domenica 10 marzo 2013

Il nodo è la riforma della politica con la variante Renzi




Non so se esiste la sincerità in politica, specie nel Paese di Machiavelli,
ma la lealtà (dichiarata) sincera e piena di Renzi, e soprattutto “senza pugnalate”,
a Bersani , in verità non profuma di sincerità politica, perché non deriva tanto 
dalla convinzione di schierarsi a fianco di Bersani, ora, nel momento di una difficile 
crisi, quanto dal rispetto della sconfitta subita nei suoi confronti.
Sembra, cioè, essere più un problema dell’io-Renzi che del noi-Pd.
E così la lealtà di “dare una mano al vincitore” si avvia a diventare, grazie anche
a consiglieri impazienti, la lealtà “attiva e operante” al proprio progetto.

Il futuro del Paese non dipenderà forse dalle scelte di politica economica,
ma dalle scelte di riforma della politica. Il nodo da sciogliere è ora, subito,
l’avvio di un processo 1. di estensione della democrazia, anche attraverso
i nuovi strumenti dell’agire politico; 2. di reale partecipazione alla gestione del bene pubblico, anche attraverso la concreta possibilità di garanzia pubblica di accesso
al confronto politico per ogni soggetto; 3. di trasparenza assoluta di ogni procedura decisionale, anche quando si tratta di nomine.

E qui saltano agli occhi, grosse e decisive, le differenze tra le diverse opzioni
con la variante Renzi in panchina (fino a quando nel linguaggio politico dominerà
il calcio dei maschi?):

1. l’opzione Pd (oggi interpretata da non-leader, per fortuna, Bersani)
prevede la riforma della politica attraverso la riforma dei partiti, con una nuova modulazione del finanziamento pubblico ai partiti (a garanzia di un esercizio diffuso dell’agire politico);
2. l’opzione Grillo (da concretizzare attraverso le persone elette al Parlamento dal M5S) prevede l’eliminazione/superamento dei partiti e insieme del loro pubblico finanziamento, senza l’individuazione precisa e garantita di nuove forme di organizzazione politica;
3. l’opzione Berlusconi (ormai solo sulla carta, in quanto sconfitta definitivamente -il centrodestra per la prima volta nella storia della Repubblica è minoritario nel Paese, anche sommando Monti-) prevede l’eliminazione del finanziamento pubblico ai partiti, con la conservazione del partito carismatico, o meglio padronale grazie
al carisma dei soldi;
4. l’opzione Renzi (oggi solo nella veste di aspirante nuovo leader attraverso questa sua fase di lealtà “attiva e operante”) prevede l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, con una preferenza per una struttura leggera/liquida del partito, non si sa bene se più per scelta di teoria politica o più per una personale allergia alle “liturgie” e a “terapie di gruppo”.
Scegliere a questo punto è abbastanza facile, affinità e diversità sono
evidenti, nuovo e vecchio anche; di più, qualunque scelta si operi,
si indicherà chiaramente da che parte si sta nella storia del cammino
verso una democrazia di, e tra, persone libere.

Forse nel prossimo futuro si avrà bisogno di più Partito, magari nuovo, moderno, aperto, trasparente, con relazioni interpersonali alla pari, in sedi più ariose
in periferia, con la pratica del sorteggio per la scelta di parte di dirigenti e candidate/i, non con una leadership monocratica –troppo spesso di un maschio: è nel suo dna!-, ma di coppia, bicratica, insieme cioè di un uomo e una donna, soprattutto se, nel rispetto dell’inveramento della Costituzione, si vuole costruire una “sovranità conviviale”, e non solo orizzontale e virtuale, o a un capo carismatico obbediente, o nel mercato dei voti conquistata in leggerezza
a destra e a sinistra. Senza il partito delle persone e delle regole, non privo di finanziamento pubblico, la democrazia può sbandare e i leader perdere la testa.
O no?
Severo Laleo
P.S. Credo sia fuorviante, e forse oltremodo offensivo, il solo associare,
da parte di Renzi, grazie alla sua nuova lealtà "attiva e operante", i maneggi oscuri
e danarosi del sottobosco scilipotico al tentativo politico alla luce del sole
dell'onesto suo segretario Bersani.


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