e recepito; per Renzi la Carta di Intenti è inutilizzabile, 
perché fin troppo generica,
al punto da poter essere riempita, a piacere di ognuno, anche di Renzi,
dai “propri contenuti”. E no, non è questa un’operazione
politicamente corretta, anzi, il semplice annunciarla segna il trionfo
della vecchia politica degli inganni.  
Se si ha la pazienza di confrontare il testo del candidato Renzi
a proposito di democrazia “Ritrovare la democrazia”
la differenza, in termini di chi propone un reale rinnovamento,
è significativa e notevole. Leggere per credere.

Infine, il capitolo 12  e ultimo delle “Idee” si chiude con queste parole:
Il programma di Matteo Renzi sarà presentato alla Stazione Leopolda 
di Firenze, due settimane prima del voto delle primarie. 
Ciò che importa fin d'ora è che tutti quelli che contribuiranno 
a questo percorso condividano l’ambizione di non porsi limiti. 
Come dice il saggio, anche un viaggio di mille chilometri
 inizia con un singolo passo.”
E no, “l’ambizione di non porsi limiti” stride con qualunque idea di saggezza,
ed è pericolosa, specie se è la cosa "più importante". 
E’ pur vero che “il cammino s’apre camminando”, ed è giusto che ognuno
abbia la possibilità di avviare un “suo”cammino, ma senza una meta definita,
senza un traguardo trasparente, senza la misura dei passi, 
senza il tracciato di strada, senza il senso del limite, 
si rischia di cadere nel burrone.
O no?
Severo Laleo



domenica 7 ottobre 2012

Le parole "nuove" del cambiamento: “buon numero” e “vincere”



Dichiara Renzi:
Ho messo un buon numero di donne in giunta…”.
La lungimiranza e la generosità octroyée dei nostri leader maschi
è senza pari in Europa; ed è l'offerta viva di una modernità
travolgente e “nuova”, per incentivo di rottamazione.

Aggiunge Renzi:
"c'è chi ha bisogno di dire cose di sinistra
per farsi una verginità: il punto vero è che io voglio una sinistra
che vinca. Troppo spesso, però c'è una sinistra in Parlamento
che si accontenta di partecipare. Io se voglio votare qualcuno
che vuole solo partecipare, voto De Coubertin. Io voglio vincere".
E tornano alla memoria, noi non più giovani, altre “nuove” parole:
La parola d'ordine è una sola, categorica e imperativa per tutti...
vincere”.

Forse l’Italia delle persone, degli uomini e delle donne, chiede altro.
O no?
Severo Laleo