venerdì 9 agosto 2024

Abuso d'ufficio e educazione civica: capi e sudditi

 A leggere in contemporanea alcuni testi normativi di queste ultime settimane, è facile capire, ancora una volta, la direzione di marcia di questo governo imbroglione/contraddittorio: da una parte si dà forza e "libertà" d'agire alla classe dei governanti (capi) e dall'altra si spinge a "educare" all'obbedienza acritica la classe dei governati (sudditi).

E tutto in nome della... Costituzione!

Infatti, se da un lato, l'eliminazione del reato di abuso d'ufficio "restituisce" libertà d'azione, senza tanti vincoli e controlli, a prescindere (il fare per il fare), a chi amministra la cosa pubblica, dall'altro introduce, con la "nuova" educazione civica per le nuove generazioni, un'etica, non del dovere in sé, cmq compatibile con l'esercizio di una personale scelta critica, ma di "doveri" ben delineati e ben inseriti in una visione "privata" dell'agire, quasi a esaltare l'individualismo (ad esempio: "dando valore al lavoro e all’iniziativa privata come strumento di crescita economica per creare benessere e vincere le sacche di povertà, nel rispetto dell’ambiente e della qualità della vita"; "rafforzamento del senso di appartenenza a una comunità nazionale": tutta un'inutile ideologia!)

Ancora: se da un lato, si apre un ampio "laissez- faire" per le imprese, libere da ispezioni se non con preavviso di 10 giorni e beneficiarie, in caso di comportamenti fuori norma, di "errore scusabile", dall'altra obbliga gli studenti al rispetto delle regole senza eccezione ("una cultura dei doveri rende necessario insegnare il rispetto per le regole che sono alla base di una società ordinata, al fine di favorire la convivenza civile, per far prevalere il diritto e non l’arbitrio.")

Non c'è chi non veda, in queste indicazioni normative, un'assenza colpevole di una visione liberale/creativa della società; si insiste, colpevolmente, nel difendere il "potere" nelle mani di chi già l'ha afferrato, e si prova a bloccare/frenare, da conservatori senza futuro, ogni ipotesi di cambiamento a cura delle nuove "disciplinate" generazioni. 

Chissà, forse si tratta solo dell'illusione dei "capi" convinti ancora di avere a che fare con dei "sudditi". 

O no?

Severo Laleo

P.S. Nelle Linee Guida si sollecita, dopo "l'educazione stradale", il rafforzamento e la promozione di una "cultura del rispetto verso la donna": ancora una volta la donna è "oggetto" a parte e non semplicemente "persona". E vabbè!




domenica 21 luglio 2024

Il botto e le lucciole

 A Firenze, in città, non esistono le lucciole. E, se esistono, non è facile scorgerle. Poi all'improvviso appaiono o, meglio, è capitato siano apparse. In primavera piena. A Maggio. Il 27. Di notte. Anni fa, oltre il tempo di una generazione. 

E tu torni a casa, attraversando Piazza Indipendenza, e un botto forte, strano, da sentir malvagio, scuote il sonno di chi dorme e interroga chi è sveglio per strada. 

"Che sarà successo?"

E senza sapere crescono noti i tuoi passi verso casa. Fretta di solitudine. Forse per una vaga paura. E ti trovi già al cavalcavia ferrato ai Ponticini. È buio nero. Le luci sono tutte spente. Chissà perché? Ma la scarpata di misera e  inosservata siepe è illuminata dalla danza delle lucciole. Cadenzata. Rapida. In alto e di giù. Un meraviglioso disordine di lampi in quel pezzo di verde scomposto, lungo e senza cura. Leggeri diventano i tuoi passi e si scoprono sorridenti di puerile stupore: le lucciole, le lucciole! A Firenze!

Solo l'indomani scoprirai nei battiti di luce delle lucciole il pianto di Firenze per la strage di via dei Georgofili.

sabato 20 luglio 2024

Trump e la schiavitù

 La casta repubblicana trova la sua unità accucciandosi canemente dietro Trump: utile fedeltà e ubbidienza utile. Una magnifica unità applaudente. Basterà per vincere le elezioni? 

Quest'unità gridata e "religiosa" sarà gradita al corpo elettorale o spaventerà le persone appena riflessive?

La più grande "deportazione" mai promessa (a cura di discendenti di immigrati!) sarà la grande "liberazione" o il grande "tradimento" della (statua) "libertà". 

Non ho dubbi (si fa per dire): l'"America", nonostante tutta la sua storia di una "democrazia padrona" nel bene e nel male, non si farà schiava.

O no?

Severo Laleo

domenica 7 luglio 2024

La Corte Suprema, il Premierato, il senso del limite di Mattarella e la democrazia di genere

 Negli Usa una sentenza della Corte Suprema rischia di ridurre la democrazia all'esercizio del potere da parte del Presidente, in una parola, di un "capo", specie se questi, per gli atti compiuti durante il suo mandato, non è perseguibile, a prescindere. Nasce la figura del Presidente legibus solutus. Si tratta di una sentenza di parte, perché più giudici della corte appartengono e rispondono a una parte, la parte di Trump. E per questo motivo è priva di un "valore" oltre la contingenza. 

Ha dell'incredibile la vicenda statunitense: tutto il mondo ha visto all'opera un Presidente aizzare/assecondare un tentativo di colpo di stato (sventato anche per merito del suo vicepresidente Pence, ligio ai suoi doveri costituzionali, per fortuna!) e tutto questo non suscita nella cultura delle persone di quel paese una istintiva/educata ribellione/difesa del bene democrazia, almeno nelle sue regole. È segno di una profonda crisi della democrazia nella coscienza popolare.

La democrazia è quindi a rischio, quando si affida a "Uno/a" un potere oltre i limiti. Là l'oltraggio è sempre in agguato.

Da noi, senza la tragicità dei fatti statunitensi, avanza nella maggioranza del Parlamento, quasi per caso, senza una visione di sensato costituzionalismo, la volontà di correre verso il "Premierato", una sorta cioè di affidamento di tutto il potere politico a "Una/o", con la semplice convinzione, senza prove e ragioni, di rendere "governabile" il paese, assumendo la governabilità a valore primario rispetto a rappresentatività e dibattito politico.

In entrambi i casi, per una serie di non nobili motivi a tutti/e evidenti, il processo della riduzione della democrazia nelle mani di un/a "capo/a" di turno sembra essere la risposta ai degeneri contorcimenti attuali della politica in gran parte del mondo occidentale. Sembrano crescere insieme il desiderio di un monocratismo autoritario e l'insofferenza verso ogni idea di limite, per accogliere una corrività verso l'oltraggio.

Qualche giorno fa, è giunto con giusta misura e efficacia il discorso di Mattarella sul bene "democrazia", specie là dove insiste sull'importanza del senso del limite, quando si definiscono istituzionalmente le funzioni/sedi del Potere. Afferma il Presidente della Repubblica:

"La democrazia non si esaurisce nelle sue norme di funzionamento, ferma restando l’imprescindibilità della definizione e del rispetto delle “regole del gioco”. Perché - come ricordava Norberto Bobbio - le condizioni minime della democrazia sono esigenti: generalità e uguaglianza del diritto di voto, la sua libertà, proposte alternative, ruolo insopprimibile delle assemblee elettive e, infine e non da ultimo, limiti alle decisioni della maggioranza, nel senso che non possano violare i diritti delle minoranze e impedire che possano diventare, a loro volta, maggioranze. È la pratica della democrazia che la rende viva, concreta, trasparente, capace di coinvolgere". E ancora: "La coscienza dei limiti è un fattore imprescindibile di leale e irrinunziabile vitalità democratica".

Nel pensiero di Mattarella c'è, al contrario, non un'idea di restringimento della pratica democratica, ma un'idea di "estensione" della democrazia.

Eppure, qualche altra riflessione si può aggiungere. I sistemi istituzionali delle nostre democrazie occidentali sono costruiti sul principio di porre all'apice della guida esecutiva una figura monocratica, la quale può in situazioni particolari scivolare verso forme di velato o espresso autoritarismo. E i sistemi parlamentari molto spesso sono ancora dominati da una cultura/presenza maschile, se non maschilista. Anche perché la presenza delle donne, pur maggioritaria nella società, diventa casuale nel dibattito politico. Per estendere la democrazia, almeno nei suoi primi passi istituzionali, forse sarà necessario avere parlamenti a parità assoluta uomini/donne e, a decidere le sorti di governo di un Paese (fino a quando i Paesi esisteranno), avere non più una figura monocratica, un "capo", uomo o donna che sia, ma una coppia, una donna e un uomo, insieme, ognuna/o con il proprio senso autonomo di responsabilità, per una guida duale. Una democrazia di genere. E bicratismo esecutivo.

O no?

Severo Laleo

 

martedì 11 giugno 2024

Schlein, la gente e le persone: investire in partecipazione per ridurre l'astensionismo

 Con palese soddisfazione Schlein dichiara: “Ho riportato il partito tra la gente. Ora un’alternativa c’è. Stiamo arrivando”.

Dato il contesto, tutto ok! Anzi, di più, riesce Schlein a mantenere le sue parole nel giusto alveo, sempre all'interno di un discorso politico serio e penetrante. Un segno notevole del suo senso di "servizio" in politica.

Eppure, a partire dalle sue parole, qualche osservazione può essere tentata.

È vero, il PD è tornato tra la "gente" (il corpo elettorale), con i mezzi dell'agitazione elettorale, ma non è ancora tornato tra le "persone", dove solo può vivere e aprire speranze di cambiamento (insieme ad altre forze politiche).

L'obiettivo non è solo "arrivare", ma come "arrivare".

Quando in una democrazia partecipa al voto meno della metà delle persone, quella democrazia è a rischio, proprio perché esclude dalla partecipazione le "persone" che più hanno bisogno della cosa pubblica.

Dov'è la gran parte dell'astensione? Tra le persone sfiduciate, abbandonate, spesso in povertà, nei luoghi più difficili economicamente e socialmente.

La "gente" sì vota, ma le "persone" si ascoltano. 

Bisogna investire (magari d'accordo con altre forze politiche dell'area della solidarietà) nella disseminazione della partecipazione. Sono necessari luoghi di incontro e condivisione di problemi con relative discussioni/proposte di soluzioni. Per una nuova comunità politica. Magari “conviviale”.

E immagino (vecchio ritornello ormai) nuove sezioni/circoli (anche a gestione pluripartitica) quali reali luoghi di incontro di tante/i giovani, e di tante/i meno giovani, luoghi gradevoli, in centro e in periferia, dove sia possibile stare insieme, collegarsi in rete, ascoltare musica, bere una bibita, e discutere dei problemi della società, a partire dalla conoscenza/studio dei bisogni del “prossimo” di quartiere, senza lunghe riunioni di partito, ma tessendo nel dialogo rapporti  di felicità sociale, chiacchierata e praticata, e costruendo dal vivo una comunità, contro i luoghi virtuali dei giochi televisivi, delle tribune di parole gridate e da spettacolo.

E immagino una grande discussione sui nuovi confini delle libertà, per tornare a riprendere il tema (e la pratica) dei nostri resistenti, e guardare avanti, anche per smascherare l'imbroglio dei nuovi profeti del liberalismo salvifico. 

E immagino tutto un lavoro di studio/proposte, a partire dal quartiere, e non solo per la riparazione delle buche nell’asfalto delle strade, ma soprattutto per la riparazione delle buche  nelle sofferenze del tessuto sociale, un lavoro per coniugare la libertà con la giustizia, e per ricominciare a parlare di libertà dalla miseria, dall'ignoranza, dalla precarietà, dalla subalternità, sfidando gli avversari continuamente, in ogni manifestazione, in ogni dibattito, a livello locale e nazionale, programmaticamente, riempiendo le libertà almeno dei suoi contenuti costituzionali, di un lavoro vero, di una casa dignitosa, di un'istruzione di qualità, di una salute curata. E non solo con manifestazioni chiuse in un unico luogo di raccolta centrale, ma aperte in ogni luogo vissuto di lavoro politico, in contemporanea, e su un tema comune. (Quando sarà possibile!)

E immagino una discussione ampia sulla "cultura del limite", quale possibile altro orizzonte culturale: se sia, ad esempio, necessario definire un limite alla ricchezza, e alla povertà, e allo sfruttamento della natura, e all'uso delle risorse energetiche, e alla violenza di guerra e non, e alle morti sul lavoro, e attraverso quali provvedimenti e quali interventi culturali.

E immagino la lettura in comune, partecipata, anche all’aperto, di testi di riferimento precisi, fondamentali per alimentare una speranza di una società migliore, meglio se testi già codificati; ad esempio, la dichiarazione universale dei diritti umani, la nostra carta costituzionale, le carte del solidarismo sociale.

E immagino un gruppo di lavoro di persone con passione preparate, capaci di spiegare la politica a chi non ha tempi e strumenti, e disponibili a svolgere senza scadenze, non più solo una campagna elettorale per chiedere voti, ma una campagna di informazione e di ascolto, per una reciproca formazione, in un rapporto alla pari, a tracciare, pietra con pietra, un lastricato democratico.

E se tutti insieme si immagina forse molte diventeranno le cose da fare.

O no?

Severo Laleo

venerdì 7 giugno 2024

Appello dei/delle sopravvissuti/e alla Shoah e dichiarazione di voto

 È un momento buio per la storia dell'umanità. Un momento buio sì, ma può essere superato soltanto esercitando, noi, persone libere, non condizionate dalla propaganda populista e nazionalista, tutta la diffidenza verso quei governanti antidemocratici e inclini alla guerra. 

Bisogna dirsi con forza che esiste ancora il potere del voto per determinare scelte diverse.

Sono due i pericoli fondamentali da respingere grazie al potere del voto.

È da respingere innanzitutto l'attacco alle regole per il buon funzionamento della democrazia in occidente. Guardiamo ad esempio a cosa succede alla democrazia in Usa. Volano parole grosse da parte di Trump e dei suoi seguaci. L'attacco sconsiderato (e ingannevole) al sistema giudiziario, dopo la condanna dell'ex presidente espressa da una "giuria di persone comuni", è una novità assoluta. Non si ha più vergogna di citare il termine "dittatura", sia pure per un giorno, al fine di perseguire domani, anche violentemente, gli avversari politici di ora, né si ha più vergogna di far riferimento al Reich di Hitler. E non si ha nemmeno vergogna/timore di sollecitare di nuovo le violenze tra le "razze", sì, proprio così tra le razze! E i dittatori, e aspiranti tali, si riconoscono tra loro: Putin, e non gli pare vero, si congratula con Trump per il suo attacco all'indipendenza della magistratura, cioè a uno dei pilastri fondamentali per il buon funzionamento della democrazia; Putin non vede l'ora di poter trattare con gli Stati Uniti, d'accordo con un suo omologo "capo forte", cioè dall'alto di un potere intoccabile. 

È da respingere poi, in Europa, l'attacco, da parte del fronte della guerra, alla diplomazia della pace nata dopo la seconda guerra mondiale. L'Europa unita stessa nasce proprio dall'impegno a evitare le guerre e aprire un periodo di pace continua. Ora, al contrario, non si fa altro che rendere possibile, con parole e atti, il ricorso alle armi. 

Il destino dell'umanità, mai come questa volta, non è più nelle mani degli incompetenti/incontinenti "capi", o aspiranti tali, ma è nelle mani ragionevoli, assennate e miti di tantissime persone semplici, che sanno che la democrazia è un bene prezioso da difendere, ampliare, estendere. L'appello dei/delle sopravvissuti/e alla Shoah è da accogliere in pieno, perché invita a esercitare il diritto/dovere di voto contro le guerre e contro le derive autoritarie. 

Un secolo fa, più o meno, i "capi", Hitler e Mussolini, ispiratori di violenze senza scrupoli contro gli avversari politici, ebbero in pugno, grazie anche a una una retorica nazionalista e razzista, e al voto di una parte delle persone, intere masse di popolazioni, fino al punto di farsi dittatori acclamati in pubblico.

Oggi, dopo anni di sperimentazione democratica, le persone sono più avvertite, e hanno la libertà/facoltà di indirizzare le classi dirigenti verso pace e democrazia, anche se resistono aspiranti capi pronti a immaginare nuovi possibili periodi di "dittatura".

Per questo il mio voto andrà a chi nei partiti e con i partiti si impegna a estendere la democrazia e a rifiutare la guerra.

Severo Laleo

giovedì 6 giugno 2024

Biden/Harris: la guida duale

 Negli Usa, alle elezioni per la Presidenza, si presenta il/la candidato/a Presidente insieme con la/il sua/o vice. La carica rimane tuttavia monocratica, perché l'idea diffusa, accettata quasi universalmente, è che a "decidere/comandare" deve essere "UNA/O"! È stato sempre così, dicono, da che mondo è mondo. 

Ma perché è stato sempre così (o quasi)? Quale cultura è alla base di quest'"abitudine" nelle strutture di potere? Ho colpa a non conoscere risposte adeguate, ma è possibile pensare che tutto abbia avuto origine dal "duello" animale/umano tra maschi. Chi vince, da solo, comanda: di qui, probabilmente, scaturisce l'istituzione del "capo", la figura potente monocratica, in una parola, il monocratismo. Un'istituzione strettamente legata al fare maschile, al dominio patriarcale.

Si può riflettere per cambiare? Hanno i femminismi proposte di cambiamento?

Vedremo.


Intanto sempre più negli Usa si discute con preoccupazione dell'età di Biden, perché a Biden e solo a Biden è affidato il sacro scettro del Potere. Ma se si riconoscesse alla "coppia" Biden/Harris pari dignità e facoltà di potere, molto probabilmente il voto dei democratici sarebbe più sereno, sicuro e convinto.

La democrazia Usa potrebbe essere la più vicina a sostituire la guida monocratica con la guida duale, un uomo e una donna insieme, negli affari di governo.

Con gran vantaggio per la democrazia.

O no?

Severo Laleo

lunedì 3 giugno 2024

Festa della democrazia: sorteggio e bicratismo

 Sempre più spesso le democrazie (anche la nostra democrazia repubblicana) sono una semplice questione di leadership personali.

E molto spesso anche libere elezioni diventano campo di battaglia per orde (non dovrei usare questa parola, ma è d'istinto!) dal comportamento fideistico (penso ai seguaci Maga di Trump, e non solo, se importanti membri del Congresso, per difendere Trump, discreditano le istituzioni!).

E in Europa il voto spesso è diventato un'operazione, da parte di sostanziose minoranze, per "chiudere" la democrazia alle libertà personali.

Forse, anzi senza forse, la democrazia dei partiti e delle visioni "ideali" è definitivamente scomparsa e ha lasciato il posto alla democrazia dei "caratteri", dell'individuazione del "nemico" e dell'insulto divisivo.

Sempre più singoli leader, uomini o donne, credono di poter dirigere le masse secondo le loro volontà, ad libitum. (Per fortuna, tra continue "sguaiataggini" istituzionali, si perdono comunque).

Ma se le Corti Supreme (penso agli Alito negli Usa) dovessero piegarsi a un (loro) capo politico, cadrebbe purtroppo, miseramente, anche l'ultimo baluardo nel sistema dei pesi e contrappesi del sistema democratico. 

Per non dire delle manovre di un gruppo di miliardari di sostenere Trump per travolgere la democrazia (E.Reich, The Guardian).

Se questi possono essere e in parte sono i limiti di una democrazia del "voto", perché non avviare seriamente una riflessione sulla democrazia del "sorteggio?" 

Se la politica è diventata semplice amministrazione (a volte del malaffare), gli scontri tra partiti nel mercato del voto, con tante scie di corruzione, possono anche essere superati/sostituiti con altri "sistemi di scelta", anche perché gli scontri tra partiti sono semplicemente scontri per il potere e per il suo più duraturo possibile mantenimento.

Con il "sorteggio" i parlamenti saranno liberi da ogni condizionamento di "parte" e potranno finalmente essere formati da uomini e donne in pari numero, nel rispetto reale della parità. A questi parlamenti sarà affidato il compito di scegliere il governo possibile e magari scegliendo non un "capo del governo", ma un "governo duale", un uomo e una donna, per consentire visioni più larghe nelle decisioni. E sostituire così finalmente il monocratismo, esito storico diretto del maschilismo/patriarcato, con il "bicratismo", appunto la guida duale di un uomo e una donna al vertice.

O no?

Severo Laleo


venerdì 31 maggio 2024

La democrazia Usa a rischio, anche se...

 


Negli Stati Uniti (almeno per ora) una giuria "popolare", composta da 7 uomini e 5 donne, persone appunto scelte tra il "popolo", dopo aver seguito il processo, nelle sue testimonianze e nelle sue finali conclusioni, ha deciso, pare con attenta pacatezza e senza timore reverenziale, di dichiarare colpevole un ex Presidente, un candidato in corsa per la Presidenza e, soprattutto, un uomo potente per ricchezza e per linguaggio di minacciosa aggressività. Quelle 12 persone, alla fine di un processo pubblico, svolto nel pieno rispetto delle regole (e per il giudice responsabile non è  stata un'opera facile!), hanno portato a termine un compito di gran valore per il funzionamento delle istituzioni democratiche. 

Il sistema giudiziario ha ben retto a un urto così nuovo e travolgente.

 Ma per Putin, per Orbán, per Salvini quelle 12 persone non esistono, o, peggio, sono al servizio di una persecuzione politica; in verità, guardando in profondità, rappresentano, quelle 12 persone, un anello importante del funzionamento della democrazia fondata sulla divisione dei poteri. Se la politica in Usa, succube di una violenta retorica, già responsabile dell'attacco a Capitol Hill, travolgerà a breve anche queste ultime formali garanzie di minimo accettabile funzionamento democratico, la colpa sarà anche del "popolo". E non sarà indolore per il mondo intero. 

O no?

Severo Laleo

giovedì 9 maggio 2024

La ministra Roccella, la censura e il fascismo

 "Questa è la censura, altro che il fascismo!". 

Sembra sia stata questa la frase pronunciata dalla ministra Roccella, fuggendo da una rumorosa contestazione.

Se è così, veste la ministra, con vannacciana convinzione, i panni della vittima di fronte a delle/dei giovani urlanti, e sussurra, prima di un lagnoso abbandono, un ardito collegamento: "ecco chi pratica la censura, altro che il fascismo!"

Non c'è dubbio, alla ministra mancano i fondamentali: è il caso di ricordarle che il fascismo davvero fu ben altro, e fu la violenta eliminazione, fisica o sociale, di chiunque coltivasse, anche senza contestare, il dissenso. 

Altro che censura!

Il Presidente Mattarella è bene richiami tutte/i al rispetto dei principi di libertà costituzionali, uguali per tutte/i, ma potrebbe anche, utilmente, con tutto il rispetto massimo per l'ottima persona, fare opera di educazione costituzionale, inviando alla ministra il suo discorso del 25 Aprile in Civitella Val di Chiana.

O no?

Severo Laleo 

mercoledì 24 aprile 2024

25 Aprile: Liberazione

 25 Aprile. 

La festa della Liberazione

(dal nazifascismo).

Nella storia il 25 Aprile rappresenta 

la conclusione di uno scontro definitivo,

e sanguinosissimo, 

colmo di orrori disumani, indicibili, 

tra due visioni della vita/mondo.

Da una parte l'idea 

di una continua conquista,

da non interrompere, 

anzi da estendere, di libertà/dignità 

per ogni persona, 

dall'altra l'idea 

di una riduzione/sottomissione violenta 

della libertà delle persone 

alla volontà perfetta 

di un Capo Provvidenziale, 

nell'unità mitologica della Nazione/Razza.


La parola importante di questa festa,

oltre il dato storico, è Liberazione. 

La storia umana, con corsi e ricorsi,  

è proprio questo processo continuo 

di Liberazione. 

La Dichiarazione Universale dei diritti

 umani è il risultato ideale/reale 

del processo di Liberazione.

Definita, una volta per tutte, all'art.1,

la dignità della persona umana, 

sempre, comunque, dovunque, 

la Liberazione dal nazifascismo 

è stato il passo fondamentale 

per proseguire nel processo.

Il mondo, nel rispetto della dignità 

della persona, è vincolato,

almeno eticamente,

dalla Dichiarazione Universale 

a liberare tutte/i da ogni povertà, 

da ogni teoria/pratica di negazione 

di Liberazione, da ogni sistema

 istituzionale illiberale, da ogni guerra,

in quanto condizioni lesive della dignità.

La nostalgia dei tempi degli autoritarismi 

è fuori della storia e contro la storia.

La parola del presente e del futuro 

è una sola: Liberazione.

 

Severo Laleo

domenica 21 aprile 2024

Il 25 Aprile di Meloni, della Rai, di Scurati

 Quando un governo, 

con i mezzi a sua disposizione, 

attacca frontalmente un(') intellettuale

 senza intervenire 

nel merito delle affermazioni/idee, 

ma solo attaccando, 

in una qualsivoglia maniera, 

la persona, 

questo è proprio di ogni fascismo.

Chiunque sia al governo. 

O no?

Severo Laleo 

giovedì 4 aprile 2024

Il garantismo bislacco

 Il garantismo è sempre, in ogni situazione e per ogni persona, una forma di rispetto appunto per chi attende un "giudizio" dalla legge secondo norme chiare e trasparenti e alla pari tra le parti in causa.

Ma anche il garantismo ha i suoi limiti, non semplicemente di natura etica, ma di natura costituzionale, quando il "rispetto" è da riservare a chi esercita una funzione pubblica: "disciplina" e "onore". 

Chi esercita una funzione pubblica non perde il diritto a essere "garantito" nel suo percorso verso il "giudizio", ma deve rispondere alla comunità per i suoi comportamenti sul piano della "disciplina" e dell'"onore". 

Ora chi nel Parlamento dimentica/trascura di considerare, nel valutare la condotta politica dei suoi membri, la "disciplina" e l'"onore" è fuori di Costituzione; e per arroganza svuota il Paese (ah, la Nazione!) dei suoi valori fondanti la comunità: avrà comunque i giorni contati.

O no?

Severo Laleo

domenica 31 marzo 2024

I "sepolcri", i massacri e la ribellione civile

 Oggi, 29 marzo 2024, è il giorno dei "sepolcri". Era una volta una molto seguita tradizione religiosa (o solo di costume), almeno nei nostri paesi del sud, ai tempi della fanciullezza/ giovinezza, visitare le chiese. Almeno sette. Tutte particolarmente addobbate, di bianco, nei teli e nei fiori, mentre veli di un tetro viola coprono ancora il crocefisso. Oggi, 29 Marzo, per una strana senile nostalgia, ho ripreso quella tradizione, dopo tanti, tanti anni di assenza. Ho visitato tre chiese. Ancora tutte addobbate di bianco ma con più modestia. E le numerose presenze di una volta non esistono più. Non ho incontrato un/a giovane né una persona al di sotto dei 50 anni. Anzi, si può senz'altro dire, l'età media delle persone incontrate in chiesa, poche, è intorno ai 75-80 anni, soprattutto donne, ancora con tanta, sincera devozione, confermata con l'accensione di una candela: stona soltanto, nel silenzio di intima preghiera, quel clac metallico dell'euro cadente nel salvadanaio appena sotto le candele. 

È triste questo deserto ai "sepolcri", anche per chi non crede più. Scompare l'idea stessa, una volta diffusa, di una partecipazione sofferente in attesa di rigenerazione.

Non saprei dire, da questo, se è cambiato il mondo, almeno questo nostro piccolo mondo, ora che il Dio dei "sepolcri" non incontra più quella moltitudine di persone, anche giovani, in silenzio raccolte, fatto sta che il mondo tutto continua ad andare sempre avanti, muto di parola, per la sua tortuosa e folle strada, e non è cambiato, e i "sepolcri" sono incolpevoli: continuano le guerre, continuano i massacri, soprattutto di "civili", senza pietà: e le "ragioni" sono sempre nel segno della violenza e della vendetta: incivilissime! È un'umanità sbandata, senza nessun rapporto con la vita e il suo rispetto. 

E già le riverenti e in silenzio compunte folle religiose dei "sepolcri" di una volta, almeno nell'europa cristiano-cattolica, digerirono troppo facilmente, senza un'opposizione culturale e etica, la loro compatibilità con il nazi-fascismo e con i suoi orrori dell'Olocausto. Tanti, troppi, i volenterosi carnefici di Hitler, e soltanto una persona a non cedere sul piano dei valori cristiani: Franz Jägerstätter.

Oggi, nel marasma violento delle guerre, forte suona per la pace il grido di Bergoglio.

Sarà possibile una nuova "cena", un nuovo riunirsi a "convivio", senza che ne segua una morte terribile e feroce, anzi ne segua un impegno a ritrovare la pace tra le persone? Forse gli uomini, specie se maschi, oggi al comando, bloccati da un agire di stampo duellante e patriarcale, chiusi nell'ego del dominio, pare non siano in grado né di capire il dolore delle vite spezzate, di cui credono di avere la piena disponibilità (per quanto tempo ancora?), né di stabilire "rapporti di parola alla pari", alla ricerca di una necessaria solidarietà planetaria.

È una terribile sventura: ribellarsi contro la guerra è difendere la vita!

O no?

Severo Laleo

giovedì 21 marzo 2024

Sguaiataggine anche in Francia: il Macron muscolare

 Viviamo in tempi davvero miserandi, soprattutto in ambito politico, un po' dappertutto nel mondo, sia per la dimensione etico-culturale (schiava ormai di parole e proposte violente, specie contro i migranti: Trump su tutti, almeno nelle democrazie occidentali, e Sunak, e Meloni, e Orban, e... ), sia semplicemente sul piano dell'immaginazione/comunicazione.

E ancora più miserandi sono questi tempi, se un'immaginazione/comunicazione sguaiata e una rovinosa débâcle etico-culturale si accompagnano a pensieri sempre più insistenti di guerra. 

Ma che è successo così improvvisamente all'Europa? Perché in politica la smania di "apparire" forti e sicuri di sé è diventata così sfacciata, oltre il senso comune del rispetto, fino al limite della decenza? 

Ed ecco Macron "farsi vedere" tutto intento, muscoloso (non sarà mica una risposta al "femmineo" di quell'acuto senatore dei Fratelli d'Italia?), nell'atto di dar pugni a un sacco...dopo aver parlato di invio di truppe in Ucraina! Non era forse di Putin la propaganda muscolare? Deprimente, molto deprimente!

Resisteranno gli altri capi di governo in Europa, uomini e donne, a tenere un profilo pensoso dei problemi della collettività? A comportarsi con dignità almeno pari alla gravità delle situazioni? Si può avere qualche dubbio: comportamenti sguaiati istituzionalmente sono diffusi un po' dappertutto. (E viene in mente ancora la prova di penoso cabaret della nostra Presidente del Consiglio nel suo comizio finale in vista delle elezioni regionali in Sardegna; e, da ultimo, il suo gioco delle faccette alla Camera.)

Intanto, insieme ai muscoli di Macron, appaiono sempre più insistenti in Europa pensieri e parole di guerra. Si vogliono addirittura preparare i "civili" - proprio così si legge, i "civili"!- all'idea della guerra. Si dimentica facilmente, troppo facilmente, che l'umanità si può esaltare soltanto nella ricerca della solidarietà nella pace, nel convivere "senza massacrarsi". Non esiste altra possibile umanità futura!

Qui comunque si vuole continuare a credere (almeno a sperare) che il mondo delle persone immerse nell'agire/fluire quotidiano sia più avanti, per senso di civiltà/pace, di tanti giocatori della politica.

O no?

Severo Laleo


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domenica 17 marzo 2024

Il nuovo nome della pace: "le guerre vanno fermate"

 Questa volta il Presidente della Repubblica,
Sergio Mattarella, ha scelto la Giornata dell'Unità Nazionale, della Costituzione, dell'Inno
e della Bandiera, una giornata cioè tutta "nazionale", per rilanciare, con profonda, sentita sincerità, ancora una volta, il suo messaggio di pace alla intera "comunità internazionale".

E non ha voluto tessere un inutile, ennesimo, elogio della pace, al contrario, ha scelto di non nominare la pace, ma semplicemente la condizione reale, concreta del suo esistere, con un perentorio "le guerre vanno fermate".


E con un ben chiaro progetto per il futuro:
"affinché si ripristini il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale, a garanzia della vita di ogni popolo".


Sì, a garanzia della vita di ogni popolo!
Grazie Presidente.
Severo Laleo

venerdì 8 marzo 2024

8 marzo 2024...

... quest'anno sconvolte le Mimose 

gridano dagli alberi:


Non è tempo di festeggiamenti

È tempo di dolore imperativo 

Sollevatevi donne di tutto il mondo

Marciate forti per la pace 

Portate dappertutto la "parola"


perché gli uomini, questi uomini,

da sempre "muti" nelle armi,

sono inetti per la pace.

O no?

Severo Laleo

venerdì 1 marzo 2024

La scuola ha un solo compito: promuovere senza esclusioni libertà e conoscenza

 Mi è capitato di leggere su Oggi 
l'intervento di Fabio Fazio sulla proposta
di questo governo di riportare indietro 
nel tempo il sistema di valutazione
nella scuola elementare. 
E mi ha molto colpito, 
da veterano della scuola, 
trovare in un uomo, sia pure fine e colto, ma professionalmente immerso 
nel mondo dei "successi", una così profonda saggezza a proposito del ruolo della scuola nella formazione della persona. 
È vero, siamo abituati a vedere nella scuola (dove comunque esistono, spesso nascoste, tante, tante eccellenze) solo lunghi corridoi di aule con banchi, cattedra e lavagna all'interno delle quali si celebra, da secoli ormai, il rito di un far scuola, soprattutto a livello superiore, fondato sul trinomio lezione-interrogazione-voto, dove il voto rappresenta il punto finale più importante dell'intero processo. Un'assurdità. Eppure l'introduzione della Nuova Scuola Media, sul finire degli anni 60 (anni 60!), aveva spinto in avanti il nostro sistema scolastico: nuovi programmi, nuova didattica, nuova valutazione. Ma le resistenze a quell'idea 
di scuola aperta, su misura per tutte/i, "inclusiva", furono forti e continue, e ritornano, ora, con il ministro Valditara, ministro anche del "merito", un'entità ideologica declinabile a piacere.
Fabio Fazio, al contrario, con semplici osservazioni/intuizioni, riesce a cogliere 
il significato profondo della scuola e invita calorosamente il ministro a "fermarsi a riflettere".
Ecco, entrando nel vivo, stralci del suo intervento.
Fazio è molto preoccupato dell'intenzione del ministro di introdurre, già dal prossimo anno scolastico, il giudizio "gravemente insufficiente" nella scuola elementare, e scrive: " Signor ministro, non lo faccia, lasci stare. Introduca piuttosto insegnanti di sostegno, e in numero adeguato, nelle scuole di ogni ordine e grado. Che cosa potrebbe mai significare "gravemente insufficiente" per un bambino di sei anni, se non un trauma e una umiliazione? Trovo che l'idea di averci pensato sia drammatica. Perché mostra il dramma di chi evidentemente non si rende conto di che cosa sono oggi i giovani, da quale fragilità siano afflitti e di quanto sarebbe necessario invece costruire una scuola inclusiva che abbia il compito innanzitutto di rispettare i tempi di crescita di ciascuno alunno e di aiutarlo a scoprire le proprie passioni".
E continua Fazio: "Dalle elementari alle superiori, la scuola dovrebbe appassionare. Alla conoscenza, allo studio, alla scoperta del mondo e soprattutto di se stessi. I ragazzi hanno più che mai bisogno di essere ascoltati, accompagnati nel loro percorso di crescita in un tempo per loro difficile come quello che stiamo vivendo...
l'idea che la scuola efficiente sia fatta di lezione frontale, di valanghe di compiti per le vacanze, di verifiche e di stress, mi sembra anacronistica, una grande occasione sprecata...Una scuola che boccia e punisce rappresenta il fallimento della scuola. ... Cambi rotta ministro e faccia in modo che la scuola sia un luogo protetto e protettivo, in cui da sei anni fino alla maturità, ci si possa sentire non giudicati e in cui semmai si forniscono gli strumenti per imparare a giudicare. Anzi per comprendere più che per giudicare". 
D'accordo Fazio, anche se credo sia giusto aggiungere che la scuola di oggi, con tutte le note e dolenti carenze, sia ancora un luogo insostituibile di libera e critica formazione, grazie soprattutto all'impegno di tantissime/i docenti preparate/i e premurose/i. E non sarà una nuova "ideologia" a spingerla indietro.
O no?
Severo Laleo

Gaza, Guterres e i femminismi

 A Gaza non è in corso una guerra, è in corso un massacro. 

Tutte le autorità di governo nel mondo non possono più giocare a nascondersi, non possono più trovare giustificazioni a ogni azione di Israele sempre ricordando i fatti tragici e orrendi del 7 ottobre. 

Oggi le autorità di governo di tutto il mondo hanno un solo dovere: intervenire per bloccare questo massacro continuo oltre le operazioni di guerra. 

Forse qualche gesto forte e ampio potrebbe essere importante. 

Ad esempio, il segretario dell'ONU Guterres, incredibilmente inascoltato pur avendo sempre denunciato gli ingiustificati interventi di morte di Israele contro il popolo palestinese, potrebbe dare le dimissioni per aprire un dibattito ampio sul significato della "sicurezza" di ogni persona nel mondo, a prescindere da tutte le contingenze, nelle mani dell'ONU.

Non solo. 

E sarebbe anche necessario che tutti i movimenti femministi del mondo aprissero una breccia larga nel fortino della volontà di guerra/violenza degli Stati (dominati ancora da cultura maschilista, nonostante qualche leader donna) con rumorose manifestazioni internazionali per dire 

no all'uso della violenza/guerra, 

no a morte/distruzione in ogni parte del mondo, 

no alla corsa degli armamenti,

sì a investimenti cospicui nella diplomazia della "parola".

Non si più stare a guardare senza azioni.

O no?

Severo Laleo

giovedì 29 febbraio 2024

Il Male, la Parola, il Tempo...e la Pace

 Se, a sentir diffusa opinione, Putin

e non la Russia, è il "male assoluto", 

perché non si tenta, 

anche per il principio di proporzionalità, 

semplicemente di contenere, 

anche con calcolati accordi, 

questo "male" nei suoi sussulti 

per un po' di tempo 

almeno fino al suo scomparire? 

Dieci anni? 

E non si possono investire dieci anni,

non in corsa a nuovi armamenti,

ma in diplomazia della "parola

senza annegare il mondo 

in una guerra senza limiti e catastrofica?

La ricerca della Pace 

deve avere sguardo lungo, 

deve programmare un viaggio senza incidenti.

O no?

Severo Laleo

martedì 27 febbraio 2024

Il gran capocomico, gli epigoni e la politica

 Quis fuit...qui primus...

Sì, il primo è stato Berlusconi: riuscì, con la sua foga commerciale/manipolatoria, a combattere il  "teatrino della politica", a suo dire, proprio inventando, abilmente, la figura del politico/statista "capocomico", con un linguaggio, quando non violento, almeno di sorriso/garbo tra il sincero e l'affettato, ma per i più divertente, da barzellettiere.

Ora i suoi "figli" e la sua "figlia", diventati/a statisti, nel tentativo di imitare il gran capocomico, hanno riversato nel discorso politico l'arroganza oltre il limite, e la volgarità nell'aggressione dell'avversario, e la sguaiataggine dell'approssimazione, e infine le movenze gestuali e sonore dell'avanspettacolo.

Eppure, se il popolo non è semplicemente un plaudente spettatore, presto, forse, tornerà la Politica (e si spera, anche per gli Usa!).

O no?

Severo Laleo

domenica 25 febbraio 2024

Otto miliardi: dalla vita/pace alla morte/guerra

 Ma è vero che questo governo ha intenzione di spendere otto miliardi, otto miliardi, sia pure in più anni, per l'acquisto di carri armati con l'intento conseguenziale di incrementare gli orrori nei campi di battaglia? È vero? Otto miliardi?


Se è vero, è un'offesa a tutte le persone povere del nostro paese; con otto miliardi si sarebbe garantita la possibilità a persone in gravi difficoltà economiche di percepire un reddito per una vita dignitosa. 

Eppure quel reddito, una volta di cittadinanza, è stato subito strappato, con ideologico furore, alle persone in difficoltà per dare ora ai carri armati da guerra una continuità di morte.


La mente e il cuore si ribellano, non riescono a concepire tanta insipienza politica o tanta arroganza di forza.

Non è possibile negare miliardi alla vita per sperperarli nella morte. I carri armati restano sempre macchine di morte, 

anche in difesa.

Se un reddito di vita/cittadinanza è  strumento di sollievo nell'esistenza delle persone povere, l'acquisto di carri armati diventa comunque strumento di diffusione di morte. 


Scegliendo di spendere per armi,

continuando a dare una direzione bellico/militare al nostro bilancio, si rischia di non rispettare la Costituzione nel suo profondo impianto valoriale di pace dell'art. 11.

Se avesse l'Italia investito otto miliardi nel sostenere con mezzi adeguati la diplomazia per la pace, tante/i avrebbero compreso l'utilità corretta dell'impegno economico, perché investire nella pace, specializzandosi l'Italia come un paese di costruttori di pace, significa senza dubbio investire nella vita; con i carri armati si contribuisce solo ed esclusivamente a incrementare la morte.


Forse è ora per questo governo, un governo senza ragioni convinto della necessità di dotarsi di armi, di correre a nascondersi per questa scelta insensata di morte.

O no?

Severo Laleo

giovedì 22 febbraio 2024

Monocratismo vs bicratismo

 Leggo questo titolo/sommario su Domani:

Tutti maschi. Nei ministeri il potere decisionale è nelle mani degli uomini.

Il 58,8 per cento della pubblica amministrazione è formato da donne, pari a 3,2 milioni di dipendenti pubblici. Solo il 33,8 per cento però riveste un ruolo apicale. E nei dicasteri, tra i dirigenti e i capi dipartimento, sono una sparuta minoranza.


Tutto vero. E non se ne esce con le denunce, con le raccomandazioni, con l'obbligo di quote.


Sono necessarie riforme istituzionali capaci di trasformare nel profondo, e per sempre, il dualismo uomini/donne.

Fino a quando i "ruoli apicali", i capi, per usare una parola purtroppo acriticamente diffusa alla nostra cultura politica, saranno sempre dei "monocrati", continuerà a prevalere un potere sostanzialmente maschilista, a struttura di dominio, anche se all'apice c'è una donna.

Il monocratismo nelle istituzioni (e non solo) è l'esito storico del potere dominante maschile/patriarcale, non è una condizione "naturale".

Se si vuole combattere il "tutti maschi" bisogna sostituire il monocratismo con il bicratismo. 

O no?

Severo Laleo

domenica 18 febbraio 2024

Le scarpe dorate di Trump e la fine politica dei "venditori"

 Su ilfattoquotidiano.it si legge questo sommario, a didascalia del video di Trump nel sublime suo atto di presentazione, al suo pubblico, di scarpe dorate:

"Trump presenta le sue scarpe dorate davanti alla folla in delirio, tra cori di sostegno, insulti a Biden e ululati di disapprovazione".

Povera America, con tutte le sue contraddizioni. Ma più povera, se ancora molte persone riescono a "seguire", delirando nelle nuove scarpe, Trump, soprattutto dopo la condanna per frode negli affari.

Eppure a suo modo il mondo riserva sempre delle (belle) sorprese: dopo aver visto le scalate ai vertici delle istituzioni politiche della genìa dei "venditori", d'ogni tipo di merce, manipolazione delle parole inclusa, oggi, non saprei dire se per la prima volta, assistiamo, con Trump, al ritorno alle "vendite", e di oggetti o, in altri casi, di chiacchiere, da parte di questi piazzisti/statisti; forse, se quegli "ululati di disapprovazione" sono davvero il segno di un nascente e convinto impegno civile, questo nero ciclo fraudolento della politica è sul punto di chiudersi definitivamente. 

O no?

Severo Laleo

giovedì 15 febbraio 2024

Marco Damilano, Cutro e l'impegno civile

 L'aver ascoltato questa sera in TV 

Marco Damilano sulla tragedia di Cutro, 

pur al di là delle importanti notizie 

presenti nel suo  servizio, 

ha regalato, soprattutto a chi abbia voglia 

di capire, in un paese di "impauriti", 

il respiro dell'impegno etico e civile, 

per fortuna non completamente perduto.

 Anzi, nel suo caso, dichiarato 

nella sua continuità. 

Bravo Damilano!

Cutro, se griderà la verità, cambierà

davvero il nostro Paese, 

più di ogni altra azione/iniziativa politica. 

Forse basterà solo aspettare pazienti.

O no?

Severo Laleo

mercoledì 14 febbraio 2024

Se l'Altro non sei tu, è la fine: violenza vs parola

 Se chiedi il cessate il fuoco a Gaza,

ti danno dell'antisemita

(svuotando così di tutto l'orrore

 l'antisemitismo),


se chiedi di garantire aiuti a Gaza,

ti dicono di sostenere i terroristi

(confondendo così le parti e le persone),


se chiedi trattative di pace,

ti schieri con chi vuole impedire a Israele 

di difendersi

(negando così in sé il senso di "pace"),


eppure è semplice:

in verità si chiede solo di rinunciare 

alle armi della violenza,

con il seguito di morte e distruzione,

e di sperimentare/esercitare

sempre dovunque comunque

l'arte umana della parola.

O no?

P.S. Forse l'ampio, il troppo ampio, potere nelle mani dei "maschi", di ogni parte, spessissimo impazienti e muti di "parola", non aiuta.


venerdì 2 febbraio 2024

"Funzionari" lungimiranti vs miserando "potere politico"

 Se la "marcia" del 6 Gennaio 2021 di Trump su Capitol Hill non ha sovvertito il risultato elettorale è stato anche, e forse soprattutto, grazie a onesti "funzionari" (Deep State?), costituzionalmente corretti e leali, e di entrambe le parti politiche, a ogni livello, dai "dirigenti" responsabili della regolarità del conteggio dei voti, alle "guardie" a tutela dell'integrità del Congresso. In sintesi, il gruppo di potere, devoto (per personali profitti) al grande "capo", ha tentato, con tutti i suoi strumenti di prepotenza, di stravolgere il risultato elettorale, ma ha incontrato, è pur vero, un altro gruppo di "funzionari servitori" pronti a lasciar solo il "capo" se questi si pone contro la "legge".

E questo è già successo a difesa dell'attuale livello/stato (ancora imperfetto, e molto) di democrazia presente in occidente. Ecco, i "funzionari" hanno espresso della democrazia una visione lungimirante rispetto alla visione proprietaria del potere di un "capo".

Oggi si viene a sapere di un documento sottoscritto da oltre 800, tra diplomatici e funzionari americani ed europei, un documento definito "transatlantico" - riporto quasi integralmente dal quotidiano "Domani"- in cui si accusa "Israele di «gravi violazioni del diritto internazionale» nella risposta militare nella Striscia di Gaza all'attacco di Hamas del 7 ottobre. I funzionari chiedono ai loro governi una reazione più decisa. Altrimenti, riporta la Bbc che ha ottenuto il testo, c'è «il rischio di rendersi complici di una delle più gravi catastrofi umanitarie del secolo»: fino, potenzialmente, a scenari di «pulizia etnica e genocidio».

Se negli Usa i "funzionari statali", avendo interiorizzato i valori costituzionali, hanno difeso la democrazia, oggi i "funzionari transatlantici', avendo interiorizzato i valori della Dichiarazione universale dei diritti umani (e non solo), si espongono, con onestà e coraggio, a difesa della dignità umana, sia per evitare la catastrofe del genocidio, sia per tenere sempre aperto un varco all'(inevitabile?) processo di civilizzazione dell'umanità.

O no?

Severo Laleo


domenica 28 gennaio 2024

Quella donna: la dignità dell'abbandono e la società della cura

 Al di là di ogni problema di correttezza dell'informazione (rapporto tra privacy, notizia/immagine), in molte/i abbiamo visto una donna, "quella donna", accompagnare, in carrozzina, un/a neonato/a (sua/o figlia/o?) in ospedale per abbandonarlo/a. 

Le immagini di "quella donna", apparsa confusa e determinata nei suoi passi, sono state, da parte di tante/i, viste con l'occhio o di chi comunque vuol colpevolizzare o di chi semplicemente intende difendere il diritto alla privacy, a prescindere. 

Forse è mancata una riflessione sul gesto in sé e sul suo significato.

Ebbene, "quella donna", in quel video, mostra una sua sicura dignità, la dignità di chi sa di aver fatto sì un'azione gravemente penosa e dolorosa, ma anche un'azione coraggiosa e giusta. 

Siamo abituate/i a vedere nell'"abbandono" un gesto negativo, di rifiuto e di mancanza d'amore. 

Ma non è così (almeno non sempre). 

"Quella donna", con il suo coraggio aperto e con la sua dignità, sa, al contrario, che figli e figlie "appartengono" non solo ai genitori, ma anche alla società. Sa, "quella donna", che, se da sola non può farsi carico di quel bambino o bambina, sia la società a farsene carico. E a suo modo chiede aiuto chiamando in causa la comunità e ad essa affidandosi, perché "quella donna" sa che una comunità è in grado di esprimere/realizzare un'idea di cura.

"Quella donna" con il suo gesto grida a noi che chi non può dare cura, la chieda, con silenzio e "amore", ad altri soggetti. In sicurezza, senza gesti di violento abbandono, senza paura di altro, in civile confidenza sociale, in attesa di accoglienza.

Siamo noi, la società, a evitare di colpevolizzare chi è "in difficoltà", e a provare di diventare una "società della cura". A volte, al contrario, specie oggi, sembriamo sordi, se non malvagi, nei confronti di chi si trova bisogno.

Eppure, se noi diventiamo una "società della cura", con leggi da "società della cura", la nostra civiltà compie un passo avanti nel suo percorso di civilizzazione.

L'immagine di "quella donna" quasi svela un'immagine del futuro: esiste sì la persona "sola", ma esiste anche una comunità delle persone e quest'ultima sa/saprà sempre prendersi cura di chi per un qualche/qualsiasi motivo sia nel bisogno. 

Forse l'individualismo particolaristico, localistico, "meritevole", schiavo, escludente, avaro e punitivo di questi nostri tempi di insopportabili e carezzate disuguaglianze non può rappresentare il futuro. 

O no?

Severo Laleo

sabato 27 gennaio 2024

Giorno della Memoria

 Quando un potere politico può decidere, 

in un modo o nell'altro, 

del diritto alla vita di interi gruppi 

di persone, 

lì s'annida il nazifascismo, 

lì cresce il "dittatore",

lì si pratica l'"oltraggio", 

lì nasce l'orrore, 

lì è la Shoah, 

lì muore l'"umanità". 

Anche senza l'odio, 

spesso è solo per "ripulire" il nostro orto. 

È già successo, non dimentichiamo. 

E riflettiamo per il futuro.

O no?

Severo Laleo


venerdì 26 gennaio 2024

Il culto del capo è il culto del mocratismo. In attesa del bicratismo

 Le parole di Mattarella per la Giornata della Memoria sono forti, chiare e condivisibili: "Il culto della personalità e del capo sono stati virus micidiali, prodotti dall'uomo, che si sono diffusi rapidamente, contagiando gran parte d'Europa, scatenando istinti barbari e precipitando il mondo intero dentro una guerra funesta e rovinosa". 

Perfetto! Eppure, il culto del capo è anche il culto dell'istituzione in sé del "capo", cioè di un'istituzione in sé monocratica; in una parola, è il culto del monocratismo (e il mondo è pieno di monocrati e aspiranti monocrati: Trump, il nuovo premier figlio del "premierato", solo per fare due esempi a noi "prossimi"). 

E perché è ancora affidato, in molte parti del mondo, sia pure con differenti sistemi di pesi e contrappesi, il "governo" a una figura monocratica? 

Ha il monocratismo una sua origine, una sua storia culturale? Non è forse figlio di un potere nato, cresciuto, alimentato da una cultura maschilista? Non è forse il vincitore di un duello tra maschi? 

Forse il bicratismo risponderebbe meglio a una visione moderna e inclusiva e estesa della democrazia. L'organizzazione del potere non può non corrispondere all'universo mondo di uomini e donne, e non può non essere a "due". 

Forse i femminismi dovrebbero dedicare molto più spazio a riflessioni sulle possibili riforme istituzionali a misura di genere.

O no?

Severo Laleo

martedì 23 gennaio 2024

Sunak e seguaci (Governo Meloni) aprono strade alla fine della civiltà della persona

 Una fondamentale lezione/riflessione ha lasciato a noi, persone europee, con profondità di pensiero e chiarezza di parole, Stefano Rodotà quando assegna al nuovo millennio l'inizio della "rivoluzione della dignità".

"Se voi leggete il preambolo della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea -scrive Rodotà- , trovate un’affermazione molto impegnativa: «l’Unione pone la persona al centro della sua azione». Ma non è una persona qualsiasi: è la persona qualificata e individuata in primo luogo attraverso la sua dignità. Voi vedete che c’è una trama ricca dietro il discorso sulla dignità: c’è la libertà, c’è l’eguaglianza, c’è la libera costruzione della personalità, e dunque dell’identità di ciascuno di noi, c’è l’autodeterminazione. È un crocevia, la dignità, che ci consente di guardare più a fondo nel sistema giuridico e nell’organizzazione della società e questa associazione con altri riferimenti, con altri principi, ci aiuta a cogliere meglio il tema della dignità."

Eppure, proprio in Europa, Sunak, un uomo d'affari e di governo, rilancia, seguito senza vergogna dal governo italiano, la sua idea di "deportazione" di persone in centri esterni di accoglienza e rimpatrio (Ruanda, Albania). E chiarisce: «Dobbiamo interrompere il modello di business delle gang criminali, decidere noi, non loro, chi entra nel nostro Paese. E se questo ci richiederà di aggiornare le nostre leggi e di avere conversazioni a livello internazionale per creare un framework sull’asilo politico dobbiamo farlo. Dobbiamo applicare il radicalismo al tema dell’immigrazione illegale e non mettere la testa sotto la sabbia. Andate a Lampedusa, dove il 50% degli immigrati è arrivata quest’anno: non è più sostenibile, non è corretto ed è immorale».

E così, per una torsione "radicale", immorale diventa l'arrivo, e non la deportazione, di chi fugge dagli stenti per un'altra possibilità di vita.k

Il progetto di Sunak, e dei suoi seguaci entusiasti, incoraggia, senza più remore morali, un passaggio pericoloso e decisivo verso l'annullamento della "civiltà della persona": a chi fugge dagli stenti viene negata la "dignità".

Secoli di cultura umanistica e scaffali pieni di testi etico-giuridici e costituzionali, con dichiarazioni solenni incorporate, vengono ignorati/cancellati trasformando la persona, e la sua dignità inviolabile, in un oggetto/pacco postale extraeuropeo trasportabile ad libitum fuori d'Europa. Ecco il conservatore Sunak, difensore della patria! Ecco i suoi patrioti alleati: una tristezza infinita!

O no?

P.S. La storia del mondo è anche una storia dolorosa di migrazioni: forse è ora, se non si vuole negare la civiltà europea, di garantire/restituire dignità a chiunque migri. 

venerdì 19 gennaio 2024

Le donne PD a Elly Schlein: no al monocratismo del leader, sì alla responsabilità femminista per la parità assoluta (bicratismo) e per la pace

 


Leggo su "Domani" l'appello di un gruppo di donne PD a Elly Schlein. Condivido pienamente e trascrivo di seguito l'appello, integrandolo con qualche riflessione (in corsivo) propria di questo blog.



Carissima Elly,

ti scriviamo per offrirti la nostra riflessione per un Pd partito comunità 

(una comunità viva contro ogni forzatura leaderistica: il leaderismo è figlio del maschilismo ed è oggi il grimaldello - vedi Trump- per affondare la democrazia, sia pure con il voto, in una pericolosa/violenta/divisiva autocrazia)

 porti più donne in Europa.

Le prossime elezioni per il Parlamento europeo saranno determinanti per il futuro dell’Unione europea: tra conflitti e riforme, traguardi raggiunti e altri ancora da completare, i prossimi cinque anni saranno centrali per la sua stabilità nei prossimi decenni. L'Europa è comunità di destino, il nostro obiettivo politico e istituzionale più ambizioso e per questo le elezioni europee sono per noi da sempre un momento di confronto politico alto e un appuntamento fondamentale, non secondario.

Il Partito Democratico nel Parlamento Europeo, in questa legislatura che si sta per chiudere, è stato il perno del gruppo Socialisti & Democratici incarnando con coraggio e audacia le lotte democratiche e progressiste. Un risultato da rivendicare e reso possibile grazie ad una pluralità di personalità e ad un peso consistente delle donne all’interno della delegazione. A livello europeo, infatti, ad oggi il Partito Democratico esprime rilevanti funzioni istituzionali ricoperte da donne e la delegazione Pd nel Parlamento europeo è composta da nove donne su sedici componenti (il 55%). Un esempio di parità di genere applicato alla politica da rivendicare con orgoglio, 

(sì, da rivendicare, senza inutile orgoglio, ma con pienezza di convinzione e determinazione politica: è ora che diventi legge la parità assoluta uomini/donne nelle istituzioni rappresentative e anche nelle sedi di governo, perché è "cosa buona e giusta"😉

un’esperienza ricca e fruttuosa da proseguire. La grande forza, le competenze, i talenti e la visione delle donne Democratiche stanno lasciando il segno in un’istituzione fondamentale per il destino dell’Unione europea e del nostro Paese. Un risultato da rivendicare e da consolidare, tanto più perché, per la prima volta, il Pd affronta l’appuntamento elettorale delle europee con una guida femminile e femminista 

(è ora di portare, nel riformismo istituzionale, la riflessione femminista, al fine di individuare nuovi modelli, non più leaderistici e maschilisti, di istituzioni politiche e di governo, ad esempio il "bicratismo", e nuovi modelli di relazioni internazionali per aprire nuove strade alla "pace perpetua"),

la tua. Siamo un partito plurale di donne e di uomini, la nostra forza sono la nostra comunità, i nostri valori, la nostra storia, la convinzione che il contributo di ciascuna e ciascuno sia prezioso, come altrettanto preziosa è la lealtà che contraddistingue il nostro dibattito interno.

Da giorni i media discutono di una tua ipotetica pluricandidatura alle prossime elezioni per il Parlamento europeo.

Pur non avendo riscontro di quanto questa ipotesi sia fondata, le firmatarie di questo documento, avendo fatto delle battaglie di genere il fondamento del proprio agire politico, non possono esimersi dall'evidenziare le molteplici conseguenze negative che questa ipotesi avrebbe sulle candidature femminili e sull'immagine complessiva del Partito Democratico.

Sul piano simbolico, preme sottolineare che la natura plurale e democratica del nostro partito mal si confà con una scelta che sembrerebbe rincorrere il leaderismo della destra di Giorgia Meloni, che certamente non si preoccupa di agire in contrasto con l'etica femminista della responsabilità concorrendo per un ruolo che poi non potrà esercitare effettivamente e con il rispetto del voto degli elettori e della dignità delle assemblee elettive. 

(Perfetto!) 

Non meno grave sarebbe il conseguente spostamento dell'asse dello scontro politico dal piano dei valori e dei contenuti al riduttivo piano di una contesa “rosa” che nulla ha a che fare con la nostra visione di società e di Europa.

(Non esiste contesa "rosa": la contesa in sé, specie di quel tipo, tra leaders tuttofare, riduce la "comunità" politica a massa gregaria.)

In ultimo, considerando le conseguenze concrete sulle candidature femminili, verificate purtroppo in tante altre occasioni elettorali, è un dato di fatto che proprio la candidatura della prima segretaria del Pd, specie se plurima, determinerebbe il paradosso di costituire una mannaia per il meccanismo della parità di genere in sede elettorale, comprimendo la possibilità concreta per le nostre candidate di essere elette. Non possiamo correre il rischio di portare meno donne nel Parlamento europeo proprio quando alla guida del Pd c’è una donna e una donna femminista.

(Verissimo!)

Elly, tu rappresenti già il riferimento pubblico per il Partito Democratico e la tua indubbia attrattività elettorale può essere generosamente spesa in misura più compiuta affiancando nella disputa elettorale le candidature delle donne e degli uomini espressione dei territori.

Bigini Morena, Portavoce regionale Umbria

Bonganzone Lucia, Coordinamento Nazionale uscente

Bruno Bossio Enza, Coordinamento Nazionale uscente

Ciampi Lucia, Coordinamento Nazionale uscente

Costa Silvia, Coordinamento Nazionale uscente

Esposito Teresa, Portavoce regionale Calabria

Fanelli Micaela, Consigliera regionale Molise

Fasiolo Laura, Coordinamento Nazionale uscente e Consigliera Regionale FVG

Fioretti Floriana, Coordinamento Nazionale uscente

Fornaciari Donatella, Coordinamento Nazionale uscente

Gentile Milena, Portavoce regionale Sicilia

Incostante Mariafortuna, Coordinamento Nazionale uscente

Longano Mary, Coordinamento Nazionale uscente

Longhi Claudia, Portavoce regionale Veneto

Malpezzi Simona, Coordinamento Nazionale uscente

Meloni Simona, Consigliera regionale Umbria

Paglia Maria Luisa, Coordinamento Nazionale uscente

Palmeri Adriana, Portavoce Provinciale Palermo

Panei Lorenza, Portavoce regionale Abruzzo

Pezzopane Stefania, Coordinamento Nazionale uscente

Salmaso Raffaella, Coordinamento Nazionale uscente

Sileo Lucia, Portavoce regionale Basilicata

Toma Anna, Portavoce Provinciale Lecce

Valente Valeria, Coordinamento Nazionale uscente

Vallacchi Roberta, Consigliera regionale Lombardia

Vinc

enti Antonella, Portavoce regionale Puglia


mercoledì 17 gennaio 2024

Monocratismo o bicratismo per il futuro della democrazia

 Negli Stati Uniti la democrazia è arrivata a un bivio.
Se si volge un po' l'attenzione agli esordi della campagna elettorale,
in questo inizio del 2024, ci capita di notare messaggi di propaganda
elettorale, in entrambi i campi contrapposti, di questo tipo: da una parte,
quella trumpiana, si crede in un Dio che ha creato il "Trump", dall'altra,
quella democratica, si crede comunque che lo stesso Dio abbia creato,
al conrario, il "Dittatore", trasformando così un confronto democratico,
nel quale sono coinvolte persone, interessi e gruppi sociali,
in un pericoloso scontro tra "capi", l'uno dittatore, l'altro democratico.

Nessuna/o, o quasi, ragiona sul fatto che l'idea di difendere
la democrazia a suon di "capi", diventa la sconfitta della democrazia
stessa. La democrazia ha un punto molto debole proprio nel fatto
di dare/affidare a un "capo", a un "uomo solo al comando",
molti poteri decisionali, al di là dei pesi e dei contrappesi a disposizione.
E spesso la maggior parte dei "capi" (oggi è il turno di Trump),
anche quindi nelle democrazie occidentali del liberalismo,
soffre di una narcisistica tendenza al dominio assoluto, fuori controllo,
come la storia ha abbondantemente dimostrato; e un tal "capo",
superbamente catturato da un suo forte consenso elettorale
che pure è solo temporaneo, provvisorio, spesso fideistico
(è di nuovo il caso di Trump), crede di poter andare oltre i limiti
della "civiltà democratica", innescando con comportamenti violenti
altri violenti comportamenti.

Bisogna aggiungere altro per dire basta con il monocratismo,
cioè con un tipo di democrazia, sia pure basata sul consenso elettorale,
che si affida a un "capo", a un "monocrate" per trovare le strade
per la soluzione di sempre più complessi problemi di vita sociale?
Perché non rompere con l' "uno" e affidarsi invece ad una "coppia",
magari a un uomo e una donna insieme, che rappresenterebbero
più veritieramente l'universo sociale?

Anche la assemblee elettive covrebbero rappresentare più correttamente,
sul piano dei numeri, il mondo delle persone: non è possibile continuare
a eleggere in assemblee rappresentative uomini e donne
secondo una distribuzione casuale; assemblee di dibattito decisionale
e istituzioni di governo dovrebbero essere sempre costituite da uomini
e donne in pari numero. Si tratta di misure da studiare per rinvigorire
una democrazia al bivio: da una parte, continuando con la cultura
monocratica, figlia diretta del maschilismo, del "capo", prepotente
e provvidenziale, dall'altra, ragionando di una possibile cultura bicratica,
figlia di un pensiero duale, dell' uno/a insieme all'altro/a,
in un continuo confronto democratico.
O no?
Severo Laleo

domenica 10 dicembre 2023

Il premierato: ritorno istituzionale del maschilismo. E i femminismi?

Ogni tanto in Italia si lancia, con titoli roboanti, definitivi,
e senza un significato sensato, da Craxi, a Renzi, a Meloni,
per citare i casi più chiassosi, una proposta di riforma
istituzionale con l'intento di garantire la stabilità dei governi,
ma non si dice mai che per "stabilità dei governi" s'intende
la "stabilità al governo" semplicemente di un/a leader.
In pratica, se un/a leader è eletto/a dal popolo, per questo semplice
fatto, di per sé, diventa garante di stabilità. Non è così!
In realtà la stabilità (che può avere risvolti sia positivi, sia negativi)
dipende da molto altro. Dal 1948 in poi, pur nel continuo cambio
dei nomi dei Presidenti del Consiglio, per quasi cinquant'anni,
le maggioranze di governo del paese hanno rappresentato
una stabilità sconfortante!

Le illusioni della semplificazione dei processi decisionali -e
oggi è la volta del "premierato"- sono ricorrenti nella nostra storia
politica (a che servono -si potrebbe ora dire di nuovo- i/le parlamentari,
bastano i capigruppo!), e per quanto sembrano presagire
la possibilità di un potere diretto e straordinario di un "capo",
in realtà non tengono conto del fatto che la storia svolge
il suo corso, a prescindere dalle volontà di chi crede di imprimerle
la sua impronta, e spesso nel conflitto tra i poteri"nasce
l'imprevisto/imprevedibile del nuovo. 
Si spera un nuovo più avanzato!

Questa proposta di riforma costituzionale, priva in tutta evidenza
di un qualunque progetto di innovazione strutturale nel corpo
complessivo delle nostre istituzioni politiche, risponde solo
a una pericolosa illusione di gestione del potere di natura
contingente e strumentale, attraverso la quale si chiede al "popolo"
stanco dei "giochi della politica" di affidare a un "signore"
il compito di "dominare" riottosità, dissensi, contrasti e istanze
minoritarie per il bene superiore della stabilità dei governi.
Insopportabile (ingenua?) falsità.
Eppure, se a questa proposta di riforma manca un respiro
etico-politico e culturale, non significa non abbia una sua
derivazione e una sua "ideologia".
ll sostrato culturale del premierato, in una parola, è sempre
e solo il maschilismo, non altro (al di là della "forza" del potere),
l'idea cioè dell'uomo/donna solo/a al comando con il suo conseguente
esito istituzionale: il monocratismo. E non si riesce a capire
perché la cultura femminista, pur nel suo complesso e variegato mondo,
non riesca, e non sia, mi pare, ancora riuscita, a proporre 
le "sue" riforme istituzionali, rompendo con la tradizione maschilista
del potere, fonte non solo di dominio leaderistico (l'idea salvifica,
provvidenziale, stabilizzante del "capo" solo al comando),
ma anche di tentativi rozzi e beceri (per ora) di riduzione
della democrazia liberale (eclatante il caso Trump!).

La democrazia liberale, con tutti i suoi limiti, appare assediata 
e, confusa e frastornata, sempre più incapace di controllare
l'esplosione delle disuguaglianze sociali, sbanda verso regimi
populisti o a monocratismo avanzato (democratura?)
Forse è il caso di tener ferma la barra, culturalmente e politicamente,
sulla nostra Costituzione, la sola (forse) ancora capace di generare
forme avanzate di democrazia liberale e sociale. 
Il premierato è la contorsione ideologica di chi è contrario/a 
all'estensione dei processi democratici verso forme sempre 
più inclusive e sovranazionali.
O no?
Severo Laleo