giovedì 22 agosto 2019

L'anomalia dei due Pd



Dappertutto, in spiaggia, nei bar, su tutti i media, dai giornali alle TV,
anche da parte di politici di lungo corso, si tende a sottolineare
continuamente la conflittualità permanente tra due PD,
e tra due uomini, Renzi e Zingaretti, attribuendo al primo
il "dominio/controllo" sui gruppi parlamentari, al secondo,
in quanto segretario, la sola guida del partito. Si discute cioè
dell'esistenza, senza scandalo per nessuno, di una forza politica
nei fatti inaffidabile, perché risponde a due "capi", in contrasto
plateale tra loro. Quasi un continuo beccarsi.

Credo sia una rappresentazione sbagliata. È mia convinzione che deputate/i
e senatrici/ori rispondano esclusivamente al proprio libero convincimento
e non siano semplici comparse obbligate a seguire Tizio e Caio
(quasi sempre maschi).

Eppure, se al Segretario spetta legittimamente la guida del partito,
per regola democratica (e Zingaretti pare esercitare la sua guida in maniera
collegiale nell'ascolto di tutte/i), non si riesce a capire, in una democrazia
parlamentare, come possa essere considerato legittimo il "dominio/controllo"
di una sola persona,  di un "capocorrente", sulle/sui rappresentanti del popolo.
E non si riesce a capire come possa essere, questo legame
correntizio/dipendente tra persone,  considerato "normale" da tutte le parti
in causa, e non  venga in mente a nessuno, al contrario, di denunciare
questa grave anomalia in una democrazia matura.

Forse solo dichiarazioni pubbliche da parte delle persone direttamente
interessate di non appartenenza a nessun capocorrente potrebbero eliminare
l'anomalia e restituire dignità all'alta funzione.

E un chiarimento leale anche da parte del capocorrente non stonerebbe.
O no?
Severo Laleo

E ora donne e uomini miti

Si apra una nuova stagione politica con persone miti 
(e premier una donna mite).

Leggo online queste frasi con virgolette attribuite 
a Renzi; non so se siano vere, ma l'impronta stilistica 
è facilmente riconoscibile:


"Io e Conte abbiamo fatto nero Salvini, ma attenzione: 
non è finito. Sarebbe un’illusione scambiare il Senato 
per l’Italia. Lo abbiamo umiliato, ma nella piazza 
è un altro film. Per uccidere la Bestia ci vogliono due anni".

Si noti la progressione, il crescendo: far nero, finito
umiliato, uccidere!
E Salvini non è secondo a Renzi quanto a uso violento 
dell'eloquio, nonostante baci e rosari.
E tra i 5 Stelle non mancano esperti di fendenti insultanti 
e violenti.

Il nuovo governo però ha bisogno di persone miti, 
dovrà avere al suo tavolo tante donne e tanti uomini miti, 
in numero pari, e vivrà solo se riuscirà a isolare i violenti
della Politica.
O no?
Severo Laleo

venerdì 9 agosto 2019

È ora. Una donna premier: Livia Turco


Salvini ha perso la testa.
Chiede al popolo "pieni poteri".
A Pescara!
Ormai vuole "comandare" da solo,
il Capataz della Lega Nord! Salvini è da sempre un uomo chiuso negli interessi
del Nord. In particolare del Nord affaristico. Non ha la visione solare, aperta,
intelligente, inclusiva del Sud Mediterraneo (si fa per consolazione!).
Mai s'era vista in Italia  una tale concentrazione di bullismo politico
di stampo prettamente machista (di antica Lega!),
condito da un vuoto turpiloquio.
Salvini, quanto a comportamento spavaldo da Maschio Alfa (ma pavido
al momento opportuno), abile nel ringhiare a difesa del "suo" territorio,
trasformista senza pudore, al punto da chiedere voti anche al Sud Mediterraneo,
non aggiunge nulla di nuovo ai leader maschi decisionisti del passato; in realtà,
continua la serie dei leader pieni di sé, alla  Berlusconi, solo con un incremento
di volgare semplificazione nella comunicazione.
In comune hanno avuto e coltivato un'idea tanto ossessiva, quanto infantile
(da bambino) del potere: "il pallone è mio, comando io!".
Bene. Se quest'analisi non è proprio errata, bisogna opporre al bullismo macho,
tutto pancia e assalti, la prudenza colloquiale, tutta razionalità e cura,
di una leader donna femminista. È ormai necessario. La politica, attraverso queste
figure maschili sopra le righe, ha offerto e offre alle nuove generazioni
un pessimo esempio e servizio. Urge un cambiamento nella figura di leader
(insieme a nuovi programmi, of course!).
Non avrei dubbi. Proporrei, a guidare un fronte ampio, di salute democratica,
una  femminista: Livia Turco.
E voi, maschi infelici, capi e ex capi, dettatori di linee già spezzate,
siate solo di complemento o sparite. Solo una nuova, forte, seria presenza
di donne "liberali", di destra e/o di sinistra,  salverà la democrazia.
E voi donne avanti.
O no?
Severo Laleo
P.S. Qualcuno doveva pur iniziare.

giovedì 8 agosto 2019

L’amore materno per Badinter è un dono





Caro Scapece,
sei riuscito a resistere al caldo di quest’anno?
Certo, per te che non ami il mare come si deve (per un napoletano, poi!),
ma solo indirettamente, per la gioia dei tuoi nipoti,
non sarà stato facile tutte le volte scappare al fresco.
A me è andata un po’ meglio.
Lo sai, qui da me, sulla mia collina con vista mare, la sera si respira sempre.
Specie se un maestrale non chiassoso (che in paese i vecchi accolgono
con un benevolo “maestralicchio”) spazza via l’afa, ti soffia in viso,
e ai tuoi occhi apre il panorama con le isole dalmate.
E per fortuna, così sono riuscito a leggere ancora con qualche lucidità!
Un libro, comunque, facile da leggere, di Elisabeth Badinter.
L’amore in più. Storia dell’amore materno.
e molto utile per l’ampiezza documentaria in tema di famiglia,
tra il XVII e il XIX. E si scoprono storie di vita interessanti,
ad esempio, le vicissitudini familiari dell’infanzia di Talleyrand,
il grande statista (e, lo sapevi?, I Vescovo della mia Benevento!),
e le riflessioni problematiche di Madame Guitton,
madre del pensatore cattolico Jean Guitton.
Caro Scapece mio, noi siamo cresciuti con il mito dell’amore materno,
quel mito dell’amore totale proprio delle nostre madri, spesso a figliolanza
abbondante, aggravato, quel mito, dal sentimentalismo nostro meridionale,
per non parlare del “mammismo” campano; ebbene, a leggere il libro
della Badinter, la nostra idea di madre, tutta dedita ai figli e alla famiglia,
che non si risparmia, che accetta da “santa donna” ogni “sacrificio
(e tu ben conosci la determinazione di madre pur della Filumena di Eduardo),
non è un’idea “naturalee universale, non ha origine nell’istinto materno,
ma nasce e si diffonde solo a partire dalla fine del ‘700, in coincidenza
con l’uscita dell’Émile di Rousseau, e insieme con il diffondersi
di un cambiamento di atteggiamento culturale e sociale
nei confronti del bambino e figlio.
Hai capito?
Quante volte abbiamo avuto l’ardire di giudicare i comportamenti materni!
E quante volte, presi nella rete della nostra cultura, abbiamo sbagliato!
Certo a noi maschi, impegnati per di più in occupazioni gratificanti,
è convenuto relegare la donna nel suo ruolo di madre tenera, attenta, 
amorevole, sempre disponibile, istintivamente disponibile,
e, se anche avvertivamo un’ingiustizia in questa strabica visione,
si interveniva solo per “aiutare”, senza porre in discussione la divisione dei ruoli.
Il libro della Badinter è del 1980; può sembrare rivoluzionario a noi vecchi,
noi mariti e padri negli anni 70, ma già per i nostri figli è materia archeologica,
sebbene in ambienti tradizionali e scarsamente sensibili alla parità dei sessi
resistono sacche di maschilismo familiare, se non di dominio
del maschio sulla femmina, con ogni terribile conseguenza.
E ora capisco anche la delusione amara di Ottone, ti ricordi?,
il sempre imbronciato compagno di Liceo, quando scoprì,
quasi brutalmente, dalla sua cara e santa madre
che era madre solo per caso e non per sua volontà.
Ma come, non ci hai voluto bene?” insisté Ottone!
Certo, e tanto, e sempre. Ma se fosse stato per me, nessuno
di voi cinque, sarebbe nato”.
Una delusione cocente, ma anche un invito a riflettere.
Per i nostri figli e le nostre figlie, nate/i negli anni anni 70 e oltre,
non esiste più divisione dei ruoli; l’amore materno e l’amore paterno
pari sono, e madre e padre sono ormai intercambiabili.
Non più il padre infallibile e padrone, capo assoluto di tutta la famiglia,
non più la madre santa donna, regina del focolare, responsabile di tutto,
ma più semplicemente madre e padre insieme, duale guida della famiglia.
E forse per questo esito è giusto dire grazie anche al movimento femminista
del secolo scorso.
O no?
Lo so, sei d’accordo con me in questo, anche se nicchi nel voler comprendere
la mia fissazione di estendere la guida duale alle istituzioni del Paese.
E vabbè. Stammi bene e sempre buone cose.
Severo

domenica 4 agosto 2019

Le stragi assurde dell'ideologia armata

Trovare la morte in un supermercato, luogo emblema della felicità nuova
da consumo, dove interminabili scaffali colorati offrono adulanti proposte
per rasserenare gli animi e  regalare immagini per soddisfazioni temporanee,
ripeto, trovare la morte in un supermercato pare sia una prerogativa
solo degli Usa, là dove un'antica ideologia di morte è strettamente legata
al possesso facile delle armi. E si sa: chi dà la morte, spesso con le armi,
riceve a sua volta la morte spesso con la sedia elettrica o altre strumentazioni.
E il circolo della morte ha così una sua giustificazione,
anche se negli Usa crepe si aprono in questa assurda logica.
Anche quest'ultima strage è un incrocio tra un'ideologia farneticante 
dell'uomo bianco razzista, anzi il maschio razzista bianco,
la solitudine maschilista e violenta di una mente malata
e il possesso troppo facile di  armi micidiali.
Il gioco delle armi va tolto ai maschietti. I maschietti, specie se lasciati soli, 
sanno solo giocare a far la guerra per eliminare l'altro, perché,
chiusi nel proprio territorio, temono sempre l'invasione.
E c'è chi soffia sul fuoco.
Ma negli Usa sarà molto difficile togliere il criminale gioco.
Bisognerà aspettare un impegno massiccio delle donne in politica
per sconfiggere l'assurda ideologia delle armi.
E spero arrivi presto questo momento.
Le morti di persone spesso giovani, ieri in una scuola, oggi al supermercato,
possono essere eliminate o almeno limitate solo con un semplice
provvedimento contro il possesso facile delle armi. Perché è più difficile
e di lunga durata estirpare l'ideologia della morte.

In Nuova Zelanda la premier Jacinda Ardern non ha avuto dubbi o esitazioni.
Forse anche in USA bisognerà aspettare una Presidente.
O no?
Severo Laleo


giovedì 1 agosto 2019

Il self-invalido ministro



Pare che il nostro (si fa per dire!) Ministro degli Affari Interni, un tal Salvini, social-mente molto agitoso e cliccato,  amorevole fino a colmar di baci i suoi avversari, papà di gran cuore, abbia voluto dare spessore al suo già colorito eloquio con un sonoro "mi sono rotto le palle", rivolto a un ministro della Germania.
È stato il punto più alto e chiaro
della conferenza stampa balneare.
Una confessione pubblica di estensione
europea.
l'Italia ora è avvertita. Ha un ministro ormai invalido ad alta percentuale, con diritto/obbligo di pensionamento.
Se solo fossero d'accordo i 5Stelle!
O no?
Severo Laleo

sabato 27 luglio 2019

Lega, questione morale e... sorteggio


Il partito della Lega (per ora tocca alla Lega), già al governo di questo paese per anni con il Condannato, e ora di nuovo al governo con nuova odiosa aggressività (una costante da Bossi a Salvini), dovrà portare sulle spalle, non senza vergogna, il peso di una condanna per maxi truffa allo Stato almeno per 76 anni, tanti quanti servono ai nuovi e futuri dirigenti per restituire il maltolto.

E i dirigenti della Lega, vecchi e nuovi, marchiati da una condanna per truffa allo Stato, invece di chiudere baracca e burattini, continuano a presentarsi agli elettori per risolvere, da esperti truffatori, i problemi del paese.
Incredibile!
E parte di questo paese, oggi in democrazia grazie alle lotte e all'impegno di uomini e donne di retta condotta politica, con il voto,  con le quote del tesseramento e altro, nonostante gli illegittimi approcci con la Russia di Putin per tentare  di impinguare le casse del partito, incredibilmente, continua a dare fiducia e ai dirigenti vecchi truffatori e ai dirigenti nuovi, conniventi comunque in silenzio, in continuità tra loro, sia pure con responsabilità personali diverse. (Almeno per ora.)
Se persone di questo paese non trovano sconveniente affidare le decisioni di governo ai seguaci di dirigenti truffatori, è obbligo intervenire sul sistema di selezione dei governanti. Il voto purtroppo da noi si piega facilmente a ogni convenienza, al di là del rispetto di normali principi di civiltà.
Sì eleggano pure i rappresentanti del popolo con il voto da dare ai partiti, ai simboli dei partiti, ma una volta assegnati i seggi, si scelgano per sorteggio, in numero pari uomini e donne, partito  per partito, tutti i parlamentari da un elenco di persone con la "patente" di sicura probità morale e di sicura indipendenza personale, perché selezionate secondo criteri trasparenti, certi e verificabili.
Forse per il nostro paese, dove, specie tra i decisori,  i comportamenti truffaldini e mafiosi sono diffusi, non esistono altre soluzioni.
(Soprattutto dopo la facile resa, aggravata da opportunismo, del M5S, portatore inizialmente di gridata diversità, e di speranza di cambiamento, proprio dinanzi a situazioni eticamente indifendibili.)
O no?
Severo Laleo

martedì 9 luglio 2019

Spadafora, Valente e l'opposizione...nel merito



Trovo nei giornali online le seguenti notizie:
1. Spadafora in una intervista a Repubblica ha detto: “Come facciamo a contrastare la violenza sulle donne, se gli insulti alle donne arrivano proprio dalla politica, anzi dai suoi esponenti più importanti?”. E ha individuato tra questi “gli attacchi verbali del vicepremier alla capitana Carola” definita “criminale, pirata, sbruffoncella. Parole, quelle di Salvini, che hanno aperto la scia dell’odio maschilista contro Carola, con insulti dilagati per giorni e giorni sui social”.

2. La senatrice del Pd Valente, presidente della commissione di inchiesta parlamentare per il Femminicidio, dichiara :  "Nessuna polemica o gioco delle parti sulla pelle delle donne, si cerchi visibilità altrove. Il sottosegretario Spadafora dovrebbe evitare di ingaggiare una strumentale battaglia politica sul contrasto alla violenza di genere con il suo stesso governo e pensare solo ad attuare più velocemente il piano antiviolenza, sostanzialmente bloccato da oltre un anno".

Date queste notizie, chiederei  ora con molto interesse alla senatrice Valente, dell'opposizione, di precisare se le affermazioni di Spadafora sono indubitalmente vere e se le condivide, perché questo è un compito prioritario per un'opposizione seria.
È più importante sapere se la senatrice Valente è d'accordo con Spadafora sul fatto che troppo spesso, di nuovo durante questo governo, "gli insulti alle donne arrivano proprio dalla politica (Salvini)", e meno importante sapere se Spadafora è in cerca di visibilità.
O no?
Severo Laleo

domenica 7 luglio 2019

IMMIGRAZIONE e immigrazione


L'immigrazione è un capitolo dell'atavica e sempre presente lotta tra ricchi e poveri, e, in particolare, tra maschi al potere nei paesi ricchi e ancora maschi senza potere nei paesi poveri, disgraziati, disperati, ma pronti a tutto 
pur di ricercar "fortuna".

Questa lotta fa morti e feriti dappertutto e costa molti soldi, 
più di quanti ne servirebbero per favorire movimenti 
di persone in pace. 

Forse solo una politica di accordo a "non massacrarsi" (Mauss
può sortire risultati umani.

O no?
Severo Laleo

Il nonno di Trump emigrò povero e senza potere negli Stati Uniti, 
ponendo ogni speranza nel suo diritto (almeno soggettivo) 
di emigrare per tentar fortuna altrove; e divenne ricco. 
Il nipote di quell'emigrato, ora ricchissimo e con potere 
di Presidente Usa, alza muri per impedire ad altri poveri, 
come suo nonno, di entrare negli Usa a sperare. In altre parole, 
ai maschi poveri, se servono, si aprono le porte, altrimenti muri.
I maschi ricchi girano il mondo e possono sempre fermarsi 
dove vogliono. Così va il mondo!

Crepet, ma che dici



Tutti possono parlar di scuola. Certo! Anzi, da vecchio uomo di liceo,
ascolto, capisco, e provo a comprendere, anche in prospettiva
di qualche cambiamento, ogni possibile interlocuzione; discutere
dei problemi dell'educazione delle nuove generazione credo sia sempre utile.
Ma sentire Crepet (profittando di un post apparso oggi nella mia pagina Fb,
ma datato 2017: non è mai troppo tardi!) parlare del "coraggio di bocciare",
rivolgendosi, immagino, a docenti "buonisti", sentire Crepet ritenere
addirittura "indispensabile bocciare", perché "un quattro è un’esperienza 
mistica...è un’esperienza meravigliosa" (Crepet, anche tu, esperto
della sofferenza di esclusione/solitudine degli adolescenti!), sentire ancora
Crepet affermare, a prescindere, che "una scuola che non boccia è una scuola 
marcia...una scuola che insegna il principio che siamo tutti uguali insegna 
una grande bugia", è davvero troppo.
La scuola che boccia, caro Crepet, che dà quattro, che premia il merito,
è ancora e sempre la scuola del trinomio lezione-interrogazione-voto.
Una scuola vecchia, vecchia. La scuola di cui abbiamo bisogno
è una scuola sì seria e severa, ma che accoglie, promuove e cura.
Per la civilizzazione della nostra società.
Bocciare a scuola (si parla di minori, sino ai 18 anni!) da parte di chi insegna
e segue e cura le persone bisognose di apprendimento, equivale,
da parte di chi segue e cura le persone con disturbi psichici (Crepet!),
a buttar fuori dal "banco" medico la persona malata.

O no?
Severo Laleo

venerdì 5 luglio 2019

Ritorno al paese, il vecchio compagno di scuola e il reddito di cittadinanza



E' bene essere subito chiari. Scrivo da partigiano del reddito di cittadinanza.
Non solo. Ho sempre ritenuto, invano, anche da militante della sinistra sociale,
un dovere della politica (e di ogni governo) garantire ai "bisognosi"
un reddito di dignità, quel minimo di entrata sicura a garanzia di un minimo
di autonomia nel decidere di che vivere.
E nel passato non è mancato, in area comunista e cattolica, il dibattito,
tanto ampio quanto improduttivo, sulla questione della povertà in Italia.
(Ricordo Ermanno Gorrieri Presidente di una Commissione ad hoc.)
Ma, stranamente, in un Paese di ladri e corrotti si aveva paura, anche a sinistra,
di spendere soldi per dare un po' di respiro di libertà dal bisogno ai poveri!
Per fortuna, almeno su questo specifico tema, si è bene speso il M5S.
Oggi il reddito di cittadinanza c'è.
Così, tornando al paese, d'estate, chiacchierando con un vecchio compagno
di scuola, un pensionato povero, ho provato la gioia, sì la gioia,
di sentire una storia di sereno sollievo, grazie al reddito di cittadinanza,
dalle strette penose di un reddito insufficiente.
Finalmente un'idea politica impattava positivamente sulla qualità della vita
di una persona.
Ecco due parole di questa storia.
All'inizio di quest'anno, per tutta una serie di guai, il mio vecchio compagno
di scuola si era indebitato oltre misura, e da persona scrupolosa
e ricca di dignità si era chiuso in casa intristito e senza possibilità
di chiedere altri aiuti.
Mi ha parlato con un groppo in gola: "credimi...credimi...credimi".
Una condizione di disagio importante, e di amarezza.
Quasi da povero "vergognoso".
Poi è arrivato il reddito di cittadinanza e insieme la serenità di avere
la sicurezza di poter pagare l'affitto, di restituire i prestiti, di organizzarsi la vita,
di uscire di casa e tornare a sorridere, anche di nuovo al bar.

Intorno al reddito di cittadinanza si potranno raccontare storie diverse,
positive e negative, ma a me è bastato il racconto del mio vecchio compagno
di scuola per dire, nonostante tutto, un "grazie" al M5S.
O no?
Severo Laleo



venerdì 28 giugno 2019

"...vediamo chi sono questi stronzi che dobbiamo schiacciare"


Queste limpide parole...
No, non siamo da Valerio, al bar della piazza a fine serata, con tante Ceres sul tavolino sbilenco e un mazzo di carte curvo e untuoso. No, non è il nostro Tiziano, ormai fatto, nervoso e aggressivo, a sfogare la sua depressione attiva contro i potenti, ladri della sua libertà.
No, l'espressione non viene dal "basso" sofferente e fragilmente precario, ma dai piani alti della società, dall'Università, da  un ceto intellettuale vittima perenne del successo in nome di un danarismo avvilente, dove la parola d'ordine è sempre la stessa: Vincere! ("schiacciare gli stronzi".... In siciliano esiste un termine più penetrante.)
La mentalità dei baroni maschi dell'università italiana ha un antico imprinting di dominio castale e macho, una consuetudine a delinquere innata, per niente scalfita da anni di studi e  dalla lettura di indigeribili tomi.
Per cambiare servono nuove generazioni.
La cultura non alberga necessariamente all'università, tra libri e convegni; la cultura è appannaggio di ogni persona libera sempre pronta a dire il suo no per gli intrighi del malaffare, abbia o no meditato con Kant.
O no?
Severo Laleo

domenica 16 giugno 2019

Rutger Bregman, sei proprio coraggioso



Ti ricordi, vero, caro Scapece?
Ti avevo già parlato, quando erano in pochi ancora ad averlo letto,
del bel libro di Raffaele Simone sulla Grande Immigrazione;
ora ha avuto il suo meritato successo, grazie, molto probabilmente,
alla recensione di E. Galli della Loggia sul Corriere.
(Evidentemente anche i lettori spesso, pigri nella scelta, diventano "dipendenti"!)
Quando andai nei primi mesi di quest'anno a comprare il libro alla Feltrinelli,
trovai tutti i libri pro migranti esposti in bella mostra, mentre nessun posto
per  "L'ospite e il nemico".  Mah! Mi sembrò molto strano. E che è!
Giocano a nascondino!
Anche per questo, e tu lo sai, continuo a pensare che la scuola è il solo posto
dove i nascondimenti non sono possibili: senza la scuola -ma è solo uno sfogo-
la democrazia sarebbe più povera (e infatti in questi ultimi decenni
hanno tentato e tentano, a destra e a sinistra, di chiuderla in un asfittico
retrobottega burocratico).
E tanto solo per la testimonianza di un fatto, perché non sono certo
un sostenitore delle tesi di Simone. Anzi. Però del libro di Raffaele Simone
ho raccolto la mole dei suoi dati e la tensione seria e preoccupata
delle sue argomentazioni, per meglio comprendere il fenomeno
dell'immigrazione nella sua complessa dimensione,  anche se nel merito
continuo ad essere un "estremista" d'altri tempi, fiducioso nelle capacità
umane di risolvere i problemi sociali.
Sono contro ogni idea di chiusura del nostro spazio nazionale a chi voglia
liberamente stabilirvisi, ma aperto a un controllo attivo di ogni territorio
con una presenza continua, utile, interventista, civile, persino amorevole
del Servizio Pubblico, specie dove è necessaria la predisposizione di strumenti
e azioni di cura e attenzione. Anche spendendo molto.
Se esistono strumenti per chiudersi dentro i confini, per respingere gli "estranei",
esisteranno anche strumenti per aprire e aprirsi agli "ospiti", per accogliere,
senza paure e sospetti.
E attenzione, caro Scapece, non sono certo parte a livello di idee
del Club Radicale che è aperto a chiacchiere verso i migranti, lontani e distanti,
ma pratica al suo interno una sprezzante chiusura verso chi ha idee diverse.
(Come capita a chi ha un solo metro di giudizio, il proprio!)
E vabbè!
Sempre per tentare di capire di più sull'argomento, avevo preso tra le mani,
anche un po' per caso, grazie a una recensione, o non so/ricordo bene cosa,
il libro di Rutger Bregman, Utopia per realisti. Come costruire davvero 
il mondo ideale, già vecchio di qualche anno. E, sai, non granché interessato
a seguire il dibattito storico e filosofico sull'idea di utopia, per correre subito
al nostro tema, ho cercato nell'indice analitico la voce "immigrazione":
macchè, niente! Ho cercato "migranti", e ancora niente.
Così, non nascondendomi una sincera delusione, mi sono deciso a leggere
tutto dall'inizio.
Un libro strano, almeno nella sua struttura narrativa, con salti e ritorni,
pieno di dati interessanti e di notizie, tra la storia e, a volte, l'aneddotica,
anche curiose (lo sapevi tu che il primo "gruppo di controllo" si trova descritto
nella Bibbia, in Daniele I, 1-16?), un libro in grado di aprire con dati di fatto
una discussione seria sul "reddito di base", un reddito annuo garantito
senza contropartite, riportando i risultati molto interessanti
di un esperimento canadese (Mincome). E non solo.
La lettura è andata avanti abbastanza facilmente (a volte Rutger, per rendere
godibile la lettura, sembra utilizzare stratagemmi un po' ingenui,
ma è giustificato dalla non leggerezza degli argomenti) tra riduzione
di tempo di lavoro e incremento di tempo libero, fino a quando non mi sono
imbattutto in questa affermazione: "...confini aperti. Non solo per banane, 
derivati e iPhone, ma per tutti, i lavoratori della conoscenza, i profughi 
e la gente qualsiasi in cerca di prati più verdi". E qui il mio estremismo ideale
a difesa del diritto di migrare trova finalmente la sua soddisfazione.
"Aprite i cancelli" a chi lascia il proprio paese di origine in cerca
di nuova fortuna, sostiene Rutger, non è più tempo di tenerli
"sbarrati e lucchettati". "L'articolo 13 della Dichiarazione universale 
dei diritti dell'uomo sostiene che tutti hanno diritto di lasciare il loro paese 
ma non garantisce a nessuno il diritto di trasferirsi nella Terra dell'abbondanza. 
E coloro che chiedono asilo scoprono presto che la procedura è ancora più irta 
di burocrazia...forse tra un secolo o giù di lì potremo guardare questi confini 
come oggi guardiamo lo schiavismo o l'apartheid. Però una cosa è certa: 
se vogliamo rendere il mondo un posto migliore, non possiamo eludere il problema dell'immigrazione...
Se tutti i paesi sviluppati facessero entrare il 3 per cento in più di immigrati, 
i poveri del mondo avrebbero 305 miliardi di dollari in più da spendere, 
sostengono gli esperti della Banca Mondiale...Come scrisse nel 1987 
Joseph Carensuno dei principali fautori dei confini aperti, "non sarà possibile 
ottenere immediatamente l'immigrazione libera, ma è una meta 
verso la quale dovremmo puntare."
Caro Scapece, purtroppo per molte persone mie amiche, mi trovo d'accordo
con questa idea, l'idea dell'immigrazione libera, nonostante tutte le paure
e i problemi.
E vorrei dire a Rutger, grazie, sei coraggioso a sostenere queste idee
nel buio di oggi.
E a te, caro Scapece, vorrei ricordare la nostra lettura negli anni '70
del Rapporto del Club di Roma, I limiti dello sviluppo, quando per dare
una speranza al nostro '68, e per non perdersi, si cominciò a credere
non senza coraggio nell'utopia di un mondo migliore.
E questo è tutto, Scape'!
Buone cose e a presto,
il tuo Severo

sabato 15 giugno 2019

La fortuna delle tre "I" da Berlusconi a Lotti


Dopo le tre "i" di berlusconiana memoria (inglese, impresa, informatica),
proposte per dare nuova linfa a una vecchia Scuola, anche Lotti,
per dare nuova scossa a una "vecchia" Politica, propone non di introdurre,
ma di liberarsi di altre tre i: ideologia, invidia, ipocrisia.
Ecco il testo lottiano:
"Quanti miei colleghi, durante l’azione del nostro governo e dopo, 
si sono occupati delle carriere dei magistrati? Davvero si vuol far credere 
che la nomina dei capiufficio dipenda da un parlamentare semplice 
e non da un complicato quanto discutibile gioco di correnti della magistratura? 
Davvero si vuol far credere che la soluzione a migliaia di nomine sia presa 
nel dopo cena di una serata di maggio? Davvero si vuol prendere a schiaffi 
la realtà in nome dell’ideologia, dell’invidia, dell’ipocrisia?"
Il Lotti usa le tre "i" per difendere la sua posizione politica,
tutta immersa nella "realtà", contro chi l'accusa di trame inammissibili.
Per Lotti le trame inammissibili sono  pane quotidiano e per giunta inutili.
Buone solo per le chiacchiere di moralisti senza morale.
Secondo il nostro giovane uomo già di governo, ma ancora in servizio,
chi l'accusa di aver partecipato a incontri per decidere le carriere dei magistrati
è notoriamente incapace di comprendere  la "realtà",
perché affetto da ideologia, invidia (?) e ipocrisia.
Chissà, forse questa è la nuova morale del riformismo nella sua  versione
toscana, senza ideologia (cioè, senza princìpi etici),
senza invidia (boh! la parola è entrata nel lessico politico soprattutto
grazie a Berlusconi, e aveva, nel suo caso, una qualche giustificazione;
ma invidia, in questo caso, pare proprio fuori misura),
e senza ipocrisia (nel senso: perché scandalizzarsi, si sa che gira così!).
O no?
Severo Laleo

P.S. Spero esistano davvero magistrati, soprattutto con funzioni dirigenziali,
dalle carriere libere e indipendenti.

venerdì 14 giugno 2019

Palamara, Palamara


Quando mi capitava di vedere in TV il volto parlante di Palamara, con i suoi occhi sempre distratti dal vuoto in un viso tondo nero barbuto ...
... possibile sia un magistrato?
Ora sappiamo il suo mestiere: aspirante allocatore di poltrone.
Un mestiere esercitato con altri aspiranti suoi amici, magistrati e due politici (si fa per dire!) ... del PD (Ferri, Lotti).
Del PD?
È possibile ancora attribuire un partito a Ferri e a Lotti?
Un tempo gli intrallazzi di un rappresentante di partito erano gli intrallazzi del suo partito.
Ora questi intrallazzi a chi appartengono? E chi rappresentano veramente Ferri e Lotti? Per chi si agitano tanto? E in fretta?
In una democrazia moderna è un guaio grosso, grosso. Un guasto da riparare.
Ora se il segretario del PD, il tranquillo Zingaretti, ha in mente un partito inconciliabile con gli
intrallazzi di Lotti e Ferri -e l'ha dichiarato- per quanto tempo ancora i due aspiranti giocatori di poltrone possono dirsi del PD?
Forse una decisione importante per fare finalmente chiarezza e per assumere un impegno di una trasparenza assoluta nel servizio alle istituzioni è d'obbligo.
O no?
Severo Laleo
P.S.
Però i maschietti, quando si riuniscono di notte in un albergo, si sente che sono maschi! O no?

sabato 8 giugno 2019

Quando il Potere dimentica la sua funzione...sorteggio

Grazie (si fa per dire!) alle cene notturne di qualche magistrato
con qualche politico, tutti maschi, sia chiaro, dove liberamente
(“La sera uno può fare quello che vuole -è convinto l'ex magistrato Ferri-
ed incontrare chi vuole!) si discuteva del più e del meno
circa i Procuratori Capi, a qualcuno è venuta/tornata in mente l’idea,
previa riforma, di scegliere per sorteggio i membri del CSM,
proprio considerando molto sconveniente questo parlar segreto al buio
tra amici influenti e a volte molto interessati a conservare "influenza".

Ma l’idea di una riforma del CSM con questo tratto distintivo,
è stata subito bocciata sia dal vicepresidente del CSM, Ermini,
per "l’irrazionalità nella selezione dei candidati", sia da Valerio Onida,
perché non si tratta di una proposta sensata.
(“Il sorteggio non garantisce magistrati più adatti”.)
E non aggiungono altro di convincente.

Eppure sarebbe tutto più facile, razionale e sensato.
E senza la necessità di cene notturne, e molto altro ancora non svelato,
per nostra fortuna di cittadini appena onesti, dai trojan!
Basterebbe studiare criteri seri, adeguati, completi e controllabili per definire
una graduatoria di “meritevoli” e "competenti" dalla quale scegliere,
per sorteggio, in numero pari uomini e donne, tutti i consiglieri.
Chiunque si trovi nella posizione di scelto/a per sorteggio,
ha molte più possibilità, date le sue doti certificate di merito e competenza,
di tenere alta la sua funzione di consigliere indipendente e imparziale.
O no?
Severo Laleo


giovedì 25 aprile 2019

25 Aprile: Maria Penna, il popolo sei tu




Mi è capitato di assistere, un po’ per caso, a una discussione,
a tratti ambigua,
sull’entità della partecipazione di “popolo” alla Resistenza.
Per troppe persone, attente soprattutto ai numeri, all’oggettività dei numeri,
la Resistenza fu una lotta di una piccola minoranza contro il nazifascismo.
Si sa, dicono, quanti sono stati i partigiani, uomini e donne insieme.
E si sa, dicono, qual è stato il contributo sul piano militare
alla vittoria finale: importante, sì, ma … relativo.
In breve la Resistenza non è stata affar di “popolo”.
Il popolo, dicono, è arrivato dopo, con le schiere dei partecipanti
con bandiera rossa alle manifestazioni/celebrazioni del 25 Aprile:
anzi, da una parte il popolo del 25 Aprile, festante della vittoria
per la libertà di tutte/i, al centro della piazza,
dall’altra il popolo muto, eppur libero, in disparte, ai margini della strada.
E ieri un ineffabile ministro, sulla scia di leader (povera Italia!)
tutti travolti dalla retorica del calcio/pallone, e con la violenza stupida
di chi non comprende il dolore universale della guerra, dichiara baldanzoso,
con un sorriso stampato, sempre uguale da mane a sera,
per non scegliere da che parte stare, di non voler partecipare 
al derby del 25 Aprile!
Derby? Il 25 Aprile un derby? Le parole del calcio, in questo paese,
hanno sostituito/distrutto politica e storia. E favorito il populismo.
E il populista sbraitante di oggi non merita e non ha un popolo,
ma solo seguaci,
spesso osannanti, imbrigliati nella grande Rete.

Per nostra fortuna seguace non era Maria Penna, classe 1905,
nata nel Sud Italia,
e torturata e uccisa a Firenze dai nazifascisti nel giugno 1944.
Per nostra fortuna non era una seguace Maria Penna,
lavoratrice e madre di quattro figli,
semplicemente una persona libera, determinata nella scelta politica
di difendere la libertà di tutti.
E’ Maria Penna a morire per la nostra libertà; sulla sua scelta di vita
si fonda la nostra Costituzione. Insieme a tantissime altre vittime,
sparse in tutto il Paese, da Sud a Nord, ha testimoniato, 
con la Resistenza,
l’unità ideale di un Paese.

Se esiste ancora un popolo, quel popolo ha il nome di Maria Penna.
O no?
Severo Laleo

mercoledì 3 aprile 2019

Stranieri alle porte? Meglio nell’agorà




Zygmunt Bauman, con Stranieri alle Porte, ancora una volta
lancia un invito all’umanità intera a praticar la pace;
anche perché l’alternativa alla pace -aggiunge-, e quindi
al civile convivere, è la fine dell’umanità stessa.
Insomma, è possibile con-vivere senza massacrarsi?
E’ necessario! E per questo esercitare l’arte del dialogo,
del confronto, della conversazione diventa il metodo libero,
oltre le regole, attraverso il quale è possibile giungere
alla comprensione dell’Altro, del diverso da Noi;
e oggi l’Altro è soprattutto il migrante in cerca di “vita”.

In verità gli stranieri incutono paura se si presentano e sono alle porte,
magari in silenzio, incapaci di aprir bocca, sospettosi e sospettati.
Se al contrario diventano parte integrante, ognuno a suo modo,
di una situazione di conversazione, si amplia la civiltà dell’agorà,
da intendere nel suo significato/simbolo di spazio 
della relazione discorsiva.
Se si dà la concreta possibilità, con l’accoglienza, di sperimentare
la conversazione, si attiva la comprensione, e quindi -Zygmunt usa
qui le parole di Gadamer- il processo di “fusione di orizzonti”;
senza accoglienza, avrà successo l’esclusione, e da qui,
almeno per i più fragili, separazione, distacco, chiusure, rancore,
odio, conflitto, guerra.
Zygmunt scrive che è un piacere; ha una scrittura nitida, chiara
con un andamento molto gradevole e coinvolgente;
ogni parola non è mai fuori posto; e ha una visione illuminata
dei problemi, non ideologica, ma argomentata e confortata
da dati e e autori.

Se il mondo occidentale, mondo liberale, difensore delle libertà,
sperimenta oggi la sua massima contraddizione,
perché da una parte apparecchia tutti i diritti ai suoi cittadini
e dall’altra esclude da ogni diritto gli altri,
adottando all’occasione con caparbietà pratiche illiberali,
evidentemente qualcosa ancora non funziona nella nostra civiltà.
E si corre il rischio di abituarsi all’idea di veder sospese
un domani garanzie di libertà per tutti noi, con il pretesto
di una difesa di un benessere mai realmente in minaccia.
Costruire muri per i dannati è facile; ed è facile mietere
consenso con la promessa di salvezza dagli invasori;
difficile è elaborare un progetto di pace perpetua (Kant è ancora vivo),
di civilizzazione della società, e insieme trovar strumenti,
risorse e persone utili a costruire/salvare l’umanità.
E il difficile è una prerogativa umana.
O no?
Severo Laleo



domenica 31 marzo 2019

Il femminismo è là...in basso




Se ti capita di andare in libreria e di chieder il libro di Susan Okin,
Diritti delle donne e multiculturalismo,
gentile il libraio (si fa per dire!), consultato il suo display,
ti invita ad aver pazienza un po' di giorni,
solo il tempo d'obbligo tra ordinazione e arrivo in libreria.
Eppure premuroso, pronto a rispondere alla tua urgenza culturale,
ti accompagna a un  mal posto scaffale,
e cortese soggiunge:
"Il femminismo è là, in basso".

Non più di una decina di testi in una libreria grandissima.
Questo è il nuovo clima.
Forse Verona è vicina.
O no?
Severo Laleo

domenica 24 marzo 2019

Non c'è fede che tenga: basta il no al multiculturalismo?

Caro Scapece,
ma quando ci vediamo? Che devo venire a Napoli? O ci si vede a Benevento?
Dai non rimandare oltre, ho da raccontarti tante cose e costringermi
(oddio, è sempre un piacere!) a scriverti, riduce, e tu sei d'accordo,
la qualità alta dell'intesa colloquiale. E poi, non mi avevi promesso
di mettermi al corrente dei tuoi nuovi impegni? E vabbuò! Aspetto.

In questo periodo, credo d'averti già detto, sto cercando
di leggere un po' di cose intorno ai problemi dell'immigrazione,
compatibilmente, ovvio, con la cura dei nipoti: ho questa fortuna!
Dopo il libro di Raffaele Simone, "L'ospite e il nemico", ho letto,
uscito qualche mese fa, il "Manifesto laico contro il multiculturalismo"
che è sì il sottotitolo del libro di Cinzia Sciuto "Non c'è fede che tenga",
ma in pratica è il vero titolo.
Si tratta di un lavoro onesto, quasi militante, spesso coinvolgente,
pieno di quella sana voglia di intervenire,
a livello etico-politico e giuridico, sul complesso fenomeno, "ambivalente",
dell'immigrazione, con l'obiettivo di spingere la sinistra ad abbandonare
il multiculturalismo nella soluzione dei problemi legati ai processi
di integrazione, finalmente superando il vizio, appunto presente
a sinistra, di un malinteso rispetto delle identità
dei gruppi minoritari a scapito della libertà dell'individuo, e dei suoi diritti,
con conseguenze a volte disastrose.
Te lo consiglio, si legge bene, anche per la varietà
della scrittura (dall'analisi storica alla riflessione filosofica,
dal racconto di esperienza personale alla disamina normativa).
La sua tesi è chiarissima (appunto, non c'è fede che tenga): la laicità
(insieme ai diritti dei singoli) è un bene irrinuncibile in una società
a democrazia avanzata e rinunciare ad essa
per accontentare gruppi minoritari (si dice minoritari,
ma il riferimento palese è soprattutto ai gruppi di religione islamica),
concedendo l'inconcedibile, è un grave errore.
Ora, per evitare di concedere l'inconcedibile, lo stato laico si deve assumere
"la responsabilità  di entrare nel merito di quel che accade dentro le comunità  
per farsi garante dei diritti dei singoli cittadini". (p.34)
Hai detto niente!, caro Scapece.
E così, da libertaria e laica, Cinzia Sciuto si trova
a invocare l'intervento del salvifico Stato per l'estensione d'obbligo
della laicità! E come la chiesa ha praticato l'"evangelizzazione forzata" ,
ora si invoca, per tenere a bada le comunità religiose,
anche una laicizzazione forzata.
Eppure il problema non è tanto o solo la laicità - secondo Susan Okin-
ma la persona e i suoi diritti. Gli stati i quali hanno approvato la dichiarazione
universale dei diritti umani non possono consentire né al multiculturalismo
né al comunitarismo la violazione dei diritti della persona.
Questo è molto convincente, Scapece, o no? Il come è importante.
Comunque la contraddizione, se così si può dire, di Cinzia Sciuto è sopportabile
(anche se per chi bazzica con i personalisti difficile da accogliere),
perché è connotata di una civilissima sincerità d'azione/soluzione.
Per noi, so che sei d'accordo, ogni percorso verso l'autonomia personale
è sempre imprevedibile, complesso, irripetibile e soprattutto non può essere
guidato dall'alto o comunque da terzi; per raggiungere l'autonomia i percorsi
non possono che essere autonomi. E l'autonomia personale è la condizione
fondamentale della laicità anche nel rispetto personale della fede di ognuna/o.

Le parole riguardanti la violenza contro le donne con l'intelligente invito
agli uomini di prendere coscienza che esiste "un problema di genere"
sono assolutamente condivisibili.
Un'ultima cosa, caro mio. Se ancora sono in molte/i ad avere
la preoccupazione che le donne diventeranno strumento fondamentale
nella battaglia per islamizzare la società -sul punto si cita Ruba Salih-,
tu sai quanto io creda il contrario: saranno proprio
le donne, percorrendo la strada personale verso l'autonomia,
e riconoscendosi gruppo oppresso, a modificare/imbrigliare tutti quei progetti
di predominio/egemonia, violenti o no, di stampo maschilista.
La recente manifestazione delle donne in Algeria pare sia un segno
concreto di liberazione.
Chissà, forse anche la laicità, vedrai, uscirà dalle mani delle donne
d'Africa e d'Asia.
O no?
Stammi sempre bene e buone cose,

Severo.

sabato 9 marzo 2019

Houellebecq, a Labrouste la serotonina non serve


Ué, Scapece caro, sei ancora a riposo, eh? 
Così pare, a vedere le foto su WhatsApp
Anche io, sai, almeno per qualche giorno...
poi di nuovo i nipoti. E 'sta volta meno male! 
Perchè l'ultima lettura, invece di distrarmi,
in serena distensione d'animo, mi ha, 
se escludo un po' di pagine, alquanto affaticato.
Altro che capolavoro! Serotonina di Houellebecq, per un lettore, diciamo la verità, superficiale del mio tipo, è un libro, 
per almeno due terzi, depressivo, zeppo di osservazioni/descrizioni, tra una elicoidale (si parla di luoghi, ambienti, strade, alberghi, ristoranti, bevande, cucina, farmaci, malattie, immobili d'ogni tipo, 
pesci, musica, armi, e altro ancora), ripeto, un' elicoidale guida turistica mordi e fuggi, a zig zag, un po' zibaldone, 
a volte pungente e divertita, e un lineare, ripetitivo, 
racconto al sesso, nulla di nuovo. 
(Sì, perché, a dar retta a H., "qualunque cosa si possa 
immaginare in materia di pornografia esisteva già abbondantemente nell'antichità greca o romana".) 
Un'originale presenza, abbastanza frequente, di comparse-con-parola, di complemento all'unico personaggio, è garantita, 
in questa guida sui generis, a camerieri e receptionist: la più empatica è Audry, poverina!
Il protagonista racconta anche di aver sperimentato la felicità. 
Con CamilleMa se per caso ti venisse in mente di capire 
un solo tratto di questa felicità, ti troveresti ancora una volta davanti a un motivo di sesso e basta. Un disastro. 
Un improbabile Labrouste. Accenti più rotondi si trovano 
nel racconto dell'incontro del protagonista con il suo vecchio amico, dei tempi dell'università, Aymeric, un nobile votato all'agricoltura, e spinto, complici alcol e spinelli, da un fallimento finanziario e familiare, al suicidio; sono pagine corpose, 
ne guadagna ai miei occhi anche la scrittura, 
finalmente scorrevole e coinvolgente.
Eppure, per non farsi mancare nulla, Florent-Claude scende, 
nel senso di livello, fino a un incontro ravvicinato 
con un ornitologo pedofilo, giusto per spalancare il suo animo 
a una viltà assoluta o, al minimo, a una indifferenza colpevole.
Le pagine sull'amore dal punto di vista (e di comportamenti di vita) della donna e dell'uomo generano riflessioni profonde: grazie Houellebecq (qui Florent-Claude non c'entra)! E qualcosa altro, sempre in termini di riflessione profonda, aggiungono le pagine intorno alla storia d'amore dei suoi (di Labrouste) genitori. 

Per il resto, sesso dappertutto, esplicito e implicito, reale e pensato. Una fissazione! Ora, a essere sobri, una visione così sconcertante della donna, nel 2000, non è concepibile nemmeno in un depresso alla Labrouste; è troppo chiaro, a Labrouste la serotonina 
non serve! Non so se consigliartelo.
Ma se sei a riposo, potresti lasciar perdere.
O no?
Stammi bene.

Severo

domenica 3 marzo 2019

L'importanza (leggera) degli anni e la democrazia



Presso la Casa del Popolo di Rifredi a Firenze stamani 
si è votato per le primarie del PD
Una persona amica ha voluto consegnarmi questa istantanea. 
"Sai, verso le ore 11 la fila era di circa 30 minuti...una fila silenziosa, eppure densamente espressiva, quasi preoccupata,
di donne e uomini, in piedi e sparsa su sedie, in attesa calma 
e paziente, educata, gentile, molto riflessiva, mite e determinata, quasi tutta con il bianco ordinato in testa e la speranza del futuro salda tra le mani."

Grazie anziane/i, siete l'onore democratico d'Italia, 
e insieme un esempio per tutte le giovani generazioni pensanti, qualunque voto vorranno esprimere.
Forse la democrazia non è ancora finita.
O no?
Severo Laleo

mercoledì 20 febbraio 2019

Ospite, nemico e comune umanità: convivere senza massacrarsi. A proposito de “L’ospite e il nemico” di R. Simone



Caro Scapece,
lo sai tu, vero, che potrei benissimo essere considerato un appartenente
(solo idealmente, eh!) al Club Radicale?
Sì, il Club Radicale. Non ce l’hai presente? E vabbè, ora ti spiego.
Il Club Radicale, devi sapere, è un club la cui base culturale comune
-scrive Raffaele Simone nel suo libro L’Ospite e il Nemico- “è formata 
da un aggregato poco amalgamato ma assertivo di assunti radical: 
vi confluiscono esigenze comuniste e egalitarie, umanitarie, cristiano-sociali, 
anti-imperialiste, anti-capitaliste e anti-occidentali,
no-global, femministe, omosessuali, non-violente, terzomondiste, 
ambientaliste, vegane e animaliste”. Lo vedi, è proprio il mio Club (insomma!)
sia perché non posso nascondere l’impronta cristiano-sociale 
nella mia formazione, attraverso la quale ho anche filtrato/accolto
esigenze comuniste, femministe, non-violente, sia perché ho sempre riservato
una grande attenzione, forse per deviazione professionale, ai “valori
(se si può ancora usare questa parola) presenti nelle Grandi Carte,
quali la Costituzione Italiana, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani,
eppure, t’assicuro, nonostante l’autore del libro,
appunto Raffaele Simone, sia molto severo e molto critico con il Club,
responsabile tra l’altro di un uso scrupoloso del Politicamente Corretto
nella strategia di comunicazione tendente a nascondere ogni differenza
tra nativi e nuovi arrivati, mi è facile ammettere, abbandonando il vizio grave
proprio del Club (non mio, eh!) di non voler aprire bene gli occhi, 
che il suo libro è fondamentale per avviare una riflessione seria, consapevole, 
informata sulla Grande Migrazione (il titolo completo del libro infatti è: 
L'ospite e il nemico. La grande migrazione e l'Europa, da fine novembre 
nelle librerie).
A leggerlo si capisce chiaramente che il Club Radicale ha le sue responsabilità
se l’Europa non ha saputo affrontare con un serio progetto politico la grande 
ondata migratoria proveniente da Africa e Asia; al contrario, sembra aver favorito 
il sopravvento dell’idea minimizzatrice che tutto si potesse aggiustare, 
magari con il tempo; e la cronaca è piena di esempi di sottovalutazione di episodi 
di violenza qua e là in Europa; così dum Romae consulitur...
Un ruolo negativo nell’affrontare concretamente le questioni legate 
alla Grande Migrazione ha avuto anche la “mitezza” del nostro apparato normativo 
e delle nostre occidentali regole di convivenza. (Forse perché, a mio parere, 
la mitezza, spesso malintesa, per colpa dei governanti, ha vestito i panni 
più del lasciar perdere e dell’accidia che della prudenza attiva.)
Anzi, ti dirò, grazie a questo libro, sebbene ancora mi capita a volte di propendere 
per gli estremisti della libera circolazione (mi è venuta voglia di leggere 
anche il libro, più volte citato da Simone, di Donatella Di Cesare), 
ho cercato di introdurre qualche limite e controllo nelle mie idee “miti”, 
sempre un po’ sfuggenti di fronte ai dati della realtà.

Tu che vivi in una città che ha visto partire i bastimenti per terre assai luntane, 
in cerca di fortuna, che ha visto le lacrime degli emigranti, consapevoli, 
amaramente, di essere carne ‘e maciello, e che ora, ingoiate da tempo 
le lacrime, gioisce perché un suo corregionale, Bill de Blasio, è sindaco 
di New York, sai bene quanto sia importante capire, con la necessaria attenzione, 
cos’è ora la Grande Migrazionemolto diversa, avverte però Simone
dalla nostra di fine ottocento.

E’ un libro da leggere, te lo consiglio. Anzi, aggiungo: dopo aver letto il libro,
mi sento più sicuro nell’affrontare la discussione sull’argomento con chicchessia,
perché ho abbandonato il mio irenismo un po’ superficiale, e non bene informato,
buono per ogni occasione, e ho adottato, con i miei limiti e i miei radicati 
sentimenti, il realismo, sia pure apprensivo, di R. Simone.
E chissà se è ancora possibile coltivare idea/speranza di M. Mauss: "il «segreto» 
della convivenza dei popoli e delle nazioni consiste nel saper trovare ogni volta 
delle modalità istituzionali attraverso cui possano «contrapporsi 
senza massacrarsi, e a “darsi” senza sacrificarsi l’uno all’altro». 
Mauss suggeriva che per rompere il cerchio infernale della guerra 
di tutti contro tutti occorre affidarsi alla logica del dono, 
del donare/ricevere/ricambiare, che è la sola in grado di far «deporre le lance», 
di creare «rapporti stabili» e di trasformare in socius chi prima era considerato 
come nemico." (F. Fistetti in Dal mito della crescita all’homo convivialis” 2014).

Un’ultima cosa. Che nasce, come tu ben sai, solo da una mia fissazione: 
tutto il male, tutta la conflittualità originata dalla Grande Migrazione
e tutte le conseguenti ipotesi di stravolgimento in un futuro prossimo 
dell’assetto europeo così come oggi è dato, ho la sensazione appartengano 
al solito schema di lotta per il predominio di stampo maschilista; 
ci si può interrogare se esiste/esisterà un ruolo delle donne per andare 
oltre il solito schema? (Nella pagina dei ringraziamenti c’è posto 
anche per Ruth…) Tu che dici? E’ lecito o no?
Stammi bene caro Scapece, e buone cose sempre.
Un abbraccio,
Severo