mercoledì 21 marzo 2012

Articolo 18: il dialogo, il cammino, la meta e le elezioni


E’ un momento difficile. La pazienza è d’obbligo.
Nessuno può perdere il senso della “realtà” dell’economia.
E nessuno, per senso della realtà dell’economia,
può perdere il senso dei diritti della “persona”.
Intanto, per subito chiarire, condivido le preoccupazioni di Camusso,
quando dichiara: 1. “Tutte le volte che Governo ha preso provvedimenti (manovra, liberalizzazioni, lavoro) unici a subire sono stati i lavoratori”; 
2. “L’attenzione che Governo dedica a mercato non è pari all’attenzione che Governo dedica alla coesione sociale del Paese e alla condizione dei lavoratori”; 3. “Domani Direttivo Cgil deciderà come essere alla testa di un movimento
che ripropone lavoro come tema centrale nel Paese”.
Aspetterò domani la proposta della Cgil, ma subito vorrei esprimere
una mia opinione, da praticante di “dialogo educativo”.
Per trovare un accordo è sempre bene costruire un cammino comune.
Partire insieme per giungere insieme: è il senso del dialogo.
Un cammino, in genere, prevede una meta. Si discuta la meta.
Un cammino prevede delle tappe. Si discutano le tappe.
Un cammino prevede un bagaglio utile. Si discuta il bagaglio.
Un cammino prevede delle soste. Si discutano le soste.
Un cammino prevede … e via di seguito.
Purtroppo, oggi, il cammino si è fermato a una meta,
decisa dal Governo e da altri,
ma ha perso molti “compagni” di viaggio, disponibili a proseguire.
La  meta è stata così definita dal Sole 24 Ore on line:
Cambia l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Il reintegro è previsto solo per i licenziamenti discriminatori.
Per quelli disciplinari deciderà il giudice tra reintegro o indennizzo.
Per quelli per motivi economici è previsto solo l'indennizzo.
Per i licenziamenti per motivi discriminatori, il reintegro sarà accompagnato
dai contributi non versati durante il periodo di sospensione dal lavoro.
L'obbligo di reintegro in caso di licenziamenti discriminatori viene esteso anche
alle imprese con meno di 15 dipendenti. Nei casi di licenziamento per motivi disciplinari è il giudice a decidere tra il reintegro "nei casi gravi" o l'indennizzo.
Quest'ultimo potrà essere erogato fino a un massimo di 27 mensilità
tenendo conto dell'anzianità del lavoratore. Per i licenziamenti per motivi economici è invece previsto solo un risarcimento che potrà essere da un minimo di 15 mensilità fino a un massimo di 27 dell'ultima retribuzione”.
Ma una meta, perché sia di tutti, ha bisogno di spirito di condivisione
tra i pellegrini: e chi meglio conosce, per esperienza e per “racconti”, la meta
avrà il compito di illustrarla a chi non la conosce,
descrivendone per filo e per segno ogni “qualità”.
Ora perché Monti, pur camminatore esperto e determinato, si ferma,
senza riuscire a spiegare per filo e per segno:
1.      quali sono i motivi discriminatori
2.      quali sono i motivi disciplinari
3.      quali sono i motivi economici.
Se Monti riuscisse a definire, con precisione, insieme ai suoi pellegrini,
le situazioni inequivocabili dei licenziamenti per motivi economici,
scrivendo, con tutti i soggetti deputati, regole chiare e condivise,
molto probabilmente la meta diventa con convinzione approdo di tutti.
Se io so, perché ho contribuito a definirli, che i motivi economici
sono elencati con estrema chiarezza, e da tutti accolti,
e so che a decidere, in un eventuale contenzioso, è, ad esempio,
un organismo interno paritario impresa/lavoratori,
forse l’accordo può trovarsi, sia per incrementare la qualità d’impresa
sia per garantire i diritti della persona nel lavoro,
e il cammino può continuare. Ma a una condizione:
che tutti al termine raggiungano la meta senza perdite.
Altrimenti grazie a Monti/Napolitano e si vada a libere elezioni,
perché non si può lasciare solo al Governo, e a un Parlamento,
non più rappresentativo, il compito alto di riscrivere il nuovo capitolo 
della dignità della persona nel lavoro. 
O no?
Severo Laleo

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