parole per una "cultura del limite" a cura di Severo Laleo ... de tous temps penseurs, sages ou philosophes, ont cherché les moyens à s'opposer à la démesure (hybris) ... les convivialistes
sabato 27 luglio 2019
Lega, questione morale e... sorteggio
Il partito della Lega (per ora tocca alla Lega), già al governo di questo paese per anni con il Condannato, e ora di nuovo al governo con nuova odiosa aggressività (una costante da Bossi a Salvini), dovrà portare sulle spalle, non senza vergogna, il peso di una condanna per maxi truffa allo Stato almeno per 76 anni, tanti quanti servono ai nuovi e futuri dirigenti per restituire il maltolto.
E i dirigenti della Lega, vecchi e nuovi, marchiati da una condanna per truffa allo Stato, invece di chiudere baracca e burattini, continuano a presentarsi agli elettori per risolvere, da esperti truffatori, i problemi del paese.
Incredibile!
E parte di questo paese, oggi in democrazia grazie alle lotte e all'impegno di uomini e donne di retta condotta politica, con il voto, con le quote del tesseramento e altro, nonostante gli illegittimi approcci con la Russia di Putin per tentare di impinguare le casse del partito, incredibilmente, continua a dare fiducia e ai dirigenti vecchi truffatori e ai dirigenti nuovi, conniventi comunque in silenzio, in continuità tra loro, sia pure con responsabilità personali diverse. (Almeno per ora.)
Se persone di questo paese non trovano sconveniente affidare le decisioni di governo ai seguaci di dirigenti truffatori, è obbligo intervenire sul sistema di selezione dei governanti. Il voto purtroppo da noi si piega facilmente a ogni convenienza, al di là del rispetto di normali principi di civiltà.
Sì eleggano pure i rappresentanti del popolo con il voto da dare ai partiti, ai simboli dei partiti, ma una volta assegnati i seggi, si scelgano per sorteggio, in numero pari uomini e donne, partito per partito, tutti i parlamentari da un elenco di persone con la "patente" di sicura probità morale e di sicura indipendenza personale, perché selezionate secondo criteri trasparenti, certi e verificabili.
Forse per il nostro paese, dove, specie tra i decisori, i comportamenti truffaldini e mafiosi sono diffusi, non esistono altre soluzioni.
(Soprattutto dopo la facile resa, aggravata da opportunismo, del M5S, portatore inizialmente di gridata diversità, e di speranza di cambiamento, proprio dinanzi a situazioni eticamente indifendibili.)
O no?
Severo Laleo
martedì 9 luglio 2019
Spadafora, Valente e l'opposizione...nel merito
Trovo nei giornali online le seguenti notizie:
1. Spadafora in una intervista a Repubblica ha detto: “Come facciamo a contrastare la violenza sulle donne, se gli insulti alle donne arrivano proprio dalla politica, anzi dai suoi esponenti più importanti?”. E ha individuato tra questi “gli attacchi verbali del vicepremier alla capitana Carola” definita “criminale, pirata, sbruffoncella. Parole, quelle di Salvini, che hanno aperto la scia dell’odio maschilista contro Carola, con insulti dilagati per giorni e giorni sui social”.
2. La senatrice del Pd Valente, presidente della commissione di inchiesta parlamentare per il Femminicidio, dichiara : "Nessuna polemica o gioco delle parti sulla pelle delle donne, si cerchi visibilità altrove. Il sottosegretario Spadafora dovrebbe evitare di ingaggiare una strumentale battaglia politica sul contrasto alla violenza di genere con il suo stesso governo e pensare solo ad attuare più velocemente il piano antiviolenza, sostanzialmente bloccato da oltre un anno".
Date queste notizie, chiederei ora con molto interesse alla senatrice Valente, dell'opposizione, di precisare se le affermazioni di Spadafora sono indubitalmente vere e se le condivide, perché questo è un compito prioritario per un'opposizione seria.
È più importante sapere se la senatrice Valente è d'accordo con Spadafora sul fatto che troppo spesso, di nuovo durante questo governo, "gli insulti alle donne arrivano proprio dalla politica (Salvini)", e meno importante sapere se Spadafora è in cerca di visibilità.
O no?
Severo Laleo
domenica 7 luglio 2019
IMMIGRAZIONE e immigrazione
L'immigrazione è un capitolo dell'atavica e sempre presente lotta tra ricchi e poveri, e, in particolare, tra maschi al potere nei paesi ricchi e ancora maschi senza potere nei paesi poveri, disgraziati, disperati, ma pronti a tutto
pur di ricercar "fortuna".
Questa lotta fa morti e feriti dappertutto e costa molti soldi,
più di quanti ne servirebbero per favorire movimenti
di persone in pace.
di persone in pace.
Forse solo una politica di accordo a "non massacrarsi" (Mauss) può sortire risultati umani.
O no?
Severo Laleo
Il nonno di Trump emigrò povero e senza potere negli Stati Uniti,
ponendo ogni speranza nel suo diritto (almeno soggettivo)
di emigrare per tentar fortuna altrove; e divenne ricco.
Il nipote di quell'emigrato, ora ricchissimo e con potere
di Presidente Usa, alza muri per impedire ad altri poveri,
come suo nonno, di entrare negli Usa a sperare. In altre parole,
ai maschi poveri, se servono, si aprono le porte, altrimenti muri.
I maschi ricchi girano il mondo e possono sempre fermarsi
I maschi ricchi girano il mondo e possono sempre fermarsi
dove vogliono. Così va il mondo!
Crepet, ma che dici
Tutti possono parlar di scuola. Certo! Anzi, da vecchio uomo di liceo,
ascolto, capisco, e provo a comprendere, anche in prospettiva
di qualche cambiamento, ogni possibile interlocuzione; discutere
dei problemi dell'educazione delle nuove generazione credo sia sempre utile.
Ma sentire Crepet (profittando di un post apparso oggi nella mia pagina Fb,
ma datato 2017: non è mai troppo tardi!) parlare del "coraggio di bocciare",
rivolgendosi, immagino, a docenti "buonisti", sentire Crepet ritenere
addirittura "indispensabile bocciare", perché "un quattro è un’esperienza
mistica...è un’esperienza meravigliosa" (Crepet, anche tu, esperto
della sofferenza di esclusione/solitudine degli adolescenti!), sentire ancora
Crepet affermare, a prescindere, che "una scuola che non boccia è una scuola
marcia...una scuola che insegna il principio che siamo tutti uguali insegna
una grande bugia", è davvero troppo.
La scuola che boccia, caro Crepet, che dà quattro, che premia il merito,
è ancora e sempre la scuola del trinomio lezione-interrogazione-voto.
Una scuola vecchia, vecchia. La scuola di cui abbiamo bisogno
è una scuola sì seria e severa, ma che accoglie, promuove e cura.
Per la civilizzazione della nostra società.
Bocciare a scuola (si parla di minori, sino ai 18 anni!) da parte di chi insegna
e segue e cura le persone bisognose di apprendimento, equivale,
da parte di chi segue e cura le persone con disturbi psichici (Crepet!),
a buttar fuori dal "banco" medico la persona malata.
O no?
Severo Laleo
venerdì 5 luglio 2019
Ritorno al paese, il vecchio compagno di scuola e il reddito di cittadinanza
E' bene essere subito chiari. Scrivo da partigiano del reddito di cittadinanza.
Non solo. Ho sempre ritenuto, invano, anche da militante della sinistra sociale,
un dovere della politica (e di ogni governo) garantire ai "bisognosi"
un reddito di dignità, quel minimo di entrata sicura a garanzia di un minimo
di autonomia nel decidere di che vivere.
E nel passato non è mancato, in area comunista e cattolica, il dibattito,
tanto ampio quanto improduttivo, sulla questione della povertà in Italia.
(Ricordo Ermanno Gorrieri Presidente di una Commissione ad hoc.)
Ma, stranamente, in un Paese di ladri e corrotti si aveva paura, anche a sinistra,
di spendere soldi per dare un po' di respiro di libertà dal bisogno ai poveri!
Per fortuna, almeno su questo specifico tema, si è bene speso il M5S.
Oggi il reddito di cittadinanza c'è.
Così, tornando al paese, d'estate, chiacchierando con un vecchio compagno
di scuola, un pensionato povero, ho provato la gioia, sì la gioia,
di sentire una storia di sereno sollievo, grazie al reddito di cittadinanza,
dalle strette penose di un reddito insufficiente.
Finalmente un'idea politica impattava positivamente sulla qualità della vita
di una persona.
Ecco due parole di questa storia.
All'inizio di quest'anno, per tutta una serie di guai, il mio vecchio compagno
di scuola si era indebitato oltre misura, e da persona scrupolosa
e ricca di dignità si era chiuso in casa intristito e senza possibilità
di chiedere altri aiuti.
Mi ha parlato con un groppo in gola: "credimi...credimi...credimi".
Una condizione di disagio importante, e di amarezza.
Quasi da povero "vergognoso".
Poi è arrivato il reddito di cittadinanza e insieme la serenità di avere
la sicurezza di poter pagare l'affitto, di restituire i prestiti, di organizzarsi la vita,
di uscire di casa e tornare a sorridere, anche di nuovo al bar.
Intorno al reddito di cittadinanza si potranno raccontare storie diverse,
positive e negative, ma a me è bastato il racconto del mio vecchio compagno
di scuola per dire, nonostante tutto, un "grazie" al M5S.
O no?
Severo Laleo
venerdì 28 giugno 2019
"...vediamo chi sono questi stronzi che dobbiamo schiacciare"
Queste limpide parole...
No, non siamo da Valerio, al bar della piazza a fine serata, con tante Ceres sul tavolino sbilenco e un mazzo di carte curvo e untuoso. No, non è il nostro Tiziano, ormai fatto, nervoso e aggressivo, a sfogare la sua depressione attiva contro i potenti, ladri della sua libertà.
No, l'espressione non viene dal "basso" sofferente e fragilmente precario, ma dai piani alti della società, dall'Università, da un ceto intellettuale vittima perenne del successo in nome di un danarismo avvilente, dove la parola d'ordine è sempre la stessa: Vincere! ("schiacciare gli stronzi".... In siciliano esiste un termine più penetrante.)
La mentalità dei baroni maschi dell'università italiana ha un antico imprinting di dominio castale e macho, una consuetudine a delinquere innata, per niente scalfita da anni di studi e dalla lettura di indigeribili tomi.
Per cambiare servono nuove generazioni.
La cultura non alberga necessariamente all'università, tra libri e convegni; la cultura è appannaggio di ogni persona libera sempre pronta a dire il suo no per gli intrighi del malaffare, abbia o no meditato con Kant.
O no?
Severo Laleo
domenica 16 giugno 2019
Rutger Bregman, sei proprio coraggioso
Ti ricordi, vero, caro Scapece?
Ti avevo già parlato, quando erano in pochi ancora ad averlo letto,
del bel libro di Raffaele Simone sulla Grande Immigrazione;
ora ha avuto il suo meritato successo, grazie, molto probabilmente,
alla recensione di E. Galli della Loggia sul Corriere.
(Evidentemente anche i lettori spesso, pigri nella scelta, diventano "dipendenti"!)
Quando andai nei primi mesi di quest'anno a comprare il libro alla Feltrinelli,
trovai tutti i libri pro migranti esposti in bella mostra, mentre nessun posto
per "L'ospite e il nemico". Mah! Mi sembrò molto strano. E che è!
Giocano a nascondino!
Anche per questo, e tu lo sai, continuo a pensare che la scuola è il solo posto
dove i nascondimenti non sono possibili: senza la scuola -ma è solo uno sfogo-
la democrazia sarebbe più povera (e infatti in questi ultimi decenni
hanno tentato e tentano, a destra e a sinistra, di chiuderla in un asfittico
retrobottega burocratico).
E tanto solo per la testimonianza di un fatto, perché non sono certo
un sostenitore delle tesi di Simone. Anzi. Però del libro di Raffaele Simone
ho raccolto la mole dei suoi dati e la tensione seria e preoccupata
delle sue argomentazioni, per meglio comprendere il fenomeno
dell'immigrazione nella sua complessa dimensione, anche se nel merito
continuo ad essere un "estremista" d'altri tempi, fiducioso nelle capacità
umane di risolvere i problemi sociali.
Sono contro ogni idea di chiusura del nostro spazio nazionale a chi voglia
liberamente stabilirvisi, ma aperto a un controllo attivo di ogni territorio
con una presenza continua, utile, interventista, civile, persino amorevole
del Servizio Pubblico, specie dove è necessaria la predisposizione di strumenti
e azioni di cura e attenzione. Anche spendendo molto.
Se esistono strumenti per chiudersi dentro i confini, per respingere gli "estranei",
esisteranno anche strumenti per aprire e aprirsi agli "ospiti", per accogliere,
senza paure e sospetti.
E attenzione, caro Scapece, non sono certo parte a livello di idee
del Club Radicale che è aperto a chiacchiere verso i migranti, lontani e distanti,
ma pratica al suo interno una sprezzante chiusura verso chi ha idee diverse.
(Come capita a chi ha un solo metro di giudizio, il proprio!)
E vabbè!
Sempre per tentare di capire di più sull'argomento, avevo preso tra le mani,
anche un po' per caso, grazie a una recensione, o non so/ricordo bene cosa,
il libro di Rutger Bregman, Utopia per realisti. Come costruire davvero
il mondo ideale, già vecchio di qualche anno. E, sai, non granché interessato
a seguire il dibattito storico e filosofico sull'idea di utopia, per correre subito
al nostro tema, ho cercato nell'indice analitico la voce "immigrazione":
macchè, niente! Ho cercato "migranti", e ancora niente.
Così, non nascondendomi una sincera delusione, mi sono deciso a leggere
tutto dall'inizio.
Un libro strano, almeno nella sua struttura narrativa, con salti e ritorni,
pieno di dati interessanti e di notizie, tra la storia e, a volte, l'aneddotica,
anche curiose (lo sapevi tu che il primo "gruppo di controllo" si trova descritto
nella Bibbia, in Daniele I, 1-16?), un libro in grado di aprire con dati di fatto
una discussione seria sul "reddito di base", un reddito annuo garantito
senza contropartite, riportando i risultati molto interessanti
di un esperimento canadese (Mincome). E non solo.
La lettura è andata avanti abbastanza facilmente (a volte Rutger, per rendere
godibile la lettura, sembra utilizzare stratagemmi un po' ingenui,
ma è giustificato dalla non leggerezza degli argomenti) tra riduzione
di tempo di lavoro e incremento di tempo libero, fino a quando non mi sono
imbattutto in questa affermazione: "...confini aperti. Non solo per banane,
derivati e iPhone, ma per tutti, i lavoratori della conoscenza, i profughi
e la gente qualsiasi in cerca di prati più verdi". E qui il mio estremismo ideale
a difesa del diritto di migrare trova finalmente la sua soddisfazione.
"Aprite i cancelli" a chi lascia il proprio paese di origine in cerca
di nuova fortuna, sostiene Rutger, non è più tempo di tenerli
"sbarrati e lucchettati". "L'articolo 13 della Dichiarazione universale
dei diritti dell'uomo sostiene che tutti hanno diritto di lasciare il loro paese
ma non garantisce a nessuno il diritto di trasferirsi nella Terra dell'abbondanza.
E coloro che chiedono asilo scoprono presto che la procedura è ancora più irta
di burocrazia...forse tra un secolo o giù di lì potremo guardare questi confini
come oggi guardiamo lo schiavismo o l'apartheid. Però una cosa è certa:
se vogliamo rendere il mondo un posto migliore, non possiamo eludere il problema dell'immigrazione...
Se tutti i paesi sviluppati facessero entrare il 3 per cento in più di immigrati,
i poveri del mondo avrebbero 305 miliardi di dollari in più da spendere,
sostengono gli esperti della Banca Mondiale...Come scrisse nel 1987
Joseph Carens, uno dei principali fautori dei confini aperti, "non sarà possibile
ottenere immediatamente l'immigrazione libera, ma è una meta
verso la quale dovremmo puntare."
Caro Scapece, purtroppo per molte persone mie amiche, mi trovo d'accordo
con questa idea, l'idea dell'immigrazione libera, nonostante tutte le paure
e i problemi.
E vorrei dire a Rutger, grazie, sei coraggioso a sostenere queste idee
nel buio di oggi.
E a te, caro Scapece, vorrei ricordare la nostra lettura negli anni '70
del Rapporto del Club di Roma, I limiti dello sviluppo, quando per dare
una speranza al nostro '68, e per non perdersi, si cominciò a credere
non senza coraggio nell'utopia di un mondo migliore.
E questo è tutto, Scape'!
Buone cose e a presto,
il tuo Severo
sabato 15 giugno 2019
La fortuna delle tre "I" da Berlusconi a Lotti
Dopo le tre "i" di berlusconiana memoria (inglese, impresa, informatica),
proposte per dare nuova linfa a una vecchia Scuola, anche Lotti,
per dare nuova scossa a una "vecchia" Politica, propone non di introdurre,
ma di liberarsi di altre tre i: ideologia, invidia, ipocrisia.
Ecco il testo lottiano:
"Quanti miei colleghi, durante l’azione del nostro governo e dopo,
si sono occupati delle carriere dei magistrati? Davvero si vuol far credere
che la nomina dei capiufficio dipenda da un parlamentare semplice
e non da un complicato quanto discutibile gioco di correnti della magistratura?
Davvero si vuol far credere che la soluzione a migliaia di nomine sia presa
nel dopo cena di una serata di maggio? Davvero si vuol prendere a schiaffi
la realtà in nome dell’ideologia, dell’invidia, dell’ipocrisia?"
Il Lotti usa le tre "i" per difendere la sua posizione politica,
tutta immersa nella "realtà", contro chi l'accusa di trame inammissibili.
Per Lotti le trame inammissibili sono pane quotidiano e per giunta inutili.
Buone solo per le chiacchiere di moralisti senza morale.
Secondo il nostro giovane uomo già di governo, ma ancora in servizio,
chi l'accusa di aver partecipato a incontri per decidere le carriere dei magistrati
è notoriamente incapace di comprendere la "realtà",
perché affetto da ideologia, invidia (?) e ipocrisia.
Chissà, forse questa è la nuova morale del riformismo nella sua versione
toscana, senza ideologia (cioè, senza princìpi etici),
senza invidia (boh! la parola è entrata nel lessico politico soprattutto
grazie a Berlusconi, e aveva, nel suo caso, una qualche giustificazione;
ma invidia, in questo caso, pare proprio fuori misura),
e senza ipocrisia (nel senso: perché scandalizzarsi, si sa che gira così!).
O no?
Severo Laleo
P.S. Spero esistano davvero magistrati, soprattutto con funzioni dirigenziali,
dalle carriere libere e indipendenti.
venerdì 14 giugno 2019
Palamara, Palamara
Quando mi capitava di vedere in TV il volto parlante di Palamara, con i suoi occhi sempre distratti dal vuoto in un viso tondo nero barbuto ...
... possibile sia un magistrato?
Ora sappiamo il suo mestiere: aspirante allocatore di poltrone.
Un mestiere esercitato con altri aspiranti suoi amici, magistrati e due politici (si fa per dire!) ... del PD (Ferri, Lotti).
Del PD?
È possibile ancora attribuire un partito a Ferri e a Lotti?
Un tempo gli intrallazzi di un rappresentante di partito erano gli intrallazzi del suo partito.
Ora questi intrallazzi a chi appartengono? E chi rappresentano veramente Ferri e Lotti? Per chi si agitano tanto? E in fretta?
In una democrazia moderna è un guaio grosso, grosso. Un guasto da riparare.
Ora se il segretario del PD, il tranquillo Zingaretti, ha in mente un partito inconciliabile con gli
intrallazzi di Lotti e Ferri -e l'ha dichiarato- per quanto tempo ancora i due aspiranti giocatori di poltrone possono dirsi del PD?
Forse una decisione importante per fare finalmente chiarezza e per assumere un impegno di una trasparenza assoluta nel servizio alle istituzioni è d'obbligo.
O no?
Severo Laleo
P.S.
Però i maschietti, quando si riuniscono di notte in un albergo, si sente che sono maschi! O no?
sabato 8 giugno 2019
Quando il Potere dimentica la sua funzione...sorteggio
Grazie (si fa per dire!) alle cene notturne di qualche magistrato
con qualche politico, tutti maschi, sia chiaro, dove liberamente
(“La sera uno può fare quello che vuole -è convinto l'ex magistrato Ferri-
ed incontrare chi vuole!) si discuteva del più e del meno
circa i Procuratori Capi, a qualcuno è venuta/tornata in mente l’idea,
previa riforma, di scegliere per sorteggio i membri del CSM,
proprio considerando molto sconveniente questo parlar segreto al buio
tra amici influenti e a volte molto interessati a conservare "influenza".
Ma l’idea di una riforma del CSM con questo tratto distintivo,
è stata subito bocciata sia dal vicepresidente del CSM, Ermini,
per "l’irrazionalità nella selezione dei candidati", sia da Valerio Onida,
perché non si tratta di una proposta sensata.
(“Il sorteggio non garantisce magistrati più adatti”.)
E non aggiungono altro di convincente.
Eppure sarebbe tutto più facile, razionale e sensato.
E senza la necessità di cene notturne, e molto altro ancora non svelato,
per nostra fortuna di cittadini appena onesti, dai trojan!
Basterebbe studiare criteri seri, adeguati, completi e controllabili per definire
una graduatoria di “meritevoli” e "competenti" dalla quale scegliere,
per sorteggio, in numero pari uomini e donne, tutti i consiglieri.
Chiunque si trovi nella posizione di scelto/a per sorteggio,
ha molte più possibilità, date le sue doti certificate di merito e competenza,
di tenere alta la sua funzione di consigliere indipendente e imparziale.
O no?
Severo Laleo
con qualche politico, tutti maschi, sia chiaro, dove liberamente
(“La sera uno può fare quello che vuole -è convinto l'ex magistrato Ferri-
ed incontrare chi vuole!) si discuteva del più e del meno
circa i Procuratori Capi, a qualcuno è venuta/tornata in mente l’idea,
previa riforma, di scegliere per sorteggio i membri del CSM,
proprio considerando molto sconveniente questo parlar segreto al buio
tra amici influenti e a volte molto interessati a conservare "influenza".
Ma l’idea di una riforma del CSM con questo tratto distintivo,
è stata subito bocciata sia dal vicepresidente del CSM, Ermini,
per "l’irrazionalità nella selezione dei candidati", sia da Valerio Onida,
perché non si tratta di una proposta sensata.
(“Il sorteggio non garantisce magistrati più adatti”.)
E non aggiungono altro di convincente.
Eppure sarebbe tutto più facile, razionale e sensato.
E senza la necessità di cene notturne, e molto altro ancora non svelato,
per nostra fortuna di cittadini appena onesti, dai trojan!
Basterebbe studiare criteri seri, adeguati, completi e controllabili per definire
una graduatoria di “meritevoli” e "competenti" dalla quale scegliere,
per sorteggio, in numero pari uomini e donne, tutti i consiglieri.
Chiunque si trovi nella posizione di scelto/a per sorteggio,
ha molte più possibilità, date le sue doti certificate di merito e competenza,
di tenere alta la sua funzione di consigliere indipendente e imparziale.
O no?
Severo Laleo
giovedì 25 aprile 2019
25 Aprile: Maria Penna, il popolo sei tu
Mi è capitato di
assistere, un po’ per caso, a una discussione,
a tratti ambigua,
sull’entità della
partecipazione di “popolo” alla Resistenza.
Per troppe persone,
attente soprattutto ai numeri, all’oggettività dei numeri,
la Resistenza
fu una lotta di una piccola minoranza contro il nazifascismo.
Si sa, dicono,
quanti sono stati i partigiani, uomini e donne insieme.
E si sa, dicono,
qual è stato il contributo sul piano militare
alla vittoria
finale: importante, sì, ma … relativo.
In breve la
Resistenza non è stata affar di “popolo”.
Il popolo, dicono, è
arrivato dopo, con le schiere dei partecipanti
con bandiera rossa
alle manifestazioni/celebrazioni del 25 Aprile:
anzi, da una parte
il popolo del 25 Aprile, festante della vittoria
per la libertà di
tutte/i, al centro della piazza,
dall’altra il
popolo muto, eppur libero, in disparte, ai margini della strada.
E ieri un ineffabile
ministro, sulla scia di leader (povera Italia!)
tutti travolti dalla
retorica del calcio/pallone, e con la violenza stupida
di chi non comprende
il dolore universale della guerra, dichiara baldanzoso,
con un sorriso
stampato, sempre uguale da mane a sera,
per non scegliere da che parte stare, di non voler
partecipare
al derby del 25 Aprile!
Derby?
Il 25 Aprile un derby? Le parole del calcio, in questo
paese,
hanno
sostituito/distrutto politica e storia. E favorito il populismo.
E il populista
sbraitante di oggi non merita e non ha un popolo,
ma solo seguaci,
spesso osannanti,
imbrigliati nella grande Rete.
Per nostra fortuna
seguace non era Maria Penna, classe 1905,
nata nel Sud Italia,
e torturata e uccisa
a Firenze dai nazifascisti nel giugno 1944.
Per
nostra fortuna non era una
seguace
Maria Penna,
lavoratrice e madre
di quattro figli,
semplicemente una
persona libera, determinata nella scelta politica
di difendere la
libertà di tutti.
E’
Maria Penna a morire per la nostra libertà; sulla sua
scelta di vita
si fonda la nostra
Costituzione. Insieme a tantissime altre vittime,
sparse in tutto il
Paese, da Sud a Nord, ha testimoniato,
con la Resistenza,
l’unità ideale di
un Paese.
Se esiste ancora un
popolo, quel popolo ha il nome di Maria Penna.
O
no?
Severo
Laleo
mercoledì 3 aprile 2019
Stranieri alle porte? Meglio nell’agorà
Zygmunt Bauman,
con Stranieri alle Porte, ancora una volta
lancia un invito
all’umanità intera a praticar la pace;
anche perché
l’alternativa alla pace -aggiunge-, e quindi
al civile convivere,
è la fine dell’umanità stessa.
Insomma, è
possibile con-vivere senza massacrarsi?
E’ necessario! E
per questo esercitare l’arte del dialogo,
del confronto, della
conversazione diventa il metodo libero,
oltre le regole,
attraverso il quale è possibile giungere
alla comprensione
dell’Altro, del diverso da Noi;
e oggi l’Altro
è soprattutto il migrante in cerca di “vita”.
In verità gli
stranieri incutono paura se si presentano e sono alle porte,
magari in silenzio,
incapaci di aprir bocca, sospettosi e sospettati.
Se al contrario
diventano parte integrante, ognuno a suo modo,
di una situazione di
conversazione, si amplia la civiltà dell’agorà,
da
intendere nel suo significato/simbolo di spazio
della relazione
discorsiva.
Se si dà la
concreta possibilità, con l’accoglienza, di sperimentare
la conversazione,
si attiva la comprensione, e quindi -Zygmunt
usa
qui
le parole di Gadamer- il
processo di “fusione di orizzonti”;
senza
accoglienza, avrà successo l’esclusione, e da qui,
almeno
per i più fragili, separazione, distacco, chiusure, rancore,
odio,
conflitto, guerra.
Zygmunt
scrive che è un piacere; ha una scrittura nitida, chiara
con un andamento
molto gradevole e coinvolgente;
ogni parola non è
mai fuori posto; e ha una visione illuminata
dei problemi, non
ideologica, ma argomentata e confortata
da dati e e autori.
Se il mondo
occidentale, mondo liberale, difensore delle libertà,
sperimenta oggi la
sua massima contraddizione,
perché da una parte
apparecchia tutti i diritti ai suoi cittadini
e dall’altra
esclude da
ogni diritto
gli
altri,
adottando all’occasione con caparbietà pratiche illiberali,
evidentemente qualcosa ancora non funziona nella nostra civiltà.
E si corre il rischio di abituarsi all’idea di veder sospese
un domani garanzie di libertà per tutti noi, con il pretesto
di una difesa di un benessere mai realmente in minaccia.
Costruire muri per i dannati è facile; ed è facile mietere
consenso con la promessa di salvezza dagli invasori;
difficile è elaborare un progetto di pace perpetua (Kant è
ancora vivo),
di civilizzazione della società, e insieme trovar strumenti,
risorse e persone utili a costruire/salvare l’umanità.
E il difficile è una prerogativa umana.
O no?
Severo Laleo
domenica 31 marzo 2019
Il femminismo è là...in basso
Se ti capita di andare in libreria e di chieder il libro di Susan Okin,
Diritti delle donne e multiculturalismo,
gentile il libraio (si fa per dire!), consultato il suo display,
ti invita ad aver pazienza un po' di giorni,
solo il tempo d'obbligo tra ordinazione e arrivo in libreria.
Eppure premuroso, pronto a rispondere alla tua urgenza culturale,
ti accompagna a un mal posto scaffale,
e cortese soggiunge:
"Il femminismo è là, in basso".
Non più di una decina di testi in una libreria grandissima.
Questo è il nuovo clima.
Forse Verona è vicina.
O no?
Severo Laleo
domenica 24 marzo 2019
Non c'è fede che tenga: basta il no al multiculturalismo?
Caro Scapece,
ma quando ci vediamo? Che devo venire a Napoli? O ci si vede a Benevento?
Dai non rimandare oltre, ho da raccontarti tante cose e costringermi
(oddio, è sempre un piacere!) a scriverti, riduce, e tu sei d'accordo,
la qualità alta dell'intesa colloquiale. E poi, non mi avevi promesso
di mettermi al corrente dei tuoi nuovi impegni? E vabbuò! Aspetto.
In questo periodo, credo d'averti già detto, sto cercando
di leggere un po' di cose intorno ai problemi dell'immigrazione,
compatibilmente, ovvio, con la cura dei nipoti: ho questa fortuna!
Dopo il libro di Raffaele Simone, "L'ospite e il nemico", ho letto,
uscito qualche mese fa, il "Manifesto laico contro il multiculturalismo"
che è sì il sottotitolo del libro di Cinzia Sciuto "Non c'è fede che tenga",
ma in pratica è il vero titolo.
Si tratta di un lavoro onesto, quasi militante, spesso coinvolgente,
pieno di quella sana voglia di intervenire,
a livello etico-politico e giuridico, sul complesso fenomeno, "ambivalente",
dell'immigrazione, con l'obiettivo di spingere la sinistra ad abbandonare
il multiculturalismo nella soluzione dei problemi legati ai processi
di integrazione, finalmente superando il vizio, appunto presente
a sinistra, di un malinteso rispetto delle identità
dei gruppi minoritari a scapito della libertà dell'individuo, e dei suoi diritti,
con conseguenze a volte disastrose.
Te lo consiglio, si legge bene, anche per la varietà
della scrittura (dall'analisi storica alla riflessione filosofica,
dal racconto di esperienza personale alla disamina normativa).
La sua tesi è chiarissima (appunto, non c'è fede che tenga): la laicità
(insieme ai diritti dei singoli) è un bene irrinuncibile in una società
a democrazia avanzata e rinunciare ad essa
per accontentare gruppi minoritari (si dice minoritari,
ma il riferimento palese è soprattutto ai gruppi di religione islamica),
concedendo l'inconcedibile, è un grave errore.
Ora, per evitare di concedere l'inconcedibile, lo stato laico si deve assumere
"la responsabilità di entrare nel merito di quel che accade dentro le comunità
per farsi garante dei diritti dei singoli cittadini". (p.34)
Hai detto niente!, caro Scapece.
E così, da libertaria e laica, Cinzia Sciuto si trova
a invocare l'intervento del salvifico Stato per l'estensione d'obbligo
della laicità! E come la chiesa ha praticato l'"evangelizzazione forzata" ,
ora si invoca, per tenere a bada le comunità religiose,
anche una laicizzazione forzata.
Eppure il problema non è tanto o solo la laicità - secondo Susan Okin-
ma la persona e i suoi diritti. Gli stati i quali hanno approvato la dichiarazione
universale dei diritti umani non possono consentire né al multiculturalismo
né al comunitarismo la violazione dei diritti della persona.
Questo è molto convincente, Scapece, o no? Il come è importante.
Comunque la contraddizione, se così si può dire, di Cinzia Sciuto è sopportabile
(anche se per chi bazzica con i personalisti difficile da accogliere),
perché è connotata di una civilissima sincerità d'azione/soluzione.
Per noi, so che sei d'accordo, ogni percorso verso l'autonomia personale
è sempre imprevedibile, complesso, irripetibile e soprattutto non può essere
guidato dall'alto o comunque da terzi; per raggiungere l'autonomia i percorsi
non possono che essere autonomi. E l'autonomia personale è la condizione
fondamentale della laicità anche nel rispetto personale della fede di ognuna/o.
Le parole riguardanti la violenza contro le donne con l'intelligente invito
agli uomini di prendere coscienza che esiste "un problema di genere"
sono assolutamente condivisibili.
Un'ultima cosa, caro mio. Se ancora sono in molte/i ad avere
la preoccupazione che le donne diventeranno strumento fondamentale
nella battaglia per islamizzare la società -sul punto si cita Ruba Salih-,
tu sai quanto io creda il contrario: saranno proprio
le donne, percorrendo la strada personale verso l'autonomia,
e riconoscendosi gruppo oppresso, a modificare/imbrigliare tutti quei progetti
di predominio/egemonia, violenti o no, di stampo maschilista.
La recente manifestazione delle donne in Algeria pare sia un segno
concreto di liberazione.
Chissà, forse anche la laicità, vedrai, uscirà dalle mani delle donne
d'Africa e d'Asia.
O no?
Stammi sempre bene e buone cose,
Severo.
ma quando ci vediamo? Che devo venire a Napoli? O ci si vede a Benevento?
Dai non rimandare oltre, ho da raccontarti tante cose e costringermi
(oddio, è sempre un piacere!) a scriverti, riduce, e tu sei d'accordo,
la qualità alta dell'intesa colloquiale. E poi, non mi avevi promesso
di mettermi al corrente dei tuoi nuovi impegni? E vabbuò! Aspetto.
In questo periodo, credo d'averti già detto, sto cercando
di leggere un po' di cose intorno ai problemi dell'immigrazione,
compatibilmente, ovvio, con la cura dei nipoti: ho questa fortuna!
Dopo il libro di Raffaele Simone, "L'ospite e il nemico", ho letto,
uscito qualche mese fa, il "Manifesto laico contro il multiculturalismo"
che è sì il sottotitolo del libro di Cinzia Sciuto "Non c'è fede che tenga",
ma in pratica è il vero titolo.
Si tratta di un lavoro onesto, quasi militante, spesso coinvolgente,
pieno di quella sana voglia di intervenire,
a livello etico-politico e giuridico, sul complesso fenomeno, "ambivalente",
dell'immigrazione, con l'obiettivo di spingere la sinistra ad abbandonare
il multiculturalismo nella soluzione dei problemi legati ai processi
di integrazione, finalmente superando il vizio, appunto presente
a sinistra, di un malinteso rispetto delle identità
dei gruppi minoritari a scapito della libertà dell'individuo, e dei suoi diritti,
con conseguenze a volte disastrose.
Te lo consiglio, si legge bene, anche per la varietà
della scrittura (dall'analisi storica alla riflessione filosofica,
dal racconto di esperienza personale alla disamina normativa).
La sua tesi è chiarissima (appunto, non c'è fede che tenga): la laicità
(insieme ai diritti dei singoli) è un bene irrinuncibile in una società
a democrazia avanzata e rinunciare ad essa
per accontentare gruppi minoritari (si dice minoritari,
ma il riferimento palese è soprattutto ai gruppi di religione islamica),
concedendo l'inconcedibile, è un grave errore.
Ora, per evitare di concedere l'inconcedibile, lo stato laico si deve assumere
"la responsabilità di entrare nel merito di quel che accade dentro le comunità
per farsi garante dei diritti dei singoli cittadini". (p.34)
Hai detto niente!, caro Scapece.
E così, da libertaria e laica, Cinzia Sciuto si trova
a invocare l'intervento del salvifico Stato per l'estensione d'obbligo
della laicità! E come la chiesa ha praticato l'"evangelizzazione forzata" ,
ora si invoca, per tenere a bada le comunità religiose,
anche una laicizzazione forzata.
Eppure il problema non è tanto o solo la laicità - secondo Susan Okin-
ma la persona e i suoi diritti. Gli stati i quali hanno approvato la dichiarazione
universale dei diritti umani non possono consentire né al multiculturalismo
né al comunitarismo la violazione dei diritti della persona.
Questo è molto convincente, Scapece, o no? Il come è importante.
Comunque la contraddizione, se così si può dire, di Cinzia Sciuto è sopportabile
(anche se per chi bazzica con i personalisti difficile da accogliere),
perché è connotata di una civilissima sincerità d'azione/soluzione.
Per noi, so che sei d'accordo, ogni percorso verso l'autonomia personale
è sempre imprevedibile, complesso, irripetibile e soprattutto non può essere
guidato dall'alto o comunque da terzi; per raggiungere l'autonomia i percorsi
non possono che essere autonomi. E l'autonomia personale è la condizione
fondamentale della laicità anche nel rispetto personale della fede di ognuna/o.
Le parole riguardanti la violenza contro le donne con l'intelligente invito
agli uomini di prendere coscienza che esiste "un problema di genere"
sono assolutamente condivisibili.
Un'ultima cosa, caro mio. Se ancora sono in molte/i ad avere
la preoccupazione che le donne diventeranno strumento fondamentale
nella battaglia per islamizzare la società -sul punto si cita Ruba Salih-,
tu sai quanto io creda il contrario: saranno proprio
le donne, percorrendo la strada personale verso l'autonomia,
e riconoscendosi gruppo oppresso, a modificare/imbrigliare tutti quei progetti
di predominio/egemonia, violenti o no, di stampo maschilista.
La recente manifestazione delle donne in Algeria pare sia un segno
concreto di liberazione.
Chissà, forse anche la laicità, vedrai, uscirà dalle mani delle donne
d'Africa e d'Asia.
O no?
Stammi sempre bene e buone cose,
Severo.
sabato 9 marzo 2019
Houellebecq, a Labrouste la serotonina non serve
Ué, Scapece caro, sei ancora a riposo, eh?
Così pare, a vedere le foto su WhatsApp!
Anche io, sai, almeno per qualche giorno...
poi di nuovo i nipoti. E 'sta volta meno male!
Perchè l'ultima lettura, invece di distrarmi,
in serena distensione d'animo, mi ha,
Perchè l'ultima lettura, invece di distrarmi,
in serena distensione d'animo, mi ha,
se escludo un po' di pagine, alquanto affaticato.
Altro che capolavoro! Serotonina di Houellebecq, per un lettore, diciamo la verità, superficiale del mio tipo, è un libro,
Altro che capolavoro! Serotonina di Houellebecq, per un lettore, diciamo la verità, superficiale del mio tipo, è un libro,
per almeno due terzi, depressivo, zeppo di osservazioni/descrizioni, tra una elicoidale (si parla di luoghi, ambienti, strade, alberghi, ristoranti, bevande, cucina, farmaci, malattie, immobili d'ogni tipo,
pesci, musica, armi, e altro ancora), ripeto, un' elicoidale guida turistica mordi e fuggi, a zig zag, un po' zibaldone,
a volte pungente e divertita, e un lineare, ripetitivo,
racconto al sesso, nulla di nuovo.
(Sì, perché, a dar retta a H., "qualunque cosa si possa
immaginare in materia di pornografia esisteva già abbondantemente nell'antichità greca o romana".)
Un'originale presenza, abbastanza frequente, di comparse-con-parola, di complemento all'unico personaggio, è garantita,
in questa guida sui generis, a camerieri e receptionist: la più empatica è Audry, poverina!
Il protagonista racconta anche di aver sperimentato la felicità.
Il protagonista racconta anche di aver sperimentato la felicità.
Con Camille. Ma se per caso ti venisse in mente di capire
un solo tratto di questa felicità, ti troveresti ancora una volta davanti a un motivo di sesso e basta. Un disastro.
Un improbabile Labrouste. Accenti più rotondi si trovano
nel racconto dell'incontro del protagonista con il suo vecchio amico, dei tempi dell'università, Aymeric, un nobile votato all'agricoltura, e spinto, complici alcol e spinelli, da un fallimento finanziario e familiare, al suicidio; sono pagine corpose,
ne guadagna ai miei occhi anche la scrittura,
finalmente scorrevole e coinvolgente.
finalmente scorrevole e coinvolgente.
Eppure, per non farsi mancare nulla, Florent-Claude scende,
nel senso di livello, fino a un incontro ravvicinato
con un ornitologo pedofilo, giusto per spalancare il suo animo
a una viltà assoluta o, al minimo, a una indifferenza colpevole.
Le pagine sull'amore dal punto di vista (e di comportamenti di vita) della donna e dell'uomo generano riflessioni profonde: grazie Houellebecq (qui Florent-Claude non c'entra)! E qualcosa altro, sempre in termini di riflessione profonda, aggiungono le pagine intorno alla storia d'amore dei suoi (di Labrouste) genitori.
Per il resto, sesso dappertutto, esplicito e implicito, reale e pensato. Una fissazione! Ora, a essere sobri, una visione così sconcertante della donna, nel 2000, non è concepibile nemmeno in un depresso alla Labrouste; è troppo chiaro, a Labrouste la serotonina
non serve! Non so se consigliartelo.
Ma se sei a riposo, potresti lasciar perdere.
O no?
Stammi bene.
Severo
Le pagine sull'amore dal punto di vista (e di comportamenti di vita) della donna e dell'uomo generano riflessioni profonde: grazie Houellebecq (qui Florent-Claude non c'entra)! E qualcosa altro, sempre in termini di riflessione profonda, aggiungono le pagine intorno alla storia d'amore dei suoi (di Labrouste) genitori.
Per il resto, sesso dappertutto, esplicito e implicito, reale e pensato. Una fissazione! Ora, a essere sobri, una visione così sconcertante della donna, nel 2000, non è concepibile nemmeno in un depresso alla Labrouste; è troppo chiaro, a Labrouste la serotonina
non serve! Non so se consigliartelo.
Ma se sei a riposo, potresti lasciar perdere.
O no?
Stammi bene.
Severo
domenica 3 marzo 2019
L'importanza (leggera) degli anni e la democrazia
Presso la Casa del Popolo di Rifredi a Firenze stamani
si è votato per le primarie del PD.
Una persona amica ha voluto consegnarmi questa istantanea.
"Sai, verso le ore 11 la fila era di circa 30 minuti...una fila silenziosa, eppure densamente espressiva, quasi preoccupata,
di donne e uomini, in piedi e sparsa su sedie, in attesa calma
e paziente, educata, gentile, molto riflessiva, mite e determinata, quasi tutta con il bianco ordinato in testa e la speranza del futuro salda tra le mani."
Grazie anziane/i, siete l'onore democratico d'Italia,
e insieme un esempio per tutte le giovani generazioni pensanti, qualunque voto vorranno esprimere.
Forse la democrazia non è ancora finita.
O no?
Severo Laleo
mercoledì 20 febbraio 2019
Ospite, nemico e comune umanità: convivere senza massacrarsi. A proposito de “L’ospite e il nemico” di R. Simone
Caro Scapece,
lo sai tu, vero, che
potrei benissimo essere considerato un appartenente
(solo idealmente,
eh!) al Club Radicale?
Sì,
il Club Radicale. Non
ce l’hai presente? E vabbè,
ora ti spiego.
Il
Club Radicale, devi sapere, è un club la cui base
culturale comune
-scrive
Raffaele Simone
nel suo libro L’Ospite e il Nemico-
“è formata
da un aggregato poco amalgamato
ma assertivo di assunti radical:
vi confluiscono esigenze comuniste e egalitarie,
umanitarie, cristiano-sociali,
anti-imperialiste, anti-capitaliste e
anti-occidentali,
no-global,
femministe, omosessuali, non-violente, terzomondiste,
ambientaliste, vegane e
animaliste”.
Lo vedi, è proprio
il mio Club
(insomma!),
sia
perché non posso nascondere l’impronta
cristiano-sociale
nella mia formazione, attraverso la quale ho
anche filtrato/accolto
esigenze
comuniste, femministe, non-violente, sia perché ho
sempre riservato
una grande
attenzione, forse per deviazione professionale, ai “valori”
(se si può ancora
usare questa parola) presenti nelle Grandi Carte,
quali la
Costituzione Italiana, la Dichiarazione Universale dei
Diritti Umani,
eppure, t’assicuro,
nonostante l’autore
del libro,
appunto
Raffaele Simone,
sia
molto severo e
molto
critico
con
il Club,
responsabile
tra l’altro di
un uso scrupoloso
del Politicamente
Corretto
nella
strategia di comunicazione tendente a nascondere ogni differenza
tra
nativi
e nuovi arrivati,
mi
è facile ammettere, abbandonando il vizio grave
proprio
del
Club
(non
mio, eh!) di
non voler aprire bene
gli
occhi,
che
il
suo libro è
fondamentale per avviare una
riflessione seria, consapevole,
informata sulla Grande
Migrazione (il
titolo completo del libro infatti è:
L'ospite
e il nemico. La grande migrazione e
l'Europa,
da fine novembre
nelle librerie).
nelle librerie).
A
leggerlo si capisce chiaramente che il Club Radicale ha
le sue responsabilità
se l’Europa non ha
saputo affrontare con un serio progetto politico la grande
ondata migratoria proveniente da Africa e Asia; al contrario, sembra aver favorito
il sopravvento dell’idea minimizzatrice che tutto si potesse aggiustare,
magari con il tempo; e la cronaca è piena di esempi di sottovalutazione di episodi
di violenza qua e là in Europa; così dum Romae consulitur...
ondata migratoria proveniente da Africa e Asia; al contrario, sembra aver favorito
il sopravvento dell’idea minimizzatrice che tutto si potesse aggiustare,
magari con il tempo; e la cronaca è piena di esempi di sottovalutazione di episodi
di violenza qua e là in Europa; così dum Romae consulitur...
Un ruolo negativo
nell’affrontare concretamente le questioni legate
alla Grande Migrazione ha avuto anche la “mitezza” del nostro apparato normativo
e delle nostre occidentali regole di convivenza. (Forse perché, a mio parere,
la mitezza, spesso malintesa, per colpa dei governanti, ha vestito i panni
più del lasciar perdere e dell’accidia che della prudenza attiva.)
alla Grande Migrazione ha avuto anche la “mitezza” del nostro apparato normativo
e delle nostre occidentali regole di convivenza. (Forse perché, a mio parere,
la mitezza, spesso malintesa, per colpa dei governanti, ha vestito i panni
più del lasciar perdere e dell’accidia che della prudenza attiva.)
Anzi, ti dirò,
grazie a questo libro, sebbene ancora mi capita a volte di propendere
per gli estremisti della libera circolazione (mi è venuta voglia di leggere
anche il libro, più volte citato da Simone, di Donatella Di Cesare),
ho cercato di introdurre qualche limite e controllo nelle mie idee “miti”,
sempre un po’ sfuggenti di fronte ai dati della realtà.
per gli estremisti della libera circolazione (mi è venuta voglia di leggere
anche il libro, più volte citato da Simone, di Donatella Di Cesare),
ho cercato di introdurre qualche limite e controllo nelle mie idee “miti”,
sempre un po’ sfuggenti di fronte ai dati della realtà.
Tu che vivi in una
città che ha visto partire i bastimenti per terre assai luntane,
in cerca di fortuna, che ha visto le lacrime degli emigranti, consapevoli,
amaramente, di essere carne ‘e maciello, e che ora, ingoiate da tempo
le lacrime, gioisce perché un suo corregionale, Bill de Blasio, è sindaco
di New York, sai bene quanto sia importante capire, con la necessaria attenzione,
cos’è ora la Grande Migrazione, molto diversa, avverte però Simone,
dalla nostra di fine ottocento.
in cerca di fortuna, che ha visto le lacrime degli emigranti, consapevoli,
amaramente, di essere carne ‘e maciello, e che ora, ingoiate da tempo
le lacrime, gioisce perché un suo corregionale, Bill de Blasio, è sindaco
di New York, sai bene quanto sia importante capire, con la necessaria attenzione,
cos’è ora la Grande Migrazione, molto diversa, avverte però Simone,
dalla nostra di fine ottocento.
E’
un libro da leggere, te lo consiglio. Anzi, aggiungo: dopo aver letto
il libro,
mi
sento più sicuro nell’affrontare la discussione sull’argomento
con chicchessia,
perché
ho abbandonato il mio irenismo un po’ superficiale, e non bene
informato,
buono
per ogni occasione, e ho adottato, con i miei limiti e i miei
radicati
sentimenti, il realismo, sia pure apprensivo, di R. Simone.
sentimenti, il realismo, sia pure apprensivo, di R. Simone.
E
chissà se è ancora possibile coltivare idea/speranza di M. Mauss: "il «segreto»
della convivenza dei popoli e delle nazioni consiste nel saper trovare ogni volta
delle modalità istituzionali attraverso cui possano «contrapporsi
senza massacrarsi, e a “darsi” senza sacrificarsi l’uno all’altro».
Mauss suggeriva che per rompere il cerchio infernale della guerra
di tutti contro tutti occorre affidarsi alla logica del dono,
del donare/ricevere/ricambiare, che è la sola in grado di far «deporre le lance»,
di creare «rapporti stabili» e di trasformare in socius chi prima era considerato
come nemico." (F. Fistetti in “Dal mito della crescita all’homo convivialis” 2014).
della convivenza dei popoli e delle nazioni consiste nel saper trovare ogni volta
delle modalità istituzionali attraverso cui possano «contrapporsi
senza massacrarsi, e a “darsi” senza sacrificarsi l’uno all’altro».
Mauss suggeriva che per rompere il cerchio infernale della guerra
di tutti contro tutti occorre affidarsi alla logica del dono,
del donare/ricevere/ricambiare, che è la sola in grado di far «deporre le lance»,
di creare «rapporti stabili» e di trasformare in socius chi prima era considerato
come nemico." (F. Fistetti in “Dal mito della crescita all’homo convivialis” 2014).
Un’ultima
cosa. Che nasce, come tu ben sai, solo
da una mia fissazione:
tutto il male, tutta la conflittualità originata dalla Grande Migrazione,
e tutte le conseguenti ipotesi di stravolgimento in un futuro prossimo
dell’assetto europeo così come oggi è dato, ho la sensazione appartengano
al solito schema di lotta per il predominio di stampo maschilista;
ci si può interrogare se esiste/esisterà un ruolo delle donne per andare
oltre il solito schema? (Nella pagina dei ringraziamenti c’è posto
anche per Ruth…) Tu che dici? E’ lecito o no?
tutto il male, tutta la conflittualità originata dalla Grande Migrazione,
e tutte le conseguenti ipotesi di stravolgimento in un futuro prossimo
dell’assetto europeo così come oggi è dato, ho la sensazione appartengano
al solito schema di lotta per il predominio di stampo maschilista;
ci si può interrogare se esiste/esisterà un ruolo delle donne per andare
oltre il solito schema? (Nella pagina dei ringraziamenti c’è posto
anche per Ruth…) Tu che dici? E’ lecito o no?
Stammi
bene caro Scapece, e buone
cose sempre.
Un
abbraccio,
Severo
martedì 19 febbraio 2019
Un imbroglio a Cinque Stelle
Il M5S,
almeno nei suoi big, è finalmente sollevato e allegro,
ha superato la prova
Rousseau,
eppure non sa forse
di ridere della sua fine. O almeno di una sua mutazione.
Sì, perché il voto
su Salvini (si fa per abbreviare) ha dimostrato l'esistenza
di una frattura
profonda, chiara e precisa, immagino irrimediabile,
tra due modi di
intendere la politica,
almeno a livello
degli attivisti partecipanti al voto online.
E forse anche tra
chi ha votato nel 2018 il M5S.
Dei 52.417 votanti,
il 59% ha consapevolmente ritenuto corretto
l'operato del
Ministro Salvini, che, “per redistribuire i migranti
nei vari paesi
europei”
(parole esatte inserite nel quesito),
ha "ritardato"
(eufemismo per non dire “vietato/impedito”) lo sbarco
di 177 migranti,
persone migranti.
In parole semplici,
il 59% ha ritenuto corretto, giustificabile,
ammissibile usare
persone,
come mezzi/strumenti, per ottenere
il
fine politico di distribuire
i migranti nei vari paesi europei.
E
ha ritenuto, quel 59%, che l’usar
persone come mezzi fosse
per
“la
tutela di un interesse dello Stato”.
Pericoloso
stravolgimento di un principio di civiltà!
A quel 59% è
bastato il rischio di perdere il governo
per dimenticare d’un
colpo il principio etico
di rispetto della
persona umana,
tornando a
esercitare, arzigogolando, l’arte degli imbroglioni.
Per fortuna, il 59%
è solo una parte degli attivisti del M5S;
toccherà all’altro
41% tenere alto l’onore del Movimento.
O no?
Severo Laleo
sabato 9 febbraio 2019
Cazzullo e le donne
Caro il mio Scapece,
per fortuna sei il mio amico mite, così con te posso sfogarmi, scrivendo
per fortuna sei il mio amico mite, così con te posso sfogarmi, scrivendo
liberamente, anche annoiandoti, lo so, ma senza il timore di beccarmi sbuffi,
lamentele e mhmm, anche quando uso i testi un po' a mio uso e consumo.
Gran virtù squisita è la mitezza!
Sai, avevo preso il libro di Cazzullo, Le donne erediteranno la terra,
con la personale speranza di impadronirmi di qualche nuova riflessione
sull’essere donna: non si sa mai, mi son detto, Cazzullo è un giornalista
serio e preparato. In verità il libro, mischiando storia e cronaca,
offre un’antologia di brevi biografie e curiosità, le più disparate, non poche
offre un’antologia di brevi biografie e curiosità, le più disparate, non poche
per me nuove, o comunque vestite di nuova luce, tutte utili per comprendere
meglio l’universo femminile, e per di più di lettura piana, ma non offre riflessioni
nuove, o comunque non le ho sapute cogliere.
Anche Cazzullo, però, pur spinto da un sincero interesse a scoprire
Anche Cazzullo, però, pur spinto da un sincero interesse a scoprire
le qualità delle donne, quelle qualità appunto che, secondo la sua previsione,
permetteranno alle donne, sempre più presenti nei posti di “potere”,
di “ereditare la terra” (espressione non proprio adatta per la sua ineliminabile
pregnanza religiosa, non facile a aggiornamenti), in realtà resta legato
all’antico, classico, ineliminabile schema maschile, cioè questo:
gli uomini hanno finora dominato il mondo, costruito/modellato il “potere”,
l’hanno maschilmente gestito e a ogni costo tenuto e conservato,
l'hanno intriso di violenza, e ora questo “dominio” e questo “potere”,
senza novità e cambiamenti, per “sorpasso”,
passerà nelle mani delle donne, proprio in questo secolo.
Eh, no? Possibile non si riesca a uscire dall’idea maschile che il “potere”,
così come è stato inventato e modellato, non può essere “a misura di” donna?
Che molto probabilmente le donne non hanno alcuna intenzione di “sorpassare”
gli uomini e semplicemente sostituirli, senza una modifica/cambiamento
dell’idea stessa di “potere” con tutto il suo armamentario di lotte
per il predominio tra rivali?
Anzi Cazzullo invoca per le donne “uno spirito di squadra, una vera solidarietà
Anzi Cazzullo invoca per le donne “uno spirito di squadra, una vera solidarietà
femminile, per far crollare l’ultimo diaframma che separa le donne
dalla meritata conquista del potere.” (sottolineatura mia)
Il problema è dunque sempre lo stesso: prendere il Potere. In breve, se la lotta
Il problema è dunque sempre lo stesso: prendere il Potere. In breve, se la lotta
per prendere il potere finora è stata limitata ai maschietti, d’ora in poi,
in questo secolo, sarà una lotta tra maschi e femmine.
Fino al sorpasso definitivo.
Eppure Cazzullo immagina un possibile cambiamento nell’operazione sorpasso,
che non sarà solo “un cambio di genere; sarà un modo diverso di fare le cose”,
ma lascia lì cadere l’intuizione. Peccato.
Comunque, caro Scapece, cominciare a divulgare nel grande pubblico
ma lascia lì cadere l’intuizione. Peccato.
Comunque, caro Scapece, cominciare a divulgare nel grande pubblico
l’idea di un'inarrestabile “rivoluzione delle donne” è senza dubbio
opera meritoria.
O no?
Stammi bene e sempre buone cose. Alla prossima. E scrivimi, se vuoi.
Severo
O no?
Stammi bene e sempre buone cose. Alla prossima. E scrivimi, se vuoi.
Severo
martedì 15 gennaio 2019
La festa di governo per il carcere
In questi giorni di insensata festa di governo all'insegna dell'esaltazione
del carcere per la punizione di un condannato, è toccato a Sofri pronunciare parole chiare e condivisibili sull'assurdità della pena della "cella". Scrive Sofri:
"Capisco, mi pare, il desiderio dei famigliari delle vittime di vedere chiuso in carcere il responsabile provato - o colui che credono il responsabile provato - del loro lutto. Io però ho da tantissimo tempo, e molto prima che mi riguardasse così da vicino, un'obiezione di coscienza radicale alla galera, salvo quando la reclusione sia il solo modo per impedire a qualcuno di fare ancora del male. Un'abitudine pigra, ma niente è più ostinato dell'abitudine, continua a identificare il risarcimento dovuto alla vittima e alla comunità con la cella. Io provo solo disgusto e vergogna per la cella, con tanta forza che non mi succede mai, nemmeno fra me e me, di augurarmi che le persone che detesto e considero nemiche (ce ne sono, infatti, com'è umano) finiscano loro in galera. Perché la galera, chi la conosca da carcerato o da carceriere, e resti umano, nobilita il prigioniero e contagia di ignobiltà chi la augura.
...il carcere è il luogo più disadatto al vero pentimento. Il carcere è così disumano e cattivo e assurdo da attenuare fino a cancellare la stessa differenza fra innocenza e colpevolezza, da insinuare nel detenuto una sensazione di umiliazione e di offesa che prevale sulla ragione che ce l'ha portato. In carcere si può 'pentirsi' solo maledicendo l'accidente che vi ci ha portati: una lezione a delinquere meglio, la volta che ne sarete usciti. Chi attraversi una conversione vera dei propri desideri e della propria vita lo fa non grazie alla galera, ma nonostante la galera. La quale, che lo si voglia oppure si pensi e si proclami di non volerlo, è una vendetta."
Dai, stavolta con Sofri si può davvero essere d'accordo.
O no?
Severo Laleo
sabato 12 gennaio 2019
Roma, Cuarón e l’essere donna
Caro Scapece,
l’hai visto il
film Roma? Del messicano Cuarón?
A me è capitato di
vederlo ieri sera, grazie a qualche tenera insistenza
di Anna (i figli
ormai consigliano i vecchi genitori!).
“Vedrai, ti
piacerà; ti piacerà!” andava ripetendo. Mah!
E infatti, anche se
inizialmente ero sull’annoiato, per via di una lentezza
filmica non usuale (non avendo idea del tipo di racconto),
d’improvviso mi
son sentito preso, e ho seguito il film con intensa
partecipazione.
Lo sai, io sto ai
film come l’olio sta all’acqua, quindi non ti aspettare
un’analisi utile; o discorsi
sulla società degli anni 70 in Messico,
o sulle classi sociali, i ricchi e i poveri,
padroni e servi, niente;
vorrei solo dirti il senso della mia partecipazione,
in pratica che cosa ho
visto.
Per me Roma è
un film, meglio un bel film, sulle “qualità” di genere:
le “qualità”
maschili in opposizione alle “qualità” femminili.
Da una parte vedrai
immagini penetranti, esemplari, di un mondo maschile
infantile, infedele,
irresponsabile, fatuo, irriflessivo, pronto alla violenza,
dall’altro le
immagini mirabili, coinvolgenti, di un mondo femminile
sofferente,
responsabile, amorevole, pronto ad assumersi ogni responsabilità
nella direzione
della cura degli altri.
Gli uomini appaiono
o soli, dediti ai propri egoismi, o in bande, ora di parata,
ora di scuola di
arti marziali/guerriglia, ora di formazione per l’ordine pubblico.
Anzi, Fermin,
il maschio tutto arti marziali, preso a scuola di guerriglia,
viene spogliato
d’ogni umanità, ed è mostrato mentre si esibisce
in una danza assurda
da duello, tutto nudo, davanti alla “sua”
fidanzata, menando
fendenti nell’aria a pene penzolone: vacuità pura;
e quando il
guerriero saprà che la “sua” fidanzata aspetta un suo figlio,
scappa via vilmente.
Ancora vacuità.
E scappa vilmente
dalla sua moglie anche Antonio, maschio acculturato
e benestante, padre
di quattro bambini, per inseguire un’amante:
un maschio muto
d’egoismo, tutto macchina e viaggi. Vacuo?
Le donne al
contrario non sono mai sole, anche quando si trovano
in grosse
difficoltà; si cercano e si scambiano solidarietà, in parole e in
azioni.
E trovano e vivono
un’unità vitale. Ad ogni età. Un abbraccio d’amore.
E' Cleo, ma non solo, il simbolo di questa umanità resistente.
I maschi in
truppa, le donne insieme.
Un bel film, una
lezione per il futuro, un invito all’amore.
Bravo Cuarón!
O no?
Severo Laleo
Iscriviti a:
Post (Atom)