lunedì 25 marzo 2013

La fiducia “sperimentale”




La politica rischia di nuovo di impantanarsi nelle tresche di Palazzo.
Appare ancora tutta bloccata da una prassi costituzionale costruita 
ai tempi dei grandi partiti di massa, in un modo o in un altro a struttura 
democratica, e spesso pensosi del bene pubblico.
Oggi, al contrario, tutto sembra tornare nelle mani di pochi “decisori”,
non tutti pensosi del bene pubblico.

Anzi nelle mani del giocatore più abilmente spregiudicato, pronto
a ricattare, neomoderato del XXI secolo, il Presidente
del Consiglio incaricato, con minacce di sovversivismo istituzionale,
agitando le sue carte false; sì, false, perché il centrodestra per la prima 
volta nella storia della Repubblica è minoranza nelle aule parlamentari 
e nel Paese; e non ha più la forza di imporre le sue condizioni, 
come sempre ha fatto nella storia del dopoguerra; per questo Berlusconi 
si sgola, anche da un palco di ritmi e canti napoletani, e dinanzi a una folla 
di danzatori, molti a pagamento, perché sa di essere vicino alla sua definitiva 
uscita di scena. E allora urla, perché solo urlando può trovare forse 
qualcuno che l’ascolta, anche nel Pd, anzi nel Pd moderato di Renzi.
Per la gioia piena di un Grillo visibilmente in difficoltà.

Qual è il rischio delle tresche? Che possa nascere un Governo
di Larghe Intese, tra un partito, il Pd, comunque a struttura democratica, 
e un partito (si fa per dire!), il Pdl, a struttura, non solo padronale, 
ma completamente asservito agli interessi personali, anche giudiziari, 
del suo capo. Cioè un governo di pura difesa dei riti inciuciari 
e non trasparenti di sempre, arroccato, e sordo alle pressanti richieste 
di cambiamento, esplicitamente gridato dalle urne. E tutto questo
 mentre un "Movimento" per il cambiamento gongola a cinque stelle
per la rovina del Paese. E’ mai possibile?

E perché mai dovrebbe assecondare questa corsa alla rovina il Sindaco
di Firenze, Renzi, l’icona del “nuovo”, propugnatore di un nuovo modo 
dell'agire politico, lontano da tresche, leale con gli elettori, e difensore 
da sempre della trasparenza in politica, cioè di quella scelta rivoluzionaria
di poter raccontare in piazza, a conferma democratica di ben operare,
quanto di interesse di pubblica utilità si concorda nel segreto di un incontro? 
Solo per tirare il suo rigore in prossime primarie?

In verità Bersani, unico tra i segretari di partito ad aver ottenuto
una legittimazione popolare di notevole rilievo, ha capito, dopo avere
analizzato il senso profondo del voto, con grande senso 
di sensibilità/responsabilità democratica, la strada da percorrere: 
presentare precisi punti di programma per il cambiamento –questione morale 
e questione sociale- a tutto il Paese, attraverso i singoli rappresentanti
in Parlamento, alla luce del sole, senza truccare la “partita” (uffa, speriamo
riesca Bersani anche a evitare, per restituire “serietà” alla politica, 
tutte le metafore penosamente calcistiche della nostra politica berlusconizzata).

Il nostro Presidente della Repubblica, rigoroso interprete
della Costituzione, e della sua consolidata prassi, ha ascoltato, 
per la formazione del nuovo governo, solo i gruppi e i leader (e che leader!), 
dando per scontato il voto di tutti gli “appartenenti” secondo ubbidienza. 
Non  è più così. Ed è da un po' che l'ubbidienza non è sempre una virtù!
Il cambiamento, oggi, non è tanto nelle mani di questo o quel  “partito”, 
di questo o quel “gruppo”, quanto nelle mani costituzionalmente garantite
di ogni parlamentare. Se il Presidente insiste nel chiedere certezza di numeri 
prima di inviare alle Camere il nuovo governo, dovrebbe dare facoltà e tempo
al Presidente incaricato di procedere all'ascolto, faccia a faccia, su quei punti,
di tutte/i  le/i  parlamentari, perché, solo restituendo ai soggetti, in un momento 
di grande responsabilità personale, una libertà piena e incondizionata, 
senza vincoli di disciplina di appartenenza (sarebbe tra l'altro una modalità 
di un parlamentarismo moderno e responsabile), è possibile dare un senso 
all'alta funzione, propria di ogni rappresentante del popolo, del voto, 
per appello nominale, di "fiducia". 

Bisogna dunque "sperimentare" nuovi percorsi, quando i sentieri noti 
diventano inagibili. Il cambiamento non può essere più nella mani dei pochi 
che trescano, a volte, solo nel proprio esclusivo interesse con la scusa di dare 
un "governissimo" al Paese, con l’aggravante dell’ipocrisia di definirsi
responsabili nella ricerca dell'accordo; il cambiamento è ora nelle mani 
delle persone che siedono in Parlamento, a qualunque gruppo appartengono,
perché ad esse soltanto, soggettivamente responsabili, spetta il compito/dovere 
di dare una fiducia “sperimentale”, da verificare in corso d'opera, a un governo 
di cambiamento, dopo vent'anni di immobilismo rovinoso.

O no?
Severo Laleo 


giovedì 21 marzo 2013

Bersani e il Governo (nuovo) delle Persone




C’è una novità politica, assoluta, nel ragionamento di Bersani,
dopo l’incontro con il Presidente Napolitano. Ed è la novità, 
per l’unico cambiamento oggi possibile, del parlare, 
e contemporaneamente chiedere un voto di responsabilità, 
alle persone del Parlamento, secondo la libera convinzione di ciascuna/o.

Il parlare, e chiedere un atto di coraggio politico, alle Persone presenti 
in Parlamento, e non ai Partiti (quel che ne rimane!), sulla base di un programma
di cambiamento, a ogni parlamentare, singolarmente, inviato, 
è la sola via d’uscita dalla crisi. La crisi politica, attraverso la quale si è aggravata 
la crisi sociale ed economica, è figlia dell’accucciarsi, per egoismi personali, 
danarosi e di potere, di un’intera classe politica in perenne interessata adulazione 
del proprio “capo”. A ciascuno il suo.

Il governo del cambiamento non può nascere dal sì dei “partiti” e/o 
dei “movimenti”, generatori, in un modo o nell'altro, della dissoluzione 
della democrazia, partiti e movimenti, appunto, trasformati in corti, 
ora vocianti ora silenti, al servizio di un “capo”. Può mai nascere un governo
con il voto di fiducia di un Razzi sempre sorridente e di un mai domo Scilipoti?
Quale valore avrebbe la parola "fiducia"!
Via, lasciamo i loro voti esclusivamente nella disponibilità del loro capo.

Bersani, unico segretario di partito legittimato da un ampio voto democratico, 
è il solo ad avere la forza di rompere gli antichi schemi, e proporre una nuova 
soluzione per un Governo delle Persone.

Altre uscite dalla crisi sono o il ripristino della prepotenza
dei partiti/movimenti padronali attraverso un governo istituzionale
o del presidente (costretti a trovare un accordo per non cambiare),
o la perpetuazione dell’errore di inseguire qualche nuovo (giovane?) fantomatico
leader, attraente risolutore sì, ma solo scompattando/ricompattando le forze
in campo, per la rinuncia definitiva al cambiamento, o a un suo contenimento.

Parlare alle Persone è correre il rischio del trasformismo? Senza dubbio, 
ma se i partiti sono padronali, il trasformismo diventa fattore nobile di libertà.

O no?
Severo Laleo

Per la Poesia nella sua Giornata Mondiale 2013




Cielo


Non esiste
Luogo di diversità
Più ampio
...
Tutte le stelle
Nel cielo
Brillano.


Severo Laleo

mercoledì 20 marzo 2013

Messora e Martinelli non sono badanti




Beppe Grillo ha nominato Claudio Messora e Daniele Martinelli
coordinatori della comunicazione” di Senato e Camera. Pare per evitare
altri disordini e caos, dopo il pasticciaccio della libertà di coscienza e di voto
di qualche birichino senatore nel duello Schifani/Grasso.
Coordinatori della comunicazione”. Nessuno ci crede, soprattutto
nell'ambiente delle news. Per questo son diventati subito i “badanti”.

In realtà, quale sarà il compito assegnato ai due “coordinatori
non è per ora ben chiaro, al punto che la trasparenza nel M5S
ne soffre a morte. Ma presto salterà agli occhi di tutti, appena le persone
del M5S in Parlamento ne potranno apprezzare le alte qualità di “comunicazione”.
E succederà presto.

Sì perché il Messora e il Martinelli non sono i “badanti” di poveri
vecchi rimbambiti (aggettivo valido solo in questo contesto),
da cercar, per finta, di capire per poi guidare dove vuoi, ma
di giovanotte/i in fermento di libera crescita e di libero movimento
(sono o non sono Movimento?).

Avranno dunque un compito più ingrato il Messora e il Martinelli,
perché, più che “badanti” di vecchi rimbambiti, saranno, immagino,
dei bidelli, dal Preside comandati, inaspettata voglia, a mantenere l’ordine,
ultima ora, dinanzi a una quarta classe agitatina di un istituto tecnico,
in assenza del prof. di storia (ritardatario abituale).

Ma una quarta agitatina pronta a far silenzio proprio non esiste.
O no?
Severo Laleo

martedì 19 marzo 2013

Il movimento, la rete, i partiti e la “sovranità conviviale”




Oggi si parla tanto della vittoria del “movimento”, e della sua “rete”, 
nella recentissima sfida elettorale; e sembra una vittoria della democrazia
aperta e trasparente contro il dispotismo dei “partiti” tradizionali, 
corrotti e chiusi nelle proprie gerarchie.
C’è del vero in quest’affermazione. Ma attenti a non scivolare
nel lago stagnante delle false idee immobili.

Sia chiaro, la rete è “uno”  degli strumenti per l’esercizio aperto
della democrazia; ma, se diventa “lo” strumento, unico,
per l’esercizio aperto della democrazia, rischia, sia se la rete è da un “padrone” 
diretta e controllata, sia se la rete è senza alcun controllo, di divorare
la soggettività responsabile delle persone e per questo di diventar violenta.

La democrazia moderna, dopo aver colpevolmente subito e accarezzato
il “partito carismatico” (ma da noi il carisma è stato del danaro avvilente),
il “partito del leader” (anche quando il leader era piccolo, piccolo), 
il “partito personale” (spesso all'interno di uno stesso partito, ad esempio il Pd),
il non-partito “movimento” (stranamente rigido nelle posizioni del suo “motore”), 
ha ora bisogno non di “abolire” i partiti, al contrario, ha bisogno di “più partito”, 
cioè di un “luogo reale”, fisico, dove regole nuove e trasparenti rendono possibile 
una relazione “alla pari” tra le persone, dove la dirigenza sia scelta anche
per “sorteggio”, dove uomini e donne, in spirito di servizio, siedono 
in pari numero” nei posti di guida, dove non si elegga a “capo” un “singolo”, 
spesso un maschio, ma una “coppia”, un uomo e una donna (si tratta di passare 
dal monocratismo di sempre al bicratismo del futuro), dove il finanziamento sia,
da una parte, pubblico (la responsabilità, anche economica, della continuità 
democratica è un bene/dovere del Paese), dall'altra, privato, ma possibile 
solo a iscritte e iscritti.

Se i partiti e i movimenti, in sé, sono senza regole di democrazia,
trasparenti e controllabili,  se non hanno un luogo di condivisione delle idee, 
se non sperimentano, anche dopo aver usato la rete, l’ardire del comprendersi 
guardandosi negli occhi, non potranno mai essere in grado di estendere
la democrazia e di costruire una “sovranità conviviale”.

Altrimenti è sempre e ancora "partita", e tifo unto di interessi d'egoismo.

O no?
Severo Laleo

lunedì 18 marzo 2013

La saggezza (avara) di Renzi






A leggere Maria Teresa Meli sul Corriere della Sera.it, Renzi ha dichiarato: 
«Se si fa un governo che dura una legislatura per me è anche meglio. 
Mi ricandido a sindaco e ho il tempo di rafforzarmi nel partito e all'esterno».

Vedi? La saggezza di Renzi è sempre un po’ più avanti della “pancia” dei suoi sostenitori più pigolanti, spesso pronti a “volar nei nidi altrui”.

Eppure, superata la fase dell’esaltazione dell’ambizione fine a sé stessa, 
rimane ancora una preponderante presenza dell’”io” (avaro) e non della “politica”.

Ma nella vita il migliorarsi non ha mai fine.
O no?
Severo Laleo

P.S.
Se si fa un governo (ottimo) che dura una legislatura, anche per il Paese 
è meglio (specie se Renzi collabora pienamente, magari offrendo il suo impegno 
per realizzare la “trasparenza” e la “riforma dei partiti”; altrimenti, 
quando e se correrà da Premier, troverà tutto come prima,  e la sua “novità” 
consisterà solo nell’essere il novello epigono del berlusconismo, per carità, 
esclusivamente per quanto riguarda abilità e metodi nel raccogliere il consenso 
elettorale. E non è un bene per la civilizzazione di un Paese.

domenica 17 marzo 2013

Laura Boldrini e il catalogo degli ultimi





A chi di voi è capitato di leggere il discorso della nostra Presidente della Camera, Laura Boldrini?
Nessun problema, niente di che, davvero; solo un elenco di robe mai considerate prima, almeno con così tanta attenzione e diretta partecipazione consapevole.

Infatti, dopo i ringraziamenti e i saluti di rito, parte  un asciutto catalogo degli ultimi:

·         chi ha più bisogno e chi ha perduto certezze e speranze  
·         i poveri
·         la generazione prigioniera di precarietà
·         le donne umiliate dalla violenza travestita da amore
·         chi  è caduto senza trovare la forza o l’aiuto per rialzarsi
·         i detenuti in condizioni disumane
·         i disoccupati, gli inoccupati, gli esodati
·         gli imprenditori schiacciati dal peso della crisi
·         le vittime del terremoto e gli abitanti di territori abbandonati
·         i pensionati al minimo
·         i morti per mano mafiosa e per mano del terrorismo
·         i morti senza nome del mediterraneo
·         gli ultimi di tutte le periferie del mondo
         
In breve tutta la "sofferenza sociale".

Non credo esista, in altri discorsi di rito di insediamento
alla Presidenza delle Assemblee Nazionali dei Paesi dell’Europa, Svezia inclusa, 
un così asciutto catalogo degli ultimi.

Qualcosa è cambiato e può ancora cambiare,
se parteciperà al cambiamento, da protagonista, il M5S.

Il discorso di Laura Boldrini, la nostra Presidente della Camera,
a me, soprattutto dopo gli anni del berlusconismo,
così attento alla gente che riempie a frotte i migliori ristoranti,
è sembrato un discorso di asciutta rivoluzione.

O no?
Severo Laleo

Elogio del limite




Nella cultura di oggi prevale "il rifiuto del limite, del fatto che siamo
creature limitate e dipendiamo gli uni dagli altri.  Al contrario,
dovrebbe esserci l'elogio del limite, perché il limite,  fisico affettivo
intellettuale, ci spinge ad uscire da noi stessi, ci costringe ad ascoltarci,
a misurarci con la nostra non autosufficienza e ad imparare
ad entrare in comunicazione con altri, non come il nostro specchio
ma come il terminale di relazioni vere e virtuose, ci spinge
a chiedere umilmente aiuto e dare generosamente aiuto".

Sono parole del Presidente della Cei e arcivescovo di Genova,
cardinale Angelo Bagnasco.
Chissà se con Papa Francesco, dentro la Chiesa e fuori, si possa cominciare
a ragionare sulla modernità di porre un limite alla ricchezza
(è facile trovare la strada, se si vuole), e un limite alla povertà
(e qui è urgente intervenire subito).
O no?
Severo Laleo

Il maestro furioso e l’accorto discepolo


    

Ecco, in buona evidenza, nel giornale online ilfattoquotidiano.it,
questo titolo:

Senato, Grillo: nostro risultato aver fatto cambiare candidati a Bersani”.

Se ad esprimersi così è stato  Grillo, la sua constatazione non solo è legittima
e veritiera, è anche saggia. Ed apre la mente a un futuro  saggio.
E’ di un’evidenza solare: senza il successo elettorale del M5S,
perseguito da Grillo con grande passione e fatica, il risultato di oggi,
di tangibile cambiamento, alla Camera e al Senato, difficilmente
si sarebbe concretizzato.
La semplice presenza del M5S, in quantità utile a rompere i soliti giochini
di sempre, ha spinto il PD, già costretto a capire il messaggio del popolo elettore,
a presentare per le Presidenze una giovane candidata e un candidato maturo
fuori dalle logiche, pur legittime, di personali carriere politiche dentro il partito.
Ad averne guadagnato è stato il Paese, insieme alle istituzioni e alla democrazia.
Grillo, questo è il suo merito, ha liberato energie pulite, nuove davvero,
nel Paese, energie libere, di opposizione al sistema, ma con il dovere,
questa volta istituzionale, di costruire un nuovo sistema.
Il dovere non è solo verso gli elettori del M5S, ma anche verso il Paese intero.

Quale sarà questo sistema? Questo il punto per il futuro (quando Grillo lancia
l’idea di voler raggiungere il 100% dell’elettorato per il cambiamento definitivo,
sa di usare il suo paradossale linguaggio, e solo  i conservatori o i non riflessivi
possono credergli!).  Grillo dovrà presto rispondere anche a una domanda
sul suo personale impegno politico per il futuro: se a liberare energie ha avuto
ragione ed è stato all’altezza del compito, ed è stato premiato, quale ruolo 
si riserverà nel partecipare al buon uso di tanta liberata energia nuova? 
Un conto è un non-statuto per “rompere”, un conto è una riforma per “cambiare”.
Oggi il M5S ha il potere di incidere fortemente nel cambiamento.

E perché? Perché se Grillo ha saputo dare, con la sua furia, una lezione al Paese,
il discepolo più accorto ad apprendere la sua lezione è stato proprio il discepolo
più pronto e ricettivo, oggi presente in Italia, il PD di Bersani.

Nell’esperienza didattica perfetta, quando tra maestro e discepolo si stabilisce
una relazione di intenso scambio nella comprensione, allora  avviene il miracolo
della creazione di nuovo sapere.
O no?
Severo Laleo

P.S. Mentre scrivo, leggo la notizia, su Rai News 24, di un Grillo determinato
nell’ invitare i senatori “traditori”  a dimettersi: ha avuto breve durata
la sua saggia constatazione di cui sopra. Come non detto.

giovedì 14 marzo 2013

L’ossessione antica e il cambiamento nuovo dal basso




Questa la notizia in Repubblica.it: Spiegel attacca Grillo:
"Antidemocratico, è l'uomo più pericoloso d'Europa".  (Amen!)
"E' come Mussolini e trae energie dall'odio contro i politici e contro i tedeschi".
(E ci mancava, dopo Hitler, anche il duce!)

Questi giudizi senza storia  nascono solo da un’ossessione.
L’ossessione, d’origine antidemocratica, di far dipendere i destini
di una comunità nazionale da una persona, da un leader,
da un “signore” incontestabile e inamovibile.
E quest’ossessione, in Italia, è anche più diffusa, e grave,
perché per vent’anni il sistema politico è stato schiacciato
da una parte dalla presenza ingombrante dell’uomo Berlusconi
e del suo stile (si fa per dire!) padronale, maschilista,
a danarismo avvilente; dall’altra dall’assenza, a sinistra e al centro,
per fortuna non definitiva, di una cultura liberale di opposizione,
a difesa dei fondamentali della Costituzione.

E’ vero, siamo un paese a democrazia fragile, per difetto culturale
(non abbiamo mai ricevuto un’educazione liberale), e per disposizione
familistica nei confronti del moderno Stato.
Ma che ora, dopo aver conosciuto il berlusconismo e i suoi derivati,
il bossismo, il dipietrismo, e via di seguito con gli altri ..ismi
dei tanti leader e leaderini, tutti, a gara, impegnati a limitare
la democrazia e la libertà delle persone attraverso l’asservimento
continuo e gli scambi di potere, con l’aggravante di aver rispolverato,
per l’occasione, la categoria del merito (un disastro di sofferenza
per le nuove generazioni), si debba continuare a gridare la paura
per il totalitarismo grillino, è insopportabile. Suvvia!

In un paese così devastato, in termini di riduzione della democrazia,
Grillo appare ed è il “liberatore” di tantissime energie giovani.
Comunque vadano i tentativi di “governo”. Grillo ha un suo linguaggio paradossale, ha un suo stile, inconfondibile, ma il risultato del suo operare
nel sistema politico non è (stato) l’asservimento, ma la liberazione.

Nei prossimi mesi la sfida è tra la possibilità nuova, reale
di un cambiamento dell’agire politico del sistema Paese,
e un ritorno, sotto altre spoglie, di un nuovo leaderismo giovane
e acritico, ancora una volta da tifo (calcistico).

A Bersani, quale premier in pectore, il compito, per responsabilità
istituzionale, di rinnovare, da antileader forte (è il solo), la nostra
democrazia, con il suo ascolto dialogante, paziente, resistente, umile,
intelligente con le/i parlamentari del M5S, perché il cambiamento
possa finalmente costruirsi dal basso, grazie anche al Grillo suscitatore;
con il fallimento del tentativo Bersani fallisce il cambiamento
dal basso, capolavoro di Grillo, e verranno forse altri leader,
epigoni comunque del berlusconismo, sia pure con il volto giovane,
pronti a decidere dall’alto con i vecchi di sempre le illusioni
del cambiamento.

O no?
Severo Laleo

mercoledì 13 marzo 2013

Per colpire Napolitano basta non leggere i suoi comunicati




Leggo, tra i commenti a un articolo di Alessandro De Angelis su L'Huffington Post,
questa dichiarazione di Marco Furfaro, di SEL:

“Questo paese sta andando a sbattere, è chiaro. Perché se il Presidente 
della Repubblica non ha il coraggio di dire che la legge è uguale per tutti, 
dall'uomo più potente d'Italia all'ultimo dei cittadini, l'emergenza democratica 
è sancita da colui che dovrebbe essere il garante della democrazia.

Un Presidente della Repubblica che aggiunge un "però" non è un buon 
presidente. Puoi arrivare primo alle elezioni, ma se hai violato la legge 
ti sottoponi alla magistratura. Così è e così deve essere. Si faccia un giro 
tra le carceri Napolitano, guardi negli occhi quanti poveracci ci sono. 
Sono quelli che vanno difesi e reintrodotti nella società e nella vita politica. 
Non Silvio Berlusconi.

Pur elettore di Sel, non sono d’accordo. A mio avviso, la discussione è mal posta. 
Molto mal posta. Ed è influenzata dall’interessato tam tam berlusconiano  
della “vittoria”. Non è così. Esprimere un giudizio istintivo, non politico,
sulle qualità (coraggio/paura) di Napolitano, senza al contrario ricavare,
dalla lettura dei suoi comunicati (unici ad avere valenza politica), le novità
davvero nuove e rilevanti per la nostra democrazia, significa arretrare,
di fronte alla destra, sul piano della difesa della democrazia.
A destra vogliono lo scontro della sinistra contro il Presidente di “sinistra”.
E già sono partite le bordate contro “qualsiasi”  altro Presidente di sinistra
in futuro. Infine, spostare l’attenzione su un Napolitano non attento a difendere
i “poveracci”, per affermare una tesi senza riscontro documentale, 
è operazione retorica e basta.

E vengo ai comunicati.
Nel primo comunicato. Napolitano ribadisce alla delegazione PDL 
(mai delegazione di partito ebbe, per le storie delle singole personalità, 
profilo tanto inaffidabile in tema di giustizia!) che “non può interferire
nell'esercizio del potere giudiziario” e che nessuno gli può chiedere  
impropri interventi in materia”; e aggiunge il suo “rammarico, 
in particolare, per quanto è accaduto ieri … sfociato in una manifestazione 
politica senza precedenti all'interno del palazzo di giustizia di Milano”; e si riserva 
di sviluppare più ampiamente in un prossimo intervento le sue valutazioni”, 
quasi a dire: la vicenda non si chiude qui e ora.
Nel secondo comunicato. Napolitano ribadisce che  “il più severo controllo 
di legalità [è] un imperativo assoluto per la salute della Repubblica da cui 
nessuno può considerarsi esonerato in virtù ell'investitura popolare ricevuta”; 
auspica che si evitino “nei limiti del possibile, interferenze tra vicende processuali
e vicende politiche”; ma liquida definitivamente, secondo una perfetta lettura 
costituzionale (e democratica), il più formidabile cavallo di battaglia di Berlusconi, 
con queste parole: “Non è da prendersi nemmeno in considerazione 
l'aberrante ipotesi di manovre tendenti a mettere fuori giuoco - 
"per via giudiziaria" come con inammissibile sospetto si tende ad affermare - 
uno dei protagonisti del confronto democratico e parlamentare nazionale”; 
e nell'invitare tutte le parti a “freddezza ed equilibrio” rivolge il suo appello 
soprattutto alle parti “politiche, titolari di grandi responsabilità 
nell'ordinamento democratico”.

Un buon Presidente, se è stato combattente e partigiano, sa smettere questi panni
quando diventa arbitro. E tanto più deve essere attento nell'arbitrare quanto 
più aspro è diventato il finale scontro.  
Per quanto mi riguarda attendo fiducioso il suo prossimo intervento.
Il Paese non va a sbattere, ma se noi ci lasciamo trascinare nel caos
istituzionale da un manovratore senza scrupoli, il pericolo esiste.

O no?
Severo Laleo

P.S. Eppure, in questa situazione di scontro così pericoloso, e forse ultimativo,
per il futuro del Paese, c’è chi (Renzi e non solo), all’interno della coalizione 
moralmente e politicamente obbligata a trovare una soluzione, dà la sua mano, 
scaldando i muscoli a bordo campo, indifferente sulla questione fondamentale 
dell’agibilità democratica, pronto a rientrare in una partita prossima ventura
(questo purtroppo è il linguaggio oggi affascinante e dominante!).
Evidentemente la fase della saggezza politica -un dovere quando si tratta
di salvare le istituzioni  della Repubblica- è svanita nei richiami di ultrà
d’ogni specie e parte. 

martedì 12 marzo 2013

Non sempre l’esperienza parlamentare è una garanzia. Anzi




Mentre molti si preoccupano della preparazione “politica”
delle persone elette in Parlamento dal M5S,
il Presidente della Repubblica, intanto, non perde l’occasione
per dare un’essenziale ripetizione di cultura istituzionale
sia all’ex Ministro della Giustizia, Alfano,
sia ai parlamentari di lunga esperienza,
il Senatore Gasparri e l’on. Cicchitto.

Ecco il comunicato integrale della Presidenza della Repubblica:

“Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ricevuto oggi al Palazzo 
del Quirinale  – su loro richiesta come preannunciato, alle ore 11.00 – il Segretario, 
on. Angelino Alfano, e i Presidenti uscenti dei gruppi parlamentari del PdL, 
on. Fabrizio Cicchitto e sen. Maurizio Gasparri. Essi gli hanno rappresentato preoccupazioni di carattere politico-istituzionale per recenti sviluppi delle vicende giudiziarie riguardanti il leader del loro partito e capo della loro coalizione.
I rappresentanti del PdL hanno altresì espresso piena consapevolezza della natura delle responsabilità e delle prerogative del Capo dello Stato che non può interferire nell’esercizio del potere giudiziario, e quindi non gli hanno rivolto alcuna richiesta di impropri interventi in materia”.
“Il Presidente della Repubblica ha espresso il suo vivo rammarico per il riaccendersi di tensioni e contrapposizioni tra politica e giustizia. Rammarico, in particolare, per quanto e’ accaduto ieri ed e’ sfociato in una manifestazione politica senza precedenti all’interno del palazzo di giustizia di Milano. Il Capo dello Stato, nel fare appello a un comune e generale senso di responsabilità perché non appaia messa in questione né la libertà di espressione di ogni dissenso né l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, ha auspicato un immediato cambiamento del clima venutosi a creare; e si e’ riservato di sviluppare più ampiamente in un prossimo intervento le sue valutazioni”.

In attesa del prossimo intervento, di sostegno all’insegnamento,
un grazie, per ora, al Presidente Napolitano.

O no?
Severo Laleo

P.S. "L'aberrante ipotesi"

In serata, dopo l'incontro con  il Comitato di Presidenza del Consiglio
Superiore della Magistratura, Napolitano è ancora intervenuto
con altre precisazioni e insegnamenti:
 "È comprensibile la preoccupazione dello schieramento che è risultato secondo nelle elezioni, di veder garantito che il suo leader possa partecipare alla complessa fase politico-istituzionale già in pieno svolgimento, che si proietterà fino alla seconda metà del prossimo mese di aprile" ma "non è da prendersi nemmeno in considerazione l'aberrante ipotesi di manovre tendenti a mettere fuori giuoco - 'per via giudiziaria' come con inammissibile sospetto si tende ad affermare - uno dei protagonisti del confronto democratico e parlamentare nazionale". E continua il Presidente: "Ho, negli anni del mio mandato, considerato e affrontato come problema essenziale quello del ristabilimento di un clima corretto e costruttivo nei rapporti tra giustizia e politica.....E ho indicato nel 'più severo controllo di legalità un imperativo assoluto per la salute della Repubblica da cui nessuno può considerarsi esonerato in virtù dell'investitura popolare ricevuta". 

Il 68 e la Gelmini




A proposito della manifestazione (si fa per dire!) 
davanti al Palazzo di Giustizia 
(per quanto tempo ancora?) di Milano, 
da Berlusconi non gradita (in verità, quando gli si mostra “affetto”, 
il Capo sempre gradisce), ha dichiarato coraggiosa 
e battagliera la Gelmini: 
per la prima volta abbiamo disubbidito a Berlusconi”.

Ecco, il tanto odiato ’68 della contestazione/disobbedienza 

ha fatto breccia anche nel suo cuore. 
Ora finalmente riconosco il Popolo della Libertà

O no?

Severo Laleo

lunedì 11 marzo 2013

La riscossa: dal Movimento Studentesco al Movimento 5 Stelle




Durante queste ultime settimane, per chi era giovane nel ’68,
si è aperto un qualche spiraglio di riscossa (non c’entra “avanti popolo”),
perché torna forte, al centro del dibattito politico, un Movimento,
una volta semplicemente Studentesco, oggi a 5 Stelle
(ma movimento è: solo un “5” a distinguere le sigle, ieri MS, oggi M5S),
ma soprattutto perché torna irresistibile, di nuovo, dopo 45 anni
–oggi età media alla Camera-, una domanda diffusa di cambiamento.

Il MS, nel ’68, con la sua protesta giovanile, fermo nel non riconoscere
alcun autoritarismo, convinto del valore della disobbedienza (don Milani)
generò, sì, una trasformazione nella società, ma la sua proposta politica
(in verità, non univoca) fu sconfitta. E sembrò per sempre.
Solo oggi è immaginabile una riscossa. Formidabili quegli anni (Capanna).
Furono le lotte del MS a innescare i processi di grande cambiamento
nella società: nel mondo del lavoro irruppero i diritti, con un nuovo
Statuto dei lavoratori; nel mondo della scuola saltarono le barriere di classe
per l’accesso all’Università dei “capaci e meritevoli”  d’ogni condizione sociale
(e s’aprì finalmente l’ascensore sociale); nel mondo privato della famiglia apparve, 
nuovissima, ed esplosiva, la libertà femminile, con felici conseguenze nel campo 
dei diritti della persona; e fu spazzata via, a tappe faticose, anche l’istituzione 
più terribilmente chiusa e dolente di una società autoritaria: il manicomio.
Solo il Palazzo riuscì a contenere gli assalti, e respinse l’assedio.
Il sistema politico, il sistema chiuso dei partiti, rifiutò, tetragono,
ogni cambiamento, e quel che fu il MS si disperse in rivoli senza storia,
quando non cadde o nell'estremismo settario, e persino violento,
o nell'antico italico opportunismo, e furono molti davvero i “cooptati”,
capaci sì, ma non più meritevoli, pronti ad arrangiarsi accucciati,
anche continuando ad abbaiare.

Tocca ora al M5S, grazie all'impegno civile di Grillo (è incontestabile), 
innescare il processo di grande cambiamento nel rapporto stato/cittadini, 
nell'organizzazione della vita politica, nell'apertura del Palazzo a tutte le persone 
e a nuova aria di onestà, di sollecitudine per il bene pubblico, di servizio 
non permanente nelle Istituzioni. La riscossa è vicina e a portata di mano. 
Basta onesto un accordo tra onesti. E onesto è Bersani.

E se questi ora mandano tutto all'aria?
E v…! E, sì, posso, perché fu sempre il ’68, dentro il MS, a nobilitare la “parolaccia”,
allora per rompere il muro del perbenismo ipocrita, e ora, gridata nelle piazze, 
a bandiera del M5S, per innalzare un muro.
Purtroppo qui si fa solo per imprecare alla sfigata sorte di una rottura.
Eppure sia chiaro, qualunque sarà la scelta del M5S, la libertà,
anche se è ancora da riempire di opportunità e risorse, è sempre da difendere.
Perché solo così, specie noi del '68, possiamo tenere aperta almeno la speranza
di quella riscossa ora possibile, dopo 45 anni.
O no?
Severo Laleo

Parlamentari prigionieri, precari e fissi




Nelle ultime ore abbiamo assistito a scene impossibili a verificarsi
in altri paesi di moderna democrazia in Europa e non solo.

A Roma un gruppo di libere/i  Parlamentari (chiariamo definitivamente:
le/i  Parlamentari del M5S, qualunque decisione prendano circa il Governo,
sono, senza dubbio, “persone libere”), a Roma, ripeto, Parlamentari
entrano in una riunione con l’obbligo, da una “guida” incontestata stabilito,
di non rispondere, forse per  una “difesa politica personale”,
alle domande della stampa. Il silenzio diventa dominante. 
E la trasparenza è provvisoriamente sospesa.

A Milano un gruppo di “liberi servi” Parlamentari (tra questi persone già note
per aver votato “Ruby nipote di Mubarack”), protesta ad alta voce,
tramite un battagliero Alfano (almeno ora, a difesa del suo “Capo”),
segretario senza potere di “guida” del PDL, davanti e dentro al Tribunale,
per chiedere l’intervento del Presidente Napolitano contro la Magistratura
(è questo il senso ultimo della protesta). Il vociare è dominante.
E permanente è la missione di questi rappresentanti del popolo (quale popolo?
Un dubbio sorge ora, in verità) a ostacolare i processi di trasparenza 
(e non solo giudiziaria).

Forse qualcosa non funziona nella nostra democrazia.
O no?
Severo Laleo


domenica 10 marzo 2013

Il nodo è la riforma della politica con la variante Renzi




Non so se esiste la sincerità in politica, specie nel Paese di Machiavelli,
ma la lealtà (dichiarata) sincera e piena di Renzi, e soprattutto “senza pugnalate”,
a Bersani , in verità non profuma di sincerità politica, perché non deriva tanto 
dalla convinzione di schierarsi a fianco di Bersani, ora, nel momento di una difficile 
crisi, quanto dal rispetto della sconfitta subita nei suoi confronti.
Sembra, cioè, essere più un problema dell’io-Renzi che del noi-Pd.
E così la lealtà di “dare una mano al vincitore” si avvia a diventare, grazie anche
a consiglieri impazienti, la lealtà “attiva e operante” al proprio progetto.

Il futuro del Paese non dipenderà forse dalle scelte di politica economica,
ma dalle scelte di riforma della politica. Il nodo da sciogliere è ora, subito,
l’avvio di un processo 1. di estensione della democrazia, anche attraverso
i nuovi strumenti dell’agire politico; 2. di reale partecipazione alla gestione del bene pubblico, anche attraverso la concreta possibilità di garanzia pubblica di accesso
al confronto politico per ogni soggetto; 3. di trasparenza assoluta di ogni procedura decisionale, anche quando si tratta di nomine.

E qui saltano agli occhi, grosse e decisive, le differenze tra le diverse opzioni
con la variante Renzi in panchina (fino a quando nel linguaggio politico dominerà
il calcio dei maschi?):

1. l’opzione Pd (oggi interpretata da non-leader, per fortuna, Bersani)
prevede la riforma della politica attraverso la riforma dei partiti, con una nuova modulazione del finanziamento pubblico ai partiti (a garanzia di un esercizio diffuso dell’agire politico);
2. l’opzione Grillo (da concretizzare attraverso le persone elette al Parlamento dal M5S) prevede l’eliminazione/superamento dei partiti e insieme del loro pubblico finanziamento, senza l’individuazione precisa e garantita di nuove forme di organizzazione politica;
3. l’opzione Berlusconi (ormai solo sulla carta, in quanto sconfitta definitivamente -il centrodestra per la prima volta nella storia della Repubblica è minoritario nel Paese, anche sommando Monti-) prevede l’eliminazione del finanziamento pubblico ai partiti, con la conservazione del partito carismatico, o meglio padronale grazie
al carisma dei soldi;
4. l’opzione Renzi (oggi solo nella veste di aspirante nuovo leader attraverso questa sua fase di lealtà “attiva e operante”) prevede l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, con una preferenza per una struttura leggera/liquida del partito, non si sa bene se più per scelta di teoria politica o più per una personale allergia alle “liturgie” e a “terapie di gruppo”.
Scegliere a questo punto è abbastanza facile, affinità e diversità sono
evidenti, nuovo e vecchio anche; di più, qualunque scelta si operi,
si indicherà chiaramente da che parte si sta nella storia del cammino
verso una democrazia di, e tra, persone libere.

Forse nel prossimo futuro si avrà bisogno di più Partito, magari nuovo, moderno, aperto, trasparente, con relazioni interpersonali alla pari, in sedi più ariose
in periferia, con la pratica del sorteggio per la scelta di parte di dirigenti e candidate/i, non con una leadership monocratica –troppo spesso di un maschio: è nel suo dna!-, ma di coppia, bicratica, insieme cioè di un uomo e una donna, soprattutto se, nel rispetto dell’inveramento della Costituzione, si vuole costruire una “sovranità conviviale”, e non solo orizzontale e virtuale, o a un capo carismatico obbediente, o nel mercato dei voti conquistata in leggerezza
a destra e a sinistra. Senza il partito delle persone e delle regole, non privo di finanziamento pubblico, la democrazia può sbandare e i leader perdere la testa.
O no?
Severo Laleo
P.S. Credo sia fuorviante, e forse oltremodo offensivo, il solo associare,
da parte di Renzi, grazie alla sua nuova lealtà "attiva e operante", i maneggi oscuri
e danarosi del sottobosco scilipotico al tentativo politico alla luce del sole
dell'onesto suo segretario Bersani.


sabato 9 marzo 2013

M5S, ancora paradossi

Il Movimento 5 Stelle cerca: a. "assistenti legislativi con laurea in materie 
giuridico-economiche con indirizzo pubblico, una profonda conoscenza 
del diritto costituzionale e diritto parlamentare. Questa figura seguirà 
i Portavoce nel lavoro delle Commissioni, preparerà proposte di legge, 
atti normativi ad hoc, proposte di emendamenti e rapporti sul lavoro 
delle commissioni"; b. "assistenti alla segreteria organizzativa con laurea 
in materie giuridico-economiche con indirizzo pubblico o esperienza 
comparabile, una forte capacità organizzativa e di gestione delle criticità. 
Seguirà i gruppi nell'organizzazione dell'agenda dei Portavoce 
per i lavori parlamentari e per la comunicazione con i cittadini e gli attivisti. 
Si richiede un'ottima conoscenza dei principali applicativi software 
di scrittura, database e fogli di calcolo, ed è indispensabile un'ottima 
conoscenza di Internet, i principali social network e della posta elettronica"; 
c. "direttore amministrativo con laurea in economia ed esperienza pregressa 
di contabilità, gestione dei flussi di cassa e dei flussi con la banca; revisore 
dei conti iscritto all'albo, responsabile del bilancio dei gruppi parlamentari 
in coordinamento con la società di revisione esterna"...

Ancora i paradossi dal M5S: 1. piena apertura, in trasparenza, a tutti 

nel partecipare a una selezione (da approvare/condividere), ma piena 
chiusura ai più nel seguire le procedure per giungere alle decisioni 
(da superare); 2. impegno pieno per dare inizio a un nuovo e serio lavoro 
nel Parlamento (da approvare/condividere), ma scarsa disponibilità 
(almeno per ora) ad assumere responsabilità per rendere continuo 
nel tempo quell'impegno (da superare); 3. impegno a istituire il reddito
garantito per sconfiggere  il precariato (da approvare/condividere), 
ma rischio reale di produrre nuovo precariato (da superare). 

Azzardo una previsione: le/i parlamentari della Campania 
(chissà di altre Regioni) non andranno in Parlamento solo per fare 
qualche giorno d'"ammuina". So' seri.
O no?
Severo Laleo

Auguri per una marcia mite all'interno delle istituzioni


Caro Beppe Grillo, cari amici del Movimento 5 Stelle,

Una grande occasione si apre, con la vostra vittoria alle elezioni, di cambiare dalle fondamenta il sistema politico in Italia e anche in Europa. Ma si apre ora, qui e subito. E si apre in questa democrazia, dove è sperabile che nessuna formazione raggiunga, da sola, il 100 per cento dei voti. Nessuno di noi può avere la certezza che l’occasione si ripresenti nel futuro. Non potete aspettare di divenire ancora più forti (magari un partito-movimento unico) di quel che già siete, perché gli italiani che vi hanno votato vi hanno anche chiamato: esigono alcuni risultati molto concreti, nell’immediato, che concernano lo Stato di diritto e l’economia e l’Europa. Sappiamo che è difficile dare la fiducia a candidati premier e a governi che includono partiti che da quasi vent’anni hanno detto parole che non hanno mantenuto, consentito a politiche che non hanno restaurato ma disfatto la democrazia, accettato un’Europa interamente concentrata su un’austerità che – lo ricorda il Nobel Joseph Stiglitz – di fatto «è stata una strategia anti-crescita», distruttiva dell’Unione e dell’ideale che la fonda.
Ma dire no a un governo che facesse propri alcuni punti fondamentali della vostra battaglia sarebbe a nostro avviso una forma di suicidio: gli orizzonti che avete aperto si chiuderebbero, non sappiamo per quanto tempo. Le speranze pure. Non otterremmo quelle misure di estrema urgenza che solo con una maggioranza che vi includa diventano possibili. Tra queste: una legge sul conflitto di interesse che impedisca a presenti e futuri padroni della televisione, della stampa o delle banche di entrare in politica; una legge elettorale maggioritaria con doppio turno alla francese; il dimezzamento dei parlamentari il più presto possibile e dei loro compensi subito; una Camera delle autonomie al posto del Senato, composta di rappresentanti delle regioni e dei comuni; la riduzione al minimo dei rimborsi statali ai partiti; una legge anti-corruzione e anti-evasione che riformi in senso restrittivo, anche aumentando le pene, la disciplina delle prescrizioni, bloccandole ad esempio al rinvio a giudizio; nuovi reati come autoriciclaggio, collusione mafiosa, e ripristino del falso in bilancio; ineleggibilità per condannati fin dal primo grado, che colpisca corruttori e corrotti e vieti loro l’ingresso in politica; un’operazione pulizia nelle regioni dove impera la mafia (Lombardia compresa); una confisca dei beni di provenienza non chiara; una tutela rigorosa del paesaggio e limiti netti alla cementificazione; un’abolizione delle province non parziale ma totale; diritti civili non negoziati con la Chiesa; riconsiderazione radicale dei costi e benefici delle opere pubbliche più contestate come la Tav. E vista l’emergenza povertà e la fuga dei cervelli: più fondi a scuola pubblica e a ricerca, reddito di cittadinanza, Non per ultimo: un bilancio europeo per la crescita e per gli investimenti su territorio, energia, ricerca, gestito da un governo europeo sotto il controllo del Parlamento europeo (non il bilancio ignominiosamente decurtato dagli avvocati dell’austerità nel vertice europeo del 7-8 febbraio).
Non sappiamo quale possa essere la via che vi permetta di dire sì a questi punti di programma consentendo la formazione del nuovo governo che decida di attuarli, e al tempo stesso di non contraddire la vostra vocazione. Nella giunta parlamentare si può fin da subito dar seguito alla richiesta di ineleggibilità di Berlusconi, firmata da ormai 150.000 persone : la fiducia può essere condizionata alla volontà effettiva di darvi seguito. Quel che sappiamo, è che per la prima volta nei paesi industrializzati e in Europa, un movimento di indignati entra in Parlamento, che un’Azione Popolare diventa possibile. Oggi ha inizio una vostra marcia attraverso le istituzioni, che cambieranno solo se voi non fuggirete in attesa di giorni migliori, o peggiori. Se ci aiuterete a liberarci ora, subito, dell’era Berlusconi: un imprenditore che secondo la legge non avrebbe nemmeno dovuto metter piedi in Parlamento e tanto meno a Palazzo Chigi.
Avete detto: «Lo Stato siamo noi». Avete svegliato in Italia una cittadinanza che vuole essere attiva e contare, non più delegando ai partiti tradizionali le proprie aspirazioni. Vale per voi, per noi tutti, la parola con cui questa cittadinanza attiva si è alzata e ha cominciato a camminare, nell’era Berlusconi: «Se non ora, quando?»
Remo Bodei 
Roberta De Monticelli 
Tomaso Montanari 
Antonio Padoa-Schioppa 
Salvatore Settis 
Barbara Spinelli 

Il voto al M5S e al centrosinistra non è un voto di contrapposizione, ma complementare.
O no?
severo Laleo