martedì 19 marzo 2013

Il movimento, la rete, i partiti e la “sovranità conviviale”




Oggi si parla tanto della vittoria del “movimento”, e della sua “rete”, 
nella recentissima sfida elettorale; e sembra una vittoria della democrazia
aperta e trasparente contro il dispotismo dei “partiti” tradizionali, 
corrotti e chiusi nelle proprie gerarchie.
C’è del vero in quest’affermazione. Ma attenti a non scivolare
nel lago stagnante delle false idee immobili.

Sia chiaro, la rete è “uno”  degli strumenti per l’esercizio aperto
della democrazia; ma, se diventa “lo” strumento, unico,
per l’esercizio aperto della democrazia, rischia, sia se la rete è da un “padrone” 
diretta e controllata, sia se la rete è senza alcun controllo, di divorare
la soggettività responsabile delle persone e per questo di diventar violenta.

La democrazia moderna, dopo aver colpevolmente subito e accarezzato
il “partito carismatico” (ma da noi il carisma è stato del danaro avvilente),
il “partito del leader” (anche quando il leader era piccolo, piccolo), 
il “partito personale” (spesso all'interno di uno stesso partito, ad esempio il Pd),
il non-partito “movimento” (stranamente rigido nelle posizioni del suo “motore”), 
ha ora bisogno non di “abolire” i partiti, al contrario, ha bisogno di “più partito”, 
cioè di un “luogo reale”, fisico, dove regole nuove e trasparenti rendono possibile 
una relazione “alla pari” tra le persone, dove la dirigenza sia scelta anche
per “sorteggio”, dove uomini e donne, in spirito di servizio, siedono 
in pari numero” nei posti di guida, dove non si elegga a “capo” un “singolo”, 
spesso un maschio, ma una “coppia”, un uomo e una donna (si tratta di passare 
dal monocratismo di sempre al bicratismo del futuro), dove il finanziamento sia,
da una parte, pubblico (la responsabilità, anche economica, della continuità 
democratica è un bene/dovere del Paese), dall'altra, privato, ma possibile 
solo a iscritte e iscritti.

Se i partiti e i movimenti, in sé, sono senza regole di democrazia,
trasparenti e controllabili,  se non hanno un luogo di condivisione delle idee, 
se non sperimentano, anche dopo aver usato la rete, l’ardire del comprendersi 
guardandosi negli occhi, non potranno mai essere in grado di estendere
la democrazia e di costruire una “sovranità conviviale”.

Altrimenti è sempre e ancora "partita", e tifo unto di interessi d'egoismo.

O no?
Severo Laleo

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